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Tumore al retto: dostarlimab evita la chirurgia

Nuovo studio rivela un nuovo asse molecolare coinvolto nella crescita del rabdomiosarcoma alveolare, un tumore pediatrico aggressivo e ancora difficile da curare.

Carcinoma rettale localmente avanzato in stadio II/III con un deficit della riparazione dei mismatch del DNA: dostarlimab evita il ricorso alla chirurgia

In un gruppo di 14 pazienti con carcinoma rettale localmente avanzato in stadio II/III, il cui tumore presentava un deficit della riparazione dei mismatch del DNA (dMMR), un trattamento neoadiuvante con l’inibitore di PD-1 dostarlimab ha prodotto un tasso di risposta clinica completa (cCR) del 100%, senza evidenze di tumore residuo, in uno studio di fase 2  (NCT04165772) condotto presso il Memorial Sloan Kettering Cancer Center (MSKCC) di New York.

Lo studio è stato presentato al meeting annuale dell’American Society of Clincal Oncology (ASCO) e pubblicato simultaneamente sul prestigioso New England Journal of Medicine.

«Nessun paziente ha richiesto la chemioterapia, la radioterapia o l’intervento chirurgico e non è stata osservata alcuna recidiva della malattia durante il periodo di follow-up”, ha affermato la prima firmataria dello studio, Andrea Cercek, condirettore del Center for Young Onset Colorectal and Gastrointestinal Cancers presso l’MSKCC, durante la presentazione dei dati. «Certamente è necessario un follow-up più lungo per stabilire la durata dell’effetto di questo trattamento. In conclusione, riteniamo che questi dati forniscano le basi per le terapie immunoablative ed evidenzino l’impatto clinico della terapia basata sui biomarcatori, in altre parole dell’arrivo della medicina di precisione anche nel setting della malattia allo stadio iniziale».

Il follow-up mediano per l’analisi è stato di 6,8 mesi (range: 0,7-23,8). «La maggior parte dei nostri pazienti ha raggiunto la cCR a 6 mesi, ma alcuni anche a 3 mesi … e tutti i pazienti sono rimasti liberi dalla malattia», ha aggiunto la Cercek.

«In questo studio, la somministrazione di dostarlimab in fase neoadiuvante, quindi prima di qualunque chirurgia e in assenza di chemioterapia e radioterapia, si è dimostrato in grado, in una piccola casistica, di indurre remissioni complete nel 100% dei casi trattati. Si tratta di un’esperienza senza precedenti, perché a tutt’oggi nessun paziente è ricaduto e quindi non ha avuto bisogno di fare né la chemio e radioterapia né l’intervento » ha dichiarato ai microfoni di PharmaStar Salvatore Siena, Professore Ordinario di Oncologia Medica presso l’Università degli Studi di Milano e Direttore della SC Oncologia Falck presso il Niguarda Cancer Center del Grande Ospedale Metropolitano Niguarda di Milano.

«Una novità di questo studio consiste nel fatto di aver consentito nel protocollo la possibilità nei casi (trattati con dostarlimab, ndr) che raggiungevano la remissione completa di evitare anche l’approccio chirurgico, cioè di adottare il cosiddetto non operative managment. In questa sperimentazione, pazienti con tumore del retto localmente avanzato che presentavano un deficit del mismatch repair hanno potuto fare esclusivamente l’immunoterapia, ottenendo nel 100% dei casi una remissione completa, mentre di solito nei pazienti sottoposti alla chemio e alla radioterapia si raggiunge questo risultato nel 25-30% dei casi trattati. Un risultato, dunque, straordinario», ha aggiunto il Professore.

Terapia standard trimodale efficace, ma gravata da morbilità significativa
Attualmente, lo standard di cura per il cancro del retto avanzato (T3, T4 o con linfonodi positivi) prevede una terapia trimodale, cioè una combinazione di radioterapia e chemioterapia seguite, nei casi responsivi, da una successiva chirurgia amputativa del retto.

