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Tumore alla prostata: darolutamide più ADT e docetaxel efficaci

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Tumore alla prostata: benefici omogenei in termini di sopravvivenza globale con darolutamide più terapia di deprivazione androgenica (ADT) e docetaxel

Nuovi dati dallo studio di Fase III ARASENS confermano benefici omogenei in termini di sopravvivenza globale (OS) di darolutamide più terapia di deprivazione androgenica (ADT) e docetaxel in pazienti con tumore della prostata ormonosensibile metastatico (mHSPC).

Il dato proviene da sottogruppi pre-specificati in base all’estensione della malattia metastatica (metastasi ossee o viscerali) e al valore della fosfatasi alcalina (ALP) (< o ≥ limite superiore della norma [ULN] al momento dell’ingresso nello studio), rispetto allo standard di cura corrente, ADT più docetaxel. I tassi di eventi avversi (AE) sono risultati simili in entrambi i bracci di trattamento.

Dei 1.306 pazienti con mHSPC che sono stati randomizzati, il 79,5% aveva metastasi ossee (M1b) e il 17,5% aveva metastasi viscerali (M1c); il 55,5% aveva ALP ≥ ULN. L’estensione della malattia metastatica e il valore di ALP sono noti fattori prognostici in pazienti con mHSPC.

“I più recenti risultati dallo studio ARASENS riconfermano i benefici in termini di sopravvivenza globale di darolutamide più ADT e docetaxel in vari gruppi di pazienti con mHSPC, e fornisce ai clinici maggiori dettagli su coloro che potranno beneficiare di questa terapia, appena sarà disponibile,” ha affermato Karim Fizazi Professor of Medicine all’Institute Gustave Roussy, Villejuif, France.

Nello studio ARASENS, 1.306 pazienti sono stati randomizzati 1:1 a ricevere darolutamide più ADT e docetaxel o placebo più ADT e docetaxel. La randomizzazione è stata stratificata in base all’estensione della malattia metastatica in accordo con il sistema di stadiazione del tumore più utilizzato, la classificazione TNM (tumore, linfonodi, metastasi a distanza): solo metastasi linfonodali non-regionali [M1a]; metastasi ossee più o meno linfonodali [M1b]; metastasi viscerali più o meno linfonodali/ossee [M1c] e valore di ALP (< o ≥ limite superiore della norma [ULN] al momento dell’ingresso nello studio).

Un beneficio di OS uniforme è stato osservato tra i sottogruppi pre-specificati con darolutamide più ADT e docetaxel rispetto a ADT più docetaxel, con una riduzione del rischio di morte del 33% per il sottogruppo M1b ( hazard ratio [HR]=0,66, 95% CI 0,54–0,80) e del 21% per M1c (HR=0,76, 95% CI 0,53–1,10). Il sottogruppo M1a (n=39) era troppo piccolo per un confronto significativo. Per i pazienti con ALP <ULN, la riduzione del rischio di morte è stata del 36% (HR=0,65, 95% CI 0,47–0,89) e del 31% per i pazienti con ALP ≥ULN (HR=0,69, 95% CI 0,56–0,85).

Questi risultati si aggiungono ai dati esistenti dalla popolazione complessiva nello studio ARASENS, che dimostrano che darolutamide più ADT e docetaxel ha ridotto in maniera significativa il rischio di morte nei pazienti con mHSPC del 32,5% (HR 0,68; 95% CI 0,57–0,80; P<0,001) rispetto a ADT più docetaxel.
Le analisi di sicurezza hanno mostrato che i tassi di eventi avversi di qualsiasi grado, di grado 3-5 e gravi erano simili per entrambi i bracci nella popolazione complessiva.

Le incidenze degli effetti collaterali più comuni (≥10%) correlati al trattamento, la maggior parte dei quali sono noti AEs imputabili a docetaxel, erano più alte durante il periodo di trattamento concomitante con docetaxel in entrambi i bracci.

Lo studio ARASENS
ARASENS è il solo studio randomizzato, di Fase III, multicentrico, in doppio cieco, disegnato prospetticamente per confrontare l’utilizzo di un inibitore orale del recettore degli androgeni (ARi) di seconda generazione, darolutamide, in combinazione con docetaxel più terapia di deprivazione androgenica (ADT) rispetto a docetaxel più ADT (uno standard di cura raccomandato dalle linee guida) nel tumore della prostata ormonosensibile metastatico (mHSPC). Un totale di 1.306 pazienti è stato randomizzato in rapporto 1:1 a ricevere darolutamide 600 mg due volte al giorno o il corrispondente placebo, in combinazione con docetaxel più ADT.

L’obiettivo primario di questo studio è stato la sopravvivenza globale (OS). Gli obiettivi secondari comprendono il tempo allo sviluppo del tumore della prostata resistente alla castrazione (CRPC), il tempo alla progressione del dolore, il tempo al primo evento scheletrico sintomatico (SSE), il tempo all’inizio della successiva terapia antitumorale, tutti misurati a intervalli di 12 settimane, così come gli eventi avversi (AEs) quale misura di sicurezza e tollerabilità.

Il tumore della prostata ormonosensibile metastatico
Il carcinoma prostatico è il secondo tumore per incidenza nella popolazione maschile in tutto il mondo. Si stima che, nel 2020, nel mondo, 1,4 milioni di uomini abbiano ricevuto una diagnosi di tumore della prostata e circa 375.000 uomini siano deceduti a causa di questa patologia.

Al momento della diagnosi la maggior parte degli uomini presenta un tumore localizzato, il che significa che la neoplasia è limitata alla ghiandola prostatica e può essere trattata con la chirurgia curativa o la radioterapia. In caso di recidiva, quando la malattia si diffonde o diventa metastatica, la malattia è sensibile agli ormoni e la terapia di deprivazione androgenica (ADT) è il cardine del trattamento. Le attuali opzioni di trattamento per gli uomini con tumore della prostata ormonosensibile metastatico (mHSPC) prevedono terapia ormonale, come l’ADT, inibitori del recettore degli androgeni più ADT o una combinazione di chemioterapia con docetaxel e ADT. Nonostante il trattamento, la maggior parte dei pazienti con tumore della prostata ormonosensibile metastatico progredisce sviluppando un tumore resistente alla castrazione (mCRPC), una condizione di malattia caratterizzata da elevata morbilità e sopravvivenza limitata.

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