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Linfoma mantellare: buoni risultati con le CAR-T brexu-cel

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Linfoma mantellare: le cellule CAR-T brexucabtagene autoleucel (brexu-cel) rappresentano una valida terapia di salvataggio

Le cellule CAR-T brexucabtagene autoleucel (brexu-cel) rappresentano una valida terapia di salvataggio per i pazienti con linfoma mantellare anche nel mondo reale, e potrebbero essere di particolare beneficio per quelli con caratteristiche di alto rischio. È il risultato di un’analisi di dati ottenuti in pazienti trattati con brexu-cel nella pratica clinica in Europa, inclusi pazienti italiani, analisi da poco pubblicata su Blood Advances.

Nel loro studio, i ricercatori europei hanno incluso una popolazione a rischio più elevato rispetto a quella arruolata nello studio di fase 2 ZUMA-2 (NCT02601313) – il trial su cui si è basata l’approvazione di brexu-cel per i pazienti con linfoma mantellare – e hanno confrontato innanzitutto il profilo di tossicità di brexu-cel emerso dallo studio registrativo e quello osservato nel mondo reale.

Sindrome da rilascio di citochine meno frequente nel mondo reale
In particolare, la sindrome da rilascio di citochine (CRS) di grado 3 o superiore è risultata meno frequente e con un esordio più tardivo nei pazienti trattati nella pratica clinica rispetto a quelli dello studio ZUMA-2, mentre l’incidenza e il momento di esordio della tossicità neurologica sono stati simili.

Su 33 pazienti trattati con brexu-cel, 30 (il 91%) hanno sviluppato una CRS, che è stata di grado ≥ 2 in 18 di essi (il 55%) e di grado ≥ 3 in un solo paziente (3%). Il tempo mediano trascorso fra l’infusione e l’esordio della CRS è stato di 5 giorni (IQR 2-6), mentre la durata è stata di 4 giorni (IQR 3–6).

Complessivamente 21 pazienti (il 64%) hanno sviluppato neurotossicità, che è stata di grado ≥ 2 in 16 casi (48%) e di grado ≥ 3 in 12 (36%).

Tuttavia, nella ‘real life’ gli eventi avversi eventi fatali sono stati più numerosi rispetto allo studio che ha portato alla registrazione del prodotto: 15% contro 3%. I ricercatori affermano che questi risultati potrebbero essere influenzati da un bias di selezione, legato al fatto che la popolazione studiata era più ad alto rischio rispetto a quella dello studio ZUMA-2, così come dal tempo di consegna di brexu-cel da parte dell’azienda produttrice (Gilead), che è risultato più lungo nel mondo reale (29 giorni contro i 16 dello studio registrativo), fattori che potrebbero aver implicato un maggior carico di malattia e un performance status peggiore al momento dell’infusione delle CAR-T.

Tassi di risposta nella ‘real life’ simili a quelli dello studio ZUMA-2
I tassi di risposta complessiva (ORR) e di risposta completa sono risultati simili nei due studi, anche se i tassi di sopravvivenza libera da progressione (PFS) e di sopravvivenza globale (OS) a 12 mesi sono risultati leggermente inferiori fra i pazienti della ‘real life’, il che potrebbe essere in parte dovuto a un aumento della mortalità non dovuta a una recidiva in questa popolazione.

L’ORR è risultato del 91%; 26 pazienti (il 79%) hanno ottenuto una risposta completa e quattro (il 12%) una risposta parziale. Il tempo mediano di raggiungimento della migliore risposta è stato di un mese dall’infusione.

La PFS a 6 mesi è risultata del 77% e quella a 12 mesi del 51%, mentre l’OS a 6 mesi è risultata dell’83% e quella a 12 mesi del 61%.
Inoltre, i pazienti con un punteggio di rischio intermedio o basso dell’MCL International Prognostic Index (s-MIPI) semplificato hanno mostrato una PFS superiore rispetto a quelli con un punteggio associato a un alto rischio.

