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Alzheimer: la Digital Medicine Society si allea con le case farmaceutiche

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Alzheimer: Digital Medicine Society e case farmaceutiche insieme per definire standard digitali per gli studi sulla malattia

Alcuni dei più grandi produttori di farmaci che conducono studi sulla malattia di Alzheimer e sulle demenze correlate si stanno unendo per garantire che le loro attività facciano il miglior uso delle enormi quantità di dati digitali che possono essere raccolti dai pazienti mentre vengono monitorati i loro progressi.

Nella collaborazione, guidata dalla Digital Medicine Society (DiMe), una società professionale senza fini di lucro al servizio della comunità della medicina digitale, grandi compagnie farmaceutiche come Biogen, Eisai, Eli Lilly e Merck hanno in programma di stabilire una serie di misurazioni digitali che possono essere applicate nei loro studi clinici. A loro si uniranno i ricercatori della Boston University e della Oregon Health & Science University, oltre che dell’Alzheimer’s Drug Discovery Foundation.

Scopo della partnership è selezionare e sviluppare i biomarcatori più efficaci rilevabili digitalmente, basati sui dati raccolti tramite dispositivi indossabili o test che possono comportare l’analisi di registrazioni vocali o il tracciamento dei movimenti delle mani, che possono aiutare a determinare se i potenziali trattamenti stanno effettivamente rallentando il declino cognitivo associato a condizioni neurodegenerative.

Troppi endpoint digitali non standardizzati
Accettando di quantificare il decorso della malattia in modo standardizzato e centrato sul paziente, gli sviluppatori di farmaci sperano di aumentare le loro possibilità di ottenere più rapidamente dei trattamenti approvati. Dovranno però prima conciliare una varietà di tipologie di dati digitali, letture dei sensori e test cognitivi.

«È francamente allarmante vedere la mancanza di consenso nel settore su come appare il “buono” quando si tratta di selezionare e implementare una misura» ha affermato Jennifer Goldsack, Ceo della DIMe. La società attualmente gestisce una libreria degli endpoint digitali che sono stati applicati in vari studi: 302 diverse misurazioni impiegate da oltre 90 aziende, che vanno dai cambiamenti nel test della distanza percorsa in 6 minuti al numero colpi di tosse registrati in una settimana o alla capacità di una persona di toccare ritmicamente il dito sullo schermo di uno smartphone.

«Ci sono oltre 70 diverse misure di attività fisica e ci sono oltre 50 diverse misurazioni del sonno» ha fatto presente Goldsack. «La triste verità che ci ha portati a questo progetto è che, nonostante l’enorme bisogno insoddisfatto di misure ad alta risoluzione e di alto valore che possono essere acquisite frequentemente nel tempo, solo tre degli endpoint nella nostra libreria vengono utilizzati per l’Alzheimer».

Un “far west” di informazioni digitali
Sono inoltre stati fatti pochissimi progressi nell’identificazione degli aspetti più significativi della salute al di là della semplice cognizione. «Le misure digitali offrono un’enorme promessa per rafforzare la comprensione collettiva dell’Alzheimer e delle demenze correlate» ha affermato Jian Yang, vicepresidente della Digital Health in Eli Lilly. «Queste misure possono approfondire la nostra conoscenza della progressione della malattia, definire nuovi fenotipi della malattia e supportare una diagnosi precoce, tutte informazioni di fondamentale importanza per una condizione in cui sono comuni una diagnosi imprecisa e ritardata e per la quale l’attuale standard di cura non tratta il problema della placca alla base della patologia».

Di contro alcune misurazioni digitali non hanno funzionato in modo accurato se applicate a una popolazione diversificata. Con i suoi partner biofarmaceutici e accademici, la società cercherà di definire dei parametri che possano essere utilizzati in modo coerente e internazionale. «In questo momento è una specie di selvaggio west» ha dichiarato Rhoda Au, professore di anatomia e neurobiologia alla Boston University. «Nel regno digitale non ci sono molti precedenti e manca una standardizzazione».

«In questo momento non utilizziamo correttamente i test cognitivi in ​​nessuno studio di ricerca clinica» ha aggiunto. «Le nostre capacità cognitive sono complesse e vacillano di momento in momento. Nel pomeriggio si può avere una performance cognitiva diversa rispetto al mattino, alla sera e nel modo in si pensa giorno per giorno. Se pensiamo a tutte le fluttuazioni e a tutti i fattori che influenzano le capacità cognitive, le riduciamo semplicemente a un punteggio del test. Continuiamo a utilizzare strumenti smussati per misurare qualcosa che è molto più dinamico e molto più ricco».

Misure cliniche digitali entro 2 anni
Negli ultimi anni l’idea di utilizzare complessi biomarcatori digitali si è evoluta in una risorsa potenzialmente preziosa all’interno di un programma di sviluppo di farmaci, dal momento che sempre più aziende biofarmaceutiche hanno iniziato a esplorare come impiegare diverse tecnologie.

La Digital Medicine Society punta ad annunciare una serie di misure cliniche digitali entro i prossimi due anni, dopo aver completato le revisioni della letteratura, gli studi sui metodi misti e il benchmarking tecnologico. Attualmente la società stima che la malattia di Alzheimer e le relative demenze colpiscano 47 milioni di persone in tutto il mondo, con un numero di casi che dovrebbe raddoppiare ogni 20 anni.

«Abbiamo un obbligo nei confronti della scienza e abbiamo anche un obbligo etico: non voglio che i pazienti di tutto il mondo si perdano negli studi di convalida di misure che non contano» ha affermato Goldsack.

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