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Adalimumab efficace per le uveiti non infettive

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Adalimumab è in grado di trattare in modo efficace pazienti affetti da uveuti non infettive secondo un’analisi pubblicata su Acta Ophtalmologica

Un farmaco anti-TNF di provata efficacia in reumatologia, adalimumab, è in grado di trattare in modo efficace pazienti affetti da uveuti non infettive. Questo è quanto emerge da una casistica retrospettiva di cartelle cliniche di pazienti, pubblicata su Acta Ophtalmologica.

Razionale e disegno dello studio
Le uveiti non infettive rappresentano la terza causa di cecità prevenibile nei Paesi sviluppati. La prevalenza e l’incidenza annuale di queste uveiti è stimata pari, nella popolazione generale, a 115-204 e a 17-52 per 100.000 persone, rispettivamente.

Le uveiti colpiscono gli adulti nella fascia di età compresa tra i 20 e i 59 anni e possono influenzare notevolmente la qualità della vita in età lavorativa.

Gli obiettivi del trattamento delle uveiti non infettive sono di controllare l’infiammazione oculare, limitare il danno intra-oculare e minimizzare la perdita della vista, contenendo al contempo la tossicità eventuale del trattamento.

Quando i corticosteroidi sistemici e/o i farmaci immunosoppressori non sono efficaci, ecco allora che si può prendere in considerazione il trattamento con un farmaco biologico.

I trial clinici randomizzati VISUAL I e II hanno documentato la capacità di adalimumab di ridurre il rischio di recidive di uveite non infettiva e la perdita della vista in pazienti affetti da questa condizione clinica. VISUAL III, inoltre, uno studio di estensione “in aperto”, ha documentato anche la sicurezza a lungo termine del trattamento con il farmaco anti-TNF.

Questi dati sono alla base dell’approvazione di adalimumab, da parte di Ema, per il trattamento delle uveiti non infettive intermedie, delle uveiti posteriori e delle panuveiti.

La presenza di dati real world limitati relativi all’efficacia e alla sicurezza d’impiego di adalimumab nelle uveiti non infettive, a conferma dei dati ottenuti negli studi registrativi, ha sollecitato la messa a punto di questo nuovo studio, che ha valutato gli outcome ottenuti nella pratica clinica reale in un singolo centro sub-specialistico a seguito dell’impiego dell’anticorpo monoclonale e si è proposto di descrivere l’impatto del farmaco nel trattamento delle uveiti più severe, al fine di integrare i dati esistenti nei trial clinici randomizzati e migliorare la gestione della terapia.

Nel dettaglio, lo studio ha valutato retrospettivamente i dati relativi a 51 pazienti che erano stati sottoposti a trattamento per 12 mesi con adalimumab per  uveite non infettiva tra il 2016 e il 2020 presso il Manchester Royal Eye Hospital, nel Regno Unito.

I partecipanti allo studio  (età media=48,3±11,72 anni, 27.3% donne) presentavano uveite da 7 anni (valore mediano; IQR= 2-35 anni). Di questi, il 39,2% presentava infiammazione attiva, mentre la massima acuità visiva corretta al basale (BCVA) era pari a 0,3 logMAR (range: -0,1; 0,3) (NdR: L’acuità visiva considerata normale è pari a zero, considerando questa metrica).

Risultati principali
A 12 mesi, i pazienti hanno ridotto la dose di predsnisolone da 10 mg/die e 5 mg/die e la BCVA da 0,3 logMAR a 0,2 logMAR.

Trend simili sono stati osservati nel sottogruppo di pazienti con occhi interessati da uveite non infettiva al basale.

Lo spessore retinico centrale si è ridotto, passando da 310,98±124,54 μm al basale a 261,38±84,94 μm ad un anno. Questo parametro si è ridotto in modo significativo nel sottogruppo di pazienti con occhi interessati da edema maculare cistoide (n=28; p<0,001).

Anche la pressione intraoculare si è ridotta, passando da 14,83±5,21 mm Hg a 14,64±4,9 mm Hg.

A 6 mesi, il trattamento si era dimostrato insoddisfacente in 10 occhi e a 12 mesi, in 20 occhi.
Tra le ragioni individuate alla base del fallimento terapeutico vi erano il peggioramento dell’acuità visiva (n=17), la presenza di edema maculare (n=7), di cataratta (n=6) o altre cause (n=6).

La sola caratteristica clinica associata ad insuccesso terapeutico a 12 mesi è stata la necessità di ricorrere a farmaci di soccorso 12 mesi prima del trattamento con adalimumab (OR=0,22; IC95% =0,05-0,89; P =0,03).
Da ultimo, per quanto riguarda la safety, non sono stati registrati eventi avversi (AE) seri, infezioni, reazioni allergiche o ricoveri ospedalieri. Due pazienti hanno abbandonato il trattamento per manifesta inefficacia.

Riassumendo
Pur con alcuni limiti metodologici ammessi dagli stessi autori dello studio (disegno retrospettvo, risultati non generalizzabili in quanto questi pazienti erano casi severi con pregressi fallimenti terapeutici), i risultati dimostrano che i pazienti con uveite cronica non infettiva sottoposti a trattamento con adalimumab per 12 mesi hanno avuto maggiori probabilità di raggiungere un controllo della malattia, stabilizzare o migliorare l’acuità visiva, sperimentare una riduzione delle terapie a base di immunosoppressori e ridurre la posologia di somministrazione degli steroidi, in assenza di nuovi segnali di safety.

Questi risultati, ottenuti nella pratica clinica reale, confermano l’efficacia del farmaco nel trattamento delle uveiti non infettive.

A questo punto, è auspicabile che vengano condotti studi ulteriori, meglio dimensionati per numero pazienti e durata del follow-up, finalizzati all’identificazione di quei pazienti che potrebbero trarre maggior beneficio dalla terapia con questo farmaco anti-TNF, nell’ottica di un approccio più personalizzato alla terapia dell’uveite non infettiva.

Bibliografia
Leal I, Wong SW, Giuffre C, et al. Real-world outcomes of adalimumab in adults with non-infectious uveitis. Acta Ophthalmol. Published online March 11, 2022. doi:10.1111/aos.15120
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