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Shopping online, indagine Capterra: gli italiani non sono preoccupati

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In Italia solo il 35% degli intervistati è preoccupato per gli acquisti online, in Spagna il 67% secondo un’indagine di Capterra

Il post pandemia ci ha lasciati in un’Italia con consumatori un po’ più digitalizzati, costretti durante i mesi di confinamento a ricorrere ai metodi di acquisto online per poter avere accesso a beni e servizi di prima necessità, e non solo.

E se lo shopping online fosse passato dall’essere un trend in crescita a una necessità, per poi trasformarsi nella nuova normalità? In una nuova ricerca di Capterra sono state studiate le abitudini e le paure degli italiani per quanto riguarda il mondo delle compere online, e in alcuni casi i risultati sono stati messi a paragone con quelli dei vicini Spagnoli, Tedeschi ma anche con i trend mostrati da Canada e Australia.

Social network ancora poco utilizzati per gli acquisti online

Per indagare meglio sul tema, sono stati selezionati 992 italiani di età compresa tra i 18 e i 75 anni che fanno compere online ogni mese (42%), ogni due settimane (25%), ogni settimana (25%) e più volte a settimana (8%).

Per definire meglio “online”, la ricerca entra nel dettaglio dei canali utilizzati dai consumatori per fare acquisti. I social network risultano tra le piattaforme meno utilizzate per fare acquisti online con regolarità. Nonostante gli sforzi di Instagram, Facebook, Titk Tok e così via di fornire funzioni di acquisto in pochi clic permettendo di comprare quello che si vede in foto o in video mentre si fa scrolling sul cellulare, e l’impegno dei brand di coinvolgere influencer per aumentare l’awareness del proprio marchio, per ora i social rimangono per molti italiani poco affidabili quando si tratta di fare acquisti. I social network restano quindi un ottimo punto di partenza per scoprire nuovi brand o rimanere aggiornati sulle novità di quelli che già si conoscono, ma al momento dell’acquisto gli italiani preferiscono effettuare la transazione sul marketplace (77%) o sul sito web della marca (27%). E parlando di transazioni, tra i metodi di pagamento più diffusi fra i rispondenti troviamo al primo posto Paypal (76%), seguito da carta di credito e debito (rispettivamente 51% e 22%).  Il device prescelto per fare shopping online invece è il cellulare. Il 49% degli intervistati italiani dichiara di utilizzare il proprio smartphone per effettuare la maggior parte delle compere online. Il 45% invece preferisce acquistare dal computer e solo il 6% dal tablet.

La paura delle truffe online

Il trend degli acquisti online ha conosciuto una crescita continua negli ultimi anni, ma così anche il numero di truffe, truffatori e tecniche messe a punto per rubare i dati (e i soldi), proprio di chi compra online.

Fra gli italiani però, la paura di essere vittime di frodi mentre si acquista online è diffusa solo fra il 35% degli intervistati. Questo dato è decisamente inferiore rispetto a quello degli spagnoli, dove a essere preoccupati sono il 67% degli intervistati. I pagamenti online rimangono fonte di preoccupazione anche in Canada (46% degli intervistati) e Australia (44% degli intervistati).

A battere l’Italia con il minor numero di persone preoccupate per gli acquisti online c’è solo la Germania (31%).

Ma di cosa esattamente si ha paura? La più grande paura, fra il 35% degli italiani che si preoccupa all’ora di acquistare online, è quella di essere vittime di una frode (79%) o essere hackerati (56%). Seppure in percentuale minore, ci si preoccupa anche di non ricevere il rimborso dopo aver effettuato un reso (27%) o che il negozio online salvi le coordinate bancarie degli acquirenti (23%).

Il 23% degli intervistati ha effettivamente subito almeno una truffa negli ultimi 10 anni e tra le principali tecniche messe in atto dai truffatori sono state individuate le seguenti:

Gli italiani che si sono visti rubare i dati bancari negli ultimi 10 anni invece sono il 19% degli intervistati. In questo caso tra i metodi utilizzati per appropriarsi dei dati dei compratori si trovano: i dati di pagamento rubati dal database del sito web (36%), le email di phishing (23%) e l’inserimento o l’acquisto di prodotti o servizi su una pagina falsa (29%).

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