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Malattia del trapianto contro l’ospite: benefici con itolizumab

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Nei pazienti che sviluppano una malattia del trapianto contro l’ospite, itolizumab aiuta a migliorare la risposta clinica

Nei pazienti che sviluppano una malattia del trapianto contro l’ospite (Graft-Versus-Host Disease, GVHD) acuta dopo un trapianto allogenico di cellule staminali ematopoietiche, il trattamento con l’anticorpo monoclonale anti-CD6 itolizumab sembra efficace nel diminuire il numero di molecole di CD6 sulla superficie delle cellule T, aumentare i livelli di sCD6 nel siero e migliorare la risposta clinica. Lo suggeriscono i dati dello studio multicentrico di fase 1b/2 EQUATE (NCT03763318) presentati al recente Transplantation & Cellular Therapy Meetings, a Salt Lake City.

A tutti i dosaggi a cui itolizumab è stato somministrato (0,4, 0,8 e 1,6 mg/kg) i livelli di CD6 sulla superficie delle cellule T sono diminuiti rapidamente e sono rimasti al di sotto del valore basale per tutta la durata del trattamento (P < 0,001). Parallelamente, è stato evidenziato un aumento dei livelli di CD6 nel siero, a indicare che itolizumab ha indotto il rilascio di CD6 dalla superficie cellulare.

«L’associazione osservata tra le concentrazioni sieriche di itolizumab e la risposta clinica ottenuta evidenzia l’importanza di raggiungere alte concentrazioni di farmaco all’inizio del trattamento per massimizzare gli effetti farmacodinamici e l’efficacia clinica» scrivono gli autori, coordinati da Cherie T. Ng, a capo della R&S di Equillium, la biotech californiana che sta sviluppando l’anticorpo.

CD6 e itolizumab
CD6 è una glicoproteina transmembrana ed è un recettore con attività co-stimolatoria espresso sulle cellule T effettrici CD4+ e CD8+. Il suo ligando, la molecola di adesione cellulare dei leucociti attivati (ALCAM), è espresso sui tessuti e sulle cellule che presentano l’antigene.

Il pathway CD6-ALCAM gioca un ruolo fondamentale nella modulazione dell’attivazione e del ‘trafficking’ delle cellule T ed è centrale nell’infiammazione mediata dal sistema immunitario. Infatti, alcuni studi hanno dimostrato che sia CD6 sia ALCAM sono sovraespresse durante l’infiammazione gastrointestinale e hanno indicato CD6 come bersaglio rilevante per la patogenesi della GVHD acuta.

Itolizumab è un anticorpo monoclonale IgG1 umanizzato che si lega al dominio-1 di CD6, bloccandone il legame con ALCAM. Il legame dell’anticorpo provoca la scissione di CD6 dalla superficie cellulare e il suo rilascio in una forma solubile, determinando la comparsa di cellule T a bassa espressione di CD6 (CD6low). Queste, rispetto alle cellule T CD6high, sono iporesponsive alla stimolazione e mostrano un’attivazione, una proliferazione e una produzione di citochine inferiori.

Lo studio EQUATE
I risultati presentati al congresso di Salt Lake City si riferiscono a 23 pazienti con GVHD acuta di grado III o IV arruolati nello studio EQUATE, di cui erano disponibili i dati di farmacocinetica e farmacodinamica fino al settembre 2021.

I pazienti dovevano essere stati sottoposti a un trapianto allogenico di cellule staminali ematopoietiche con condizionamento mieloablativo o non mieloablativo e avere una diagnosi clinica di GVHD acuta che richiedesse una terapia immunosoppressiva sistemica.

Erano, invece, esclusi dallo studio i pazienti con una recidiva morfologica del tumore maligno primario, coloro che dopo il trapianto allogenico di cellule staminali ematopoietiche erano stati trattati per una recidiva o che avevano richiesto una rapida sospensione del trattamento immunosoppressivo per l’insorgenza di una recidiva precoce. Altri criteri di esclusione includevano una citopenia indice del fallimento del trapianto, l’evidenza di malattia linfoproliferativa post-trapianto o qualsiasi terapia precedente effettuata per la GVHD acuta, ad eccezione dei regimi di profilassi per il trapianto allogenico o dei corticosteroidi somministrati per via sistemica.

Tutti i pazienti hanno iniziato gli steroidi per via endovenosa entro 7 giorni dalla prima dose di itolizumab, somministrato per via endovenosa a un dosaggio di 0,4 mg/kg (quattro pazienti), 0,8 mg/kg (10 pazienti) o 1,6 mg/kg (9 pazienti) ogni 2 settimane. In particolare, tutti i partecipanti hanno ricevuto almeno una dose di itolizumab e il 70% ne ha ricevute almeno due.

I livelli di CD6 sulla superficie delle cellule T sono stati determinati mediante citometria a flusso su sangue intero fresco, mentre per misurare il CD6 nel siero è stato utilizzato un test in elettrochemiluminescenza. I ricercatori hanno anche valutato i livelli dei due biomarcatori ST2 e REG3α con metodo ELISA e il rischio di sviluppare GVHD mediante l’algoritmo del Mount Sinai Acute GVHD International Consortium (MAGIC) calcolando il punteggio di probabilità dell’algoritmo MAGIC (MAP).

Gli endpoint primari dello studio includevano la sicurezza e la tollerabilità di itolizumab e la determinazione della dose ottimale, mentre fra gli endpoint secondari vi erano la farmacocinetica e la farmacodinamica nonché l’efficacia clinica valutata mediante il tasso di risposta globale, la mortalità non legata alla recidiva, la GVHD cronica e la durata della risposta.

Altri risultati
Il giorno 15 dopo la somministrazione della prima dose, i pazienti trattati con 0,8 mg/kg e 1,6 mg/kg hanno mostrato un aumento del rapporto tra cellule T regolatorie e cellule T effettrici. Inoltre, sempre il giorno 15, con tutte tre le dosi si è osservata anche una diminuzione dell’espressione di PD-1 sulle cellule T effettrici.

Tra i pazienti che hanno ottenuto una risposta clinica, il 94% l’ha raggiunta dopo la prima somministrazione di itolizumab. Pertanto, gli autori hanno valutato la correlazione tra concentrazioni di itolizumab ed efficacia il giorno 15, scoprendo che a concentrazioni più elevate di itolizumab corrispondevano tassi di risposta completa (CR) più elevati.

Al basale, otto pazienti avevano punteggi MAP bassi (non superiori a 0,290), mentre 10 avevano punteggi alti (maggiori di 0,290). Al giorno 15, pazienti che al basale avevano punteggi MAP bassi hanno raggiunto un tasso di CR del 67%, rispetto al 50% dei pazienti che avevano un punteggio alto. Tuttavia, queste tendenze non sono risultate statisticamente significative, probabilmente, secondo gli sperimentatori, a causa delle piccole dimensioni della popolazione.

I risultati di EQUATE hanno fornito i dati per stabilire i dosaggi che saranno utilizzati nello studio di fase 3 EQUATOR (NCT05263999), nel quale si valuterà itolizumab contro un placebo, in combinazione con corticosteroidi, come trattamento di prima linea in pazienti con GVHD acuta.

Bibliografia
C.T. Ng, et al. Itolizumab, a novel targeted anti-CD6 therapy, induces cleavage of cell surface CD6 and rapid onset of efficacy in subjects with newly diagnosed acute graft-versus-host disease. Transplantation & Cellular Therapy Meetings 2022; abstract 371. Link

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