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Caso Saman Abbas: rinviati a giudizio i parenti della ragazza

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Rinviati a giudizio i parenti di Saman Abbas: il processo a febbraio 2023. Secondo l’accusa, avrebbero punito la ragazza che voleva ribellarsi alle tradizioni della famiglia e andarsene di casa

Sono stati rinviati tutti a giudizio i cinque parenti di Saman Abbas, la 18enne pakistana sparita da Novellara (Reggio Emilia) il 30 aprile 2021 e mai più ritrovata. Lo ha deciso oggi il Gup del tribunale di Reggio Emilia Dario De Luca, accogliendo le richieste del pm Laura Galli. Nel processo che si aprirà il 10 febbraio del 2023 rispondono quindi in concorso di sequestro di persona, omicidio e soppressione di cadavere i genitori della ragazza (tuttora latitanti), lo zio Danish Hasnain e i due cugini, Ikram Ijaz e Nomanhulaq Nomanhulaq, questi ultImi tutti e tre arrestati all’estero dove erano fuggiti.

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Secondo l’accusa, i parenti hanno punito Saman che voleva ribellarsi alle tradizioni della famiglia e andarsene di casa, rifiutando un matrimonio già combinato in patria. Le parti civili ammesse risultano quelle del Comune di Novellara, dell’associazione Penelope che si occupa di persone scomparse, l’Unione dei Comuni della Bassa reggiana, il fratello minore di Saman- che è anche testimone- e l’Ucoii, l’Unione delle comunità islamiche italiane.

IL SINDACO DI NOVELLARA: “NOI ABBIAMO FATTO IL POSSIBILE”

“Noi abbiamo fatto tutto il nostro meglio e agito nei limiti delle funzioni di un servizio sociale”. Lo dice il sindaco di Novellara (Reggio Emilia), Elena Carletti, al termine dell’udienza preliminare del processo sulla scomparsa di Saman Abbas. L’amministrazione comunale è una delle parti civili costituite nel procedimento a carico di cinque parenti della ragazza. “Oggi vogliamo essere noi la famiglia di Saman, che quella vera non ha tutelato”, dice l’avvocato Barbara Iannuccelli, in rappresentanza dell’associazione Penelope, anch’essa parte civile.

Al pari infine delle comunità islamiche italiane, riunite nell’Ucoii e seguite dal legale Riziero Angeletti. “Ci costituiamo per ribadire la netta condanna su quanto accaduto e porre fine al collegamento tra il comportamento degli imputati e la religione, che qui non c’entra affatto”. Per statuto l’Ucoii è infatti impegnata nel contrasto a forme di integralismo “e a fenomeni come infibulazione e matrimoni combinati”, dice Angeletti come riferisce la Dire (www.dire.it).

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