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Epatite delta: bulevirtide efficace per cure più lunghe

L’Epatite Delta è, tra le diverse epatiti, la più severa in quanto progredisce assai rapidamente, fino a 10 volte di più rispetto all’Epatite B: arriva una nuova terapia

Nel trattamento prolungato dell’epatite delta cronica, bulevirtide ha consentito di ottenere un declino virale significativo alla settimana 48

Nel trattamento dell’epatite delta cronica, bulevirtide ha consentito di ottenere un declino virale significativo alla settimana 48 e ha mostrato risultati positivi sugli esiti riportati dai pazienti, rafforzando l’utilità clinica del trattamento prolungato. I risultati del trial registrativo di fase III MYR301 saranno presentati all’International Liver Congress (ILC) 2022.

L’epatite delta (HDV) cronica è la forma più grave di epatite virale e può avere tassi di mortalità fino al 50% entro cinque anni nei pazienti cirrotici. Si verifica solo come sovrainfezione nelle persone già affette da epatite B e si stima che nel mondo siano almeno 12 milioni le persone attualmente co-infettate dai due virus. La doppia infezione è associata a una progressione più rapida verso fibrosi epatica, cirrosi e scompenso epatico, oltre a un aumento del rischio di cancro al fegato e decesso. Negli Stati Uniti e in Europa sono oltre 230mila le persone che vivono con HDV ma la malattia, per la quale non ci sono altre opzioni terapeutiche approvate, resta sottodiagnosticata a livello globale.

Bulevirtide è il primo di una nuova classe di farmaci “entry inhibitor”, che  funziona bloccando il recettore NTCP che permette l’ingresso dei virus HBV/HDV, così da impedire le nuove infezioni. Gli epatociti infetti vengono sostituiti da cellule nuove che saranno protette dall’infezione, prevenendo la diffusione virale nel fegato. I pazienti possono autosomministrarlo attraverso iniezione sottocutanea, 1 volta al giorno.

«In qualità di forma più grave di epatite virale, l’HDV presenta un carico di malattia significativo con costi sanitari elevati» ha affermato Heiner Wedemeyer, Direttore della Clinica di Gastroenterologia, Epatologia ed Endocrinologia presso l’Hannover Medical School e ricercatore principale dello studio. «Questi risultati non solo evidenziano l’importante ruolo clinico di bulevirtide come opzione di trattamento sicura ed efficace per l’HDV cronica, ma dimostrano anche in modo critico che con un trattamento prolungato possiamo ottenere tassi di risposta più elevati, in modo da poter gestire meglio questa malattia pericolosa per la vita di molti pazienti».

Il trial clinico MYR301
Si tratta di uno studio di fase III in corso per valutare l’efficacia e la sicurezza a lungo termine di bulevirtide in 150 persone affette da HDV cronica, assegnate in modo casuale a ricevere il farmaco alla dose di 2 mg una volta al giorno, 10 mg una volta al giorno, oppure nessun trattamento antivirale (trattamento ritardato). Il disegno prevede la valutazione dei risultati primari di efficacia e sicurezza alla settimana 48, al termine della quale i partecipanti nel gruppo di trattamento ritardato riceveranno bulevirtide 10 mg una volta al giorno per 96 settimane, per una durata della terapia di 144 settimane per tutti i gruppi.

L’endpoint primario è la risposta combinata, definita da Rna virale non rilevabile (<LoD, Limit of Detection) o da una riduzione ≥2log10 UI/ml dal basale in aggiunta alla normalizzazione dell’alanina amino transferasi (ALT) alla settimana 48. Gli endpoint secondari alla settimana 48 includono Rna virale non rilevabile (endpoint chiave), la normalizzazione della ALT e una variazione rispetto al basale della rigidità epatica misurata mediante elastografia transitoria.

Maggiore efficacia con il trattamento prolungato
Alla settimana 48 i soggetti trattati con bulevirtide 2 o 10 mg hanno ottenuto una risposta virologica e biochimica combinata significativamente superiore (rispettivamente 45% e 48%,) rispetto a quelli non trattati in questa fase dello studio (2%).

Quando i dati della settimana 48 sono stati considerati insieme a quelli delle analisi integrate alla settimana 24 degli studi di fase II in corso (MYR202 e MYR203) e ai dati provvisori alla settimana 24 di MYR301, è stato osservato un aumento dei tassi dirisposta combinata dalla settimana 24 alla 48, evidenziando un miglioramento con il trattamento prolungato.

Il profilo di sicurezza di bulevirtide alla settimana 48 è risultato coerente con quanto emerso in precedenza, nessun partecipante allo studio ha dovuto sospendere il trattamento a causa degli eventi avversi e non sono stati riportati effetti collaterali gravi attribuito al farmaco.

Presentazione degli esiti riportati dai pazienti
Al congresso verrà presentata anche un’analisi esplorativa dei dati alla settimana 48 relativi all’impatto di bulevirtide 2 mg una volta al giorno sugli esiti riportati dai pazienti (PRO). I partecipanti esposti a questo dosaggio hanno mostrato miglioramenti significativi rispetto al basale in quasi tutti i domini relativi alla qualità della vita correlata alla salute previsti dall’Hepatitis Quality of Life questionnaire, oltre che nelle prestazioni delle attività quotidiane legate all’epatite, all’impatto emotivo causato dalla malattia e al miglioramento del lavoro rispetto ai controlli.

I pazienti nel gruppo di controllo non hanno riportato cambiamenti, a parte miglioramenti significativi nel disagio sanitario in generale e in quello specifico correlato all’epatite.

In Europa bulevirtide ha ottenuto un’autorizzazione all’immissione in commercio condizionata e l’idoneità allo schema PRIority MEdicines (PRIME) come primo trattamento approvato in Europa per adulti con HDV cronica e malattia epatica compensata, mentre nel resto del mondo non è ancora approvata. Alla fine del 2021 Gilead ha presentato alla Fda una domanda di licenza per prodotti biologici e questi nuovi dati si aggiungeranno al dossier registrativo.

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