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Dermatite atopica: lebrikizumab riduce lesioni e prurito

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Dermatite atopica: il trattamento con lebrikizumab ha consentito un’importante riduzione della gravità delle lesioni cutanee e del prurito

La maggior parte dei pazienti affetti da dermatite atopica e trattati in monoterapia con l’anticorpo monoclonale sperimentale lebrikizumab ha ottenuto un’importante riduzione della gravità delle lesioni cutanee e del prurito, abbinati a un favorevole profilo di sicurezza. Sono i risultati del programma ADvocate di fase III presentati al congresso dell’American Academy of Dermatology (AAD) 2022.

Oltre il 50% dei pazienti con dermatite atopica da moderata a grave trattati con l’inibitore sperimentale dell’interleuchina (IL)-13 lebrikizumab ha ottenuto una riduzione di almeno il 75% della gravità della malattia (Eczema Area and Severity Index, EASI 75) dopo 16 settimane. La terapia ha anche portato a miglioramenti clinicamente significativi del prurito e di altri importanti risultati riportati dai pazienti rispetto al placebo.

La dermatite atopica è una malattia cutanea cronica e recidivante caratterizzata da prurito intenso, pelle secca e infiammazione che possono essere presenti in qualsiasi parte del corpo. I pazienti spesso riferiscono di provare un prurito persistente che può essere così fastidioso da influenzare il sonno, le attività quotidiane e le relazioni sociali. Si tratta di una patologia biologicamente e clinicamente eterogenea, caratterizzata da un aspetto molto variabile, con riacutizzazioni che si verificano in modo imprevedibile. Come altre malattie infiammatorie croniche, l’eczema è immuno-mediato e coinvolge una complessa interazione di cellule immunitarie e citochine infiammatorie.

«I sintomi della dermatite atopica come prurito, pelle secca, dolore intenso e infiammazione gravano pesantemente sulla vita dei pazienti e sul loro benessere. I pazienti cercano farmaci che forniscano opzioni terapeutiche efficaci e ben tollerate in grado di affrontare questi sintomi e migliorare la loro qualità di vita» ha affermato Diamant Thaçi, direttore del Comprehensive Centre for Inflammation Medicine presso l’Università di Lubecca, in Germania, e ricercatore principale dello studio ADvocate 2. «Lebrikizumab è un trattamento innovativo con inibizione specifica della IL-13, il mediatore patogeno centrale nella dermatite atopica. L’efficacia osservata in questi studi conferma il potenziale di questo nuovo trattamento, che sarebbe un’aggiunta ben accolta all’armamentario della dermatite atopica».

Lebrikizumab si lega con alta affinità alla IL-13 per prevenire specificamente la formazione del complesso IL-13Rα1/IL-4Rα (recettore di tipo 2), bloccando la segnalazione a valle della via promossa dalla citochina, che svolge un ruolo centrale nell’infiammazione di tipo 2. Nela dermatite atopica la IL-13 è alla base dei segni e dei sintomi come l’alterazione della barriera cutanea, il prurito, l’infezione e la formazione di aree cutanee dure e ispessite.

Il programma clinico di fase III ADvocate 
ADvocate 1 e ADvocate 2 sono due trial in corso di fase III, randomizzati, in doppio cieco, controllati con placebo, a gruppi paralleli, della durata di 52 settimane, progettati per valutare lebrikizumab come monoterapia in pazienti adulti e adolescenti (di età compresa tra 12 e 18 anni e del peso di almeno 40 kg) affetti da dermatite atopica da moderata a grave. Durante il periodo di trattamento di 16 settimane, i pazienti hanno ricevuto lebrikizumab 500 mg all’inizio dello studio e dopo due settimane, seguito da lebrikizumab 250 mg o placebo ogni due settimane.

Gli endpoint primari erano il raggiungimento di un punteggio di 0/1 (pelle libera o quasi libera da lesioni) nell’Investigator Global Assessment (IGA) con una riduzione di almeno due punti rispetto al basale e della risposta EASI 75 a 16 settimane. Gli endpoint secondari chiave sono stati misurati da IGA, EASI, Pruritus Numeric Rating Scale, perdita del sonno a causa del prurito e Dermatology Life Quality Index.

Riduzione delle lesioni cutanee e del prurito
Nel trial ADvocate 1, il 43% dei pazienti trattati con lebrikizumab ha ottenuto una pelle libera o quasi libera da lesioni (IGA) a 16 settimane rispetto al 13% dei pazienti trattati con placebo. Tra coloro che hanno ricevuto lebrikizumab, il 59% ha ottenuto una risposta EASI-75, rispetto al 16% con il placebo.

Nel trial ADvocate 2, il 33% dei pazienti che assumevano lebrikizumab ha ottenuto una pelle pelle libera o quasi libera da lesioni (IGA) a 16 settimane, rispetto all’11% dei pazienti trattati con placebo. Tra coloro che hanno ricevuto lebrikizumab, il 51% ha ottenuto una risposta EASI-75, rispetto al 18% che ha assunto il placebo.

Entro quattro settimane, i pazienti che hanno ricevuto lebrikizumab hanno sperimentato miglioramenti statisticamente significativi nella clearance della pelle e nel prurito, nonché miglioramenti nell’interferenza del prurito sul sonno e nella qualità della vita, come misurato dagli endpoint secondari chiave.

Il profilo di sicurezza nel corso di 16 settimane è risultato coerente con quanto rilevato negli studi precedenti nell’eczema. Rispetto al placebo, i pazienti del gruppo attivo hanno riportato una frequenza inferiore di eventi avversi in ADvocate 1 (lebrikizumab 45%, placebo 52%) e ADvocate 2 (lebrikizumab 53%, placebo 66%). La maggior parte degli eventi avversi nei due studi erano di gravità lieve o moderata e non hanno portato all’interruzione del trattamento. I più comuni in ADvocate 1 e 2 con lebrikizumab sono stati congiuntivite (7% e 8%, rispettivamente), rinofaringite (4% e 5%, rispettivamente) e cefalea (3% e 5%, rispettivamente).

La Fda ha concesso a lebrikizumab la designazione Fast Track nella dermatite atopica nel dicembre 2019. Il programma clinico di fase III consiste in cinque studi globali chiave tra cui due in monoterapia, uno in combinazione con steroidi topici (ADhere), un’estensione a lungo termine (ADjoin) e studi in aperto sugli adolescenti (ADore).

I risultati dettagliati a 52 settimane di ADvocate 1 e 2, così come i dati a 16 settimane di ADhere saranno divulgati nei prossimi mesi. Le compagnie che stanno sviluppando il farmaco, Almirall ed Eli Lilly, prevedono di presentare la domanda di commercializzazione in tutto il mondo entro la fine del 2022, dopo il completamento degli studi ADvocate.

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