Anche se questo trattamento spesso riesce a essere curativo, soprattutto la radioterapia e la chirurgia possono comportare una morbilità significativa e impattare pesantemente sulla qualità della vita. Pertanto, in molti studi recenti si è cercato di eliminare i componenti del trattamento standard, senza perderne l’efficacia.

Dal 5 al 10% circa dei tumori del retto presenta dMMR, che conferisce resistenza alla chemioterapia.

L’inibizione dei checkpoint immunitari si è già dimostrata altamente efficace nei tumori con dMMR nel setting metastatico, in cui si sono osservati tassi di risposta completa intorno al 10%. Su questa base, i ricercatori dell’MSKCC hanno ipotizzato che il blocco di PD-1 potesse sostituire la chemioterapia, la chemioterapia e la radioterapia o, addirittura, l’approccio trimodale, nella fase iniziale dell’iter di cura.

Trattamento con dostarlimab per 6 mesi
Per verificarlo, hanno arruolato pazienti con tumore del retto in stadio II-III e con dMMR e li hanno trattati con dostarlimab 500 mg per via endovenosa ogni 3 settimane per 6 mesi, per un totale di 9 cicli.

Al basale e durante il trattamento, i pazienti sono stati attentamente monitorati e si è valutata la risposta al trattamento a 6 settimane, 3 mesi e 6 mesi. In questi momenti di valutazione i partecipanti sono stati sottoposti a esami rettali endoscopici e all’esplorazione digito-rettale. Al termine del trattamento, sono stati quindi sottoposti a una valutazione radiologica ed endoscopica completa che comprendeva un prelievo bioptico e la risonanza magnetica del retto (sequenze pesate in T2 e in diffusione), la tomografia a emissione di positroni con 18F-fluorodesossiglucosio e la tac del torace, dell’addome e del bacino.

Gli autori hanno definito la cCR come l’assenza di evidenze di tumore residuo sia all’esplorazione manuale rettale sia all’indagine endoscopica e nei risultati della risonanza magnetica rettale. In particolare, dovevano esserci evidenze visive della scomparsa del tumore rettale primario al normale esame digito-rettale e assenza di segnale nelle sequenze pesate in diffusione della risonanza, con cicatrici nelle sequenze pesate in T2. Inoltre, ciascun linfonodo bersaglio doveva mostrare una riduzione dell’asse corto a un diametro inferiore a 0,5 cm.

I pazienti che raggiungevano una cCR entravano in un percorso di follow-up non operatorio e venivano sottoposti ai controlli ogni 4 mesi, mentre quelli con eventuale malattia residua avrebbero dovuto procedere con la chemioradioterapia fino a quando non fosse stata osservata una cCR e, in caso contrario, avrebbero dovuto sottoporsi all’intervento chirurgico.

Lo studio è ancora in corso e il target di arruolamento è di 30 pazienti.

Gli endpoint primari della sperimentazione sono il tasso di risposta complessivo (ORR) con o senza la chemioradioterapia e i tassi di risposta patologica completa (pCR) o cCR a 12 mesi dopo il trattamento con dostarlimab, con o senza chemioradioterapia, mentre gli endpoint secondari sono rappresentati da sicurezza e tollerabilità.

Lo studio sarebbe da considerarsi negativo si si osservasse un ORR inferiore al 25%, un valore stabilito sulla base del tasso di risposta alla chemioterapia neoadiuvante dei pazienti con carcinoma del colon con dMMR, che è di circa il 7%. «Ciò significa che affinché lo studio sia positivo è richiesta una risposta in almeno 11 pazienti», ha spiegato la Cercek.

Le caratteristiche dei pazienti
Al momento della presentazione, erano stati arruolati nello studio 18 pazienti. La maggioranza erano donne (67%) e l’età media del campione era di 54 anni (range,: 26-78).

