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Tumore ovarico: dallo studio GOG-0252 nuovi dati sulla chemio

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Nuovi dati dallo studio GOG-0252 sul ruolo della chemioterapia intraperitoneale nel trattamento del tumore dell’ovaio

Il tema del ruolo della chemioterapia intraperitoneale nel trattamento del tumore dell’ovaio è da tempo dibattuto. Ora i dati aggiornati dello studio di fase GOG-0252, presentati di recente all’Annual Meeting on Women’s Cancer della Society of Gynecologic Oncology (SGO), aggiungono un nuovo tassello al puzzle, mostrando che questo approccio non offre alcun vantaggio di sopravvivenza rispetto alla chemioterapia convenzionale endovena. In questo studio, infatti, il trattamento di prima linea con la chemioterapia intraperitoneale più bevacizumab non ha portato a differenze significative di sopravvivenza globale (OS) e sopravvivenza libera da progressione (PFS) rispetto alla chemioterapia endovenosa più bevacizumab in pazienti con carcinoma ovarico avanzato, senza segni di malattia macroscopica dopo la chirurgia citoriduttiva, indipendentemente dal gruppo di trattamento e dal sottogruppo di pazienti.

«Mi preoccupa che attualmente vi sia un ricorso eccessivo della chemioterapia neoadiuvante. Temo anche che non ci sia una selezione adeguata relativamente a chi sia una buona candidata per la chirurgia citoriduttiva primaria. Quindi, ricordo che è più probabile che la paziente abbia una sopravvivenza a lungo termine quando la chirurgia non lascia alcuna malattia residua e la chemioterapia produce un livello del marker tumorale CA-125 molto basso, inferiore a 10», ha affermato Joan Walker, dello Stephenson Cancer Center della University of Oklahoma College of Medicine, durante una presentazione dei dati.

PFS e OS simili con i due approcci
Nello studio, la PFS mediana è risultata di 35,9 mesi nelle pazienti trattate con carboplatino endovena (ev), 36,8 mesi in quelle trattate con carboplatino intraperitoneale (ip) e 35,5 mesi in quelle trattate con cisplatino ip. Inoltre, la mediana di PFS valutata in funzione del livello di CA-125 prima del quarto ciclo di trattamento è risultata di 44,2 mesi nelle pazienti con livelli di nadir non superiori a 10 UI/ml e 28,5 mesi in quelle con livelli di nadir superiori a 10 UI/ml.

L’OS mediana è risultata di 106,6 mesi nel braccio trattato con carboplatino ev, 114,2 mesi nel braccio trattato con carboplatino ip e 107,9 mesi nel braccio trattato con cisplatino ip nelle pazienti con solo malattia microscopica dopo la chirurgia e 10 anni di follow-up. Nel valutare l’OS in base al CA 125 prima del quarto ciclo di trattamento, i ricercatori hanno riportato un’OS mediana di 89,0 mesi nel gruppo con CA 125 maggiore di 10 UI/ml, mentre la mediana di OS non è stata raggiunta nel gruppo con CA-125 di 10 UI/ml o inferiore a più di 10 anni.

«Non abbiamo trovato differenze significative fra i due bracci di trattamento riguardo alla PFS e all’OS nelle pazienti senza malattia macroscopica, che hanno ,mostrato una buona sopravvivenza» ha detto la Walker. «L’obiettivo è di non ottenere una malattia residua macrospcopica (dopo la chirurgia, ndr) e di ottenere un livello di CA-125 inferiore a 10 UI/ml dopo tre cicli. Le pazienti con queste caratteristiche sono quelle che possono sopravvivere e avere una buona qualità di vita».

Lo studio GOG-0252
Lo studio GOG-0252 (NCT00951496) è un trial multicentrico coordinato dal Gynecologic Oncology Group, randomizzato, in aperto, che ha arruolato un totale di totale di 1560 pazienti con carcinoma ovarico avanzato (stadio FIGO II-III) delle tube di Falloppio o del peritoneo, di nuova diagnosi, dal luglio 2009 al novembre 2011.

Durante i primi sei cicli, le pazienti potevano essere trattate con uno di tre possibili regimi, che includevano tutti bevacizumab 15 mg/kg per via endovenosa il giorno 1 a partire dal secondo ciclo. Un braccio è stato trattato con paclitaxel 80 mg/m2 ev nei giorni 1, 8 e 15  e carboplatino ev con AUC6 il giorno 1, il secondo braccio prevedeva la somministrazione di paclitaxel 80 mg/m2 ev nei giorni 1, 8 e 15 e carboplatino ip con AUC 6 il giorno 1, mentre il terzo braccio veniva trattato con 135 mg/m2 di paclitaxel ev il giorno 1, cisplatino 75 mg/m2 ip il giorno 2 e paclitaxel 60 mg/m2 ip il giorno 8. Dal ciclo 7 al 22, tutti le pazienti sono state trattate con bevacizumab 15 mg ev il giorno 1.
Per essere arruolabili, le pazienti dovevano anche aver avuto una resezione ottimale con la chirurgia, con una malattia residua di dimensioni non superiore a un cm. I criteri di elegibilità esplorativa includevano pazienti con resezione subottimale (7%) e pazienti con malattia in stadio IV (5%).

L’età mediana della popolazione studiata era di 58 anni e la maggior parte delle pazienti era bianca. Inoltre, la maggior parte presentava una malattia in stadio III (84%), una malattia con istologia sierosa di grado 3 e nessuna malattia residua dopo l’intervento (57%).
In termini di sicurezza, il 90% delle pazienti in tutti i bracci ha manifestato effetti avversi di grado 3 o superiore. Nel primo braccio, il 5,3% delle partecipanti ha avuto fistole gastrointestinali, necrosi e perdite di grado 3 e il 30% ha sviluppato una neuropatia di grado 2 o superiore. Nel terzo braccio, il 20,5% ha manifestato ipertensione di grado 3 e l’11,2% nausea e vomito di grado 3.

Bibliografia
J.L. Walker. Long-term survival of GOG 252 randomized trial of intravenous versus intraperitoneal chemotherapy plus bevacizumab in advanced ovarian carcinoma: an NRG Oncology/GOG Study. SGO Annual Meeting on Women’s Cancer 2022; March 18-21,  Phoenix, Arizona.

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