«La gestione dell’obesità si sta spostando sempre più verso strategie personalizzate, da interventi sullo stile di vita su misura, inclusi gli interventi su dieta e attività fisica, a strategie personalizzate in relazione a farmaci e interventi chirurgici» ha dichiarato Gijs Goossens, del Dipartimento di Biologia Umana, NUTRIM School of Nutrition and Translational Research in Metabolism presso il Maastricht University Medical Center, Paesi Bassi. «Approcci più personalizzati per prevenire e curare sia l’obesità che le complicanze correlate possono aumentare l’efficacia degli interventi».

Differenze nelle malattie metaboliche in base al sesso
Per Goossens è necessario porre più enfasi sulle differenze tra i sessi riguardo alle cause dell’obesità, nonché su un’adeguata prevenzione e gestione dell’obesità e delle relative complicanze. Ha spiegato come le donne in premenopausa siano a minor rischio di sviluppare il diabete di tipo 2 e le malattie cardiovascolari rispetto agli uomini della stessa età e con lo stesso indice di massa corporea (BMI).

«In generale prima della menopausa le donne tendono a immagazzinare più grasso nella parte inferiore del corpo, mentre gli uomini nella regione addominale» ha detto. «Tuttavia, dopo la menopausa, questo vantaggio femminile viene perso, in parte a causa di uno spostamento nella distribuzione del grasso corporeo dalla parte inferiore a quella superiore del corpo, e questo fa sì che le donne in postmenopausa abbiano un rischio di diabete di tipo 2 più elevato rispetto a uomini della stessa età.
Anche il recupero del peso perso è un grave problema per molte persone e anche in questo contesto vi sono notevoli differenze tra uomini e donne, con i primi che hanno maggiori probabilità di riacquisire il peso perso.

Obesità nell’infanzia e adolescenza: bisogna intervenire prima 
«Sfortunatamente oggi vediamo molti più bambini e adolescenti con problemi di obesità e speriamo di intervenire in tempo per ridurre il numero di adulti che convivranno con l’obesità» ha sottolineato Goossens.

Al congresso verrà affrontato il trattamento farmacologico dell’obesità per valutare l’appropriatezza dei GLP-1 agonisti per questa fascia di età, come anche il punto di vista del paziente e dei genitori sul trattamento medico o chirurgico.

Combattere lo stigma 
Goossens ha anche sottolineato l’importanza di combattere lo stigma del peso nella lotta contro l’obesità. «Purtroppo molti obesi si sentono stigmatizzati in molte situazioni. È importante che le persone, compresi gli operatori sanitari, capiscano che l’obesità non è una scelta di vita» ha affermato. «Lo stigma ha un impatto importante e può persino portare a evitare di cercare assistenza sanitaria o di cambiare medico».

«L’obesità è una malattia cronica e complessa, al cui sviluppo contribuiscono molti fattori, come lo stile di vita, lo stress, alcuni farmaci, i fattori genetici, ecc. È importante che le persone si rendano conto che l’obesità è una malattia complessa, poiché questo può aiutare a ridurre lo stigma nei confronti delle persone che ne soffrono»

Un annoso problema negli Usa
Dell’epidemia di obesità se ne è parlato anche al recente congresso dell’American College of Physicians. «Il tessuto adiposo secerne ormoni, come la leptina, e altri fattori che hanno una serie di effetti su cervello, pancreas, cuore, fegato e muscoli. Inoltre è dotato di plasticità, quindi ha la capacità di cambiare, regolando costantemente il nostro metabolismo al variare della domanda e dell’offerta di nutrienti» ha dichiarato in una relazione Caroline Apovian, codirettore del Center for Weight Management and Wellness presso il Brigham and Women’s Hospital.

«L’obesità porta a un declino di questa plasticità, portando a fibrosi, infiammazione e altri problemi. Questi cambiamenti possono compromettere ulteriormente la funzione del tessuto adiposo, portando a malattie metaboliche. Ma il ruolo centrale del tessuto adiposo e la sua natura dinamica rappresentano un’opportunità per il trattamento» ha aggiunto.

Secondo i Centers for Disease Control and Prevention la prevalenza dell’obesità è cresciuta di circa il 25% dal 1960, anche se le calorie consumate non sono aumentate e l’attività fisica è lievemente incrementata. Le ragioni non ancora del tutto chiare, ma alcuni indizi fanno pensare a possibili cause epigenetiche e a come il nostro cervello e il nostro corpo percepiscono l’ambiente, ha osservato Apovian. «I nostri geni non sono cambiati, è cambiato l’ambiente in cui viviamo. L’industrializzazione dell’approvvigionamento alimentare, l’uso di pesticidi e di conservanti e la diffusione dei fast food hanno probabilmente agito insieme sul nostro organismo».

Un aiuto dai nuovi trattamenti 
Alcuni trattamenti hanno cominciato a produrre dei risultati, ha osservato Apovian. Il bypass gastrico in genere porta a una perdita del 25% del peso corporeo, ma viene spesso evitato dai pazienti. «Nonostante sia una procedura chirurgica eccezionale, ne eseguiamo ancora soltanto 256mila all’anno e abbiamo milioni di americani con un BMI superiore a 30».

Il controllo del peso con una dieta rigida, pianificazione dei pasti e conteggio delle calorie è fattibile ma è davvero difficile. Terapie più interessanti mirate agli ormoni e alla soppressione dell’appetito hanno prodotto risultati impressionanti. Il GLP-1 agonista semaglutide ha prodotto una perdita di peso del 14%, rispetto a circa il 2% del placebo, ha affermato.

I risultati appena pubblicati per tirzepatide, un doppio agonista degli ormoni intestinali GLP-1 e GIP, mostrano una perdita di peso totale del 22%, rispetto a circa il 2% per il placebo, con circa il 56% dei pazienti che perde più del 20% del proprio peso corporeo.