Riguardo allo stadio del tumore, il 22% dei partecipanti aveva tumori T1/2 e il 78% tumori T3 o T4. Inoltre, la stragrande maggioranza (94%) aveva linfonodi positivi e il 100% aveva un tumore che non presentava la mutazione V600E del gene BRAF, in quanto si tratta di pazienti con tumori del lato sinistro, ha riferito la Cercek.

«Vorrei sottolineare che la maggior parte di questi pazienti aveva tumori di grosse dimensioni, e nel 94% dei casi con linfonodi positivi, pazienti per i quali, molto probabilmente, l’approccio standard avrebbe richiesto tutte e tre le modalità terapeutiche: chemioterapia, radioterapia e chirurgia», ha rimarcato la Cercek.

I primi due pazienti arruolati
L’autrice ha quindi presentato una panoramica dei dati relativi ai primi due pazienti arruolati e trattati con dostarlimab.

Il primo caso è quello di una donna di 38 anni che presentava un grosso tumore (T4) con linfonodi positivi. «Dopo il completamento dei 6 mesi di trattamento con dostarlimab, abbiamo osservato la scomparsa del tumore all’endoscopia, all’esplorazione rettale e nessuna evidenza di tumore alla risonanza magnetica; la donna ha quindi ottenuto una cCR, il che ha rappresentato un ottimo inizio dello studio», ha riferito la Cercek.

Il secondo caso era una donna di 30 anni che presentava sanguinamento rettale da circa 3 mesi, un cambiamento nel calibro delle feci e aveva avuto dolore pelvico per circa 2 settimane prima della diagnosi. Alla paziente è stata successivamente diagnosticata una sindrome di Lynch. Alla prima valutazione, dopo 6 settimane di trattamento, si sono osservate una risposta chiara e anche un beneficio clinico, ha riferito l’autrice. «Dopo appena 2 dosi, si sentiva molto meglio, l’intestino si era regolarizzato e non aveva più dolore pelvico. A 3 mesi, l’endoscopia ha mostrato una cCR e la risonanza magnetica una risposta quasi completa. Anche alla PET la malattia risultava completamente scomparsa. Alla valutazione finale, dopo il completamento dei 6 mesi di terapia, la donna aveva raggiunto una cCR, che tuttora si mantiene dopo quasi 2 anni di follow-up.

Dati rivoluzionari, potenzialmente practice-changing
Per quanto riguarda la sicurezza, ha detto la Cercek, non sono stati osservati eventi avversi di grado 3 o 4.

«Il trattamento con dostarlimab ha le potenzialità per essere impiegato rapidamente in aree del mondo in cui l’accesso alla moderna chemioterapia e, cosa ancora più importante, alla radioterapia e alla chirurgia potrebbe non essere disponibile», ha affermato l’autrice nelle sue osservazioni conclusive.

«A tutt’oggi nessun paziente ha recidivato e ha sviluppato tossicità di grado 3 o maggiore. Dostarlimab si è dimostrato, quindi, un trattamento con un ottimo indice terapeutico, in grado di dare ottimi risultati, con scarsissimi effetti collaterali. Questi sono dati rivoluzionari che, se confermati su una casistica più ampia e in uno studio multicentrico, potranno certamente cambiare la pratica clinica», ha concluso Siena.

Per ora, dostarlimab è approvato negli Stati Uniti per il trattamento di pazienti con tumori solidi avanzati o ricorrenti con dMMR che sono progrediti durante o dopo una precedente terapia e per i quali non sono disponibili opzioni terapeutiche soddisfacenti.

Bibliografia
A. Cercek, et al. Single agent PD-1 blockade as curative-intent treatment in mismatch repair deficient locally advanced rectal cancer. J Clin Oncol. 2022;40(suppl 17):LBA5. doi:10.1200/JCO.2022.40.17_suppl.LBA5. Link
A. Cercek, et al. PD-1 blockade in mismatch repair-deficient, locally advanced rectal cancer. N Engl J Med. Published online June 5, 2022. doi:10.1056/NEJMoa2201445. Link

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