Brexu-cel approvato per i pazienti con linfoma mantellare ricaduto/refrattario
Brexu-cel è stato approvato nel luglio 2020 dalla Food and drug administration e nell’ottobre dello stesso anno dalla European medicines agency per il trattamento di pazienti con linfoma mantellare recidivante/refrattario sulla base dei risultati dello studio ZUMA-2, che ha incluso un totale di 74 pazienti, 68 dei quali hanno ricevuto un’infusione di brexu-cel. Nei pazienti che erano stati sottoposti alla leucaferesi per la produzione delle CAR-T, l’ORR è risultato dell’85% e il tasso di CR del 59%. Oltre alla CRS, il 31% dei pazienti ha manifestato effetti avversi neurologici di grado ≥3.

Poiché al di là dello studio ZUMA-2 vi erano poche evidenze sulla sicurezza e l’efficacia di brexu-cel nei pazienti con linfoma mantellare, i ricercatori hanno raccolto dati dallo European Early Access Program (EAP), il programma europeo che ha consentito ai pazienti con linfoma mantellare recidivante/refrattario di sottoporsi al trattamento con brexu-cel anche prima dell’approvazione del prodotto da parte dell’agenzia regolatoria.

Lo studio ‘real life’ europeo
L’analisi pubblicata su Blood Advances si riferisce a un totale di 39 pazienti sottoposti a leucaferesi per la produzione di brexu-cel in 11 centri europei (situati in Spagna, Italia, Germania e Paesi Bassi) dall’avvio dell’EAP fino all’agosto 2021.

In tre pazienti un problema di produzione iniziale ha reso necessaria una seconda o una terza leucaferesi (rispettivamente in due pazienti e un paziente) per preparare un prodotto adeguato e due di questi hanno poi potuto ricevere l’infusione. Dei pazienti arruolati, quelli che hanno potuto sottoporsi all’infusione di brexu-cel sono stati 33 (l’85%); i restanti pazienti non hanno potuto essere trattati con queste CAR-T a causa della progressione della malattia, perché hanno ottenuto una riposta completa già con la terapia ponte effettuata mentre aspettavano l’arrivo delle CAR-T dall’impianto di produzione o perché hanno sviluppato un’infezione.

L’età mediana dei pazienti è risultata di 67 anni e la maggior parte aveva un punteggio s-MIPI indicativo di alto rischio al momento della leucaferesi (55%) e una malattia avanzata (88%). Il 36% dei pazienti era già stato sottoposto a un trapianto autologo di cellule staminali ematopoietiche. Inoltre, il 24% aveva morfologia blastoide e il 12% presentava mutazioni di TP53.

Il follow-up mediano dopo l’infusione brexu-cel è risultato di 10,1 mesi.

In totale, 26 pazienti sono stati sottoposti una terapia ponte e sei hanno dovuto farne due per tenere sotto controllo la malattia dopo l’aferesi, mentre attendevano l’arrivo delle CAR-T al centro dove erano in cura. Come terapia ponte si sono utilizzati la chemioterapia in 14 pazienti e l’inibitore di BTK ibrutinib in 12 pazienti. Dopo la terapia ponte, il 6% dei pazienti ha raggiunto una risposta completa, il 16% una risposta parziale, il 22% ha mostrato una stabilizzazione della malattia e il 56% è andato incontro a una progressione della malattia.

In conclusione
«In questo studio multicentrico europeo, abbiamo dimostrato che la sicurezza e l’efficacia di brexu-cel sono simili a quelle osservate nello studio registrativo ZUMA-2», scrivono gli autori nel loro articolo. «Per quanto ne sappiamo, questo è il primo studio incentrato sui pazienti con linfoma mantellare che ricevono questo trattamento al di fuori dell’ambito di un trial clinico» randomizzato.

I ricercatori concludono, dunque, che brexu-cel rappresenta un regime di salvataggio molto efficace in questa popolazione di pazienti, inclusi quelli ad alto rischio. Tuttavia, segnalano che si sono manifestati effetti avversi gravi significativi e questo riscontro merita ulteriori indagini e attenzione.

Bibliografia
G. Iacoboni, et al. Real-world evidence of brexucabtagene autoleucel for the treatment of relapsed or refractory mantle cell lymphoma. Blood Adv. 2022. Link

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