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Tumore al seno: nuovo studio su inibitori di CDK4/6

Tumore al seno in fase iniziale: l'AIFA, l'Agenzia Italiana del Farmaco, ha approvato la rimborsabilità di abemaciclib in associazione alla terapia endocrina

Tumore al seno: varianti patogenetiche di geni correlati alla riparazione del DNA associate ad outcome peggiori con gli inibitori di CDK4/6

Nelle pazienti con carcinoma mammario avanzato trattate con inibitori di CDK4/6 (o inibitori delle cicline) la presenza di varianti patogenetiche germinali dei geni correlati alla riparazione del DNA è associata in modo indipendente a risultati peggiori di sopravvivenza. È quanto emerge da uno studio condotto nel real world e pubblicato su JCO Precision Oncology,

I ricercatori hanno analizzato 217 pazienti con carcinoma mammario avanzato positivo per i recettori ormonali ed HER2-negativo (HR+/HER2-) che erano state trattate con inibitori di CDK4/6 in combinazione con la terapia endocrina. I trattamenti includevano palbociclib, ribociclib o abemaciclib, come inibitori di CDK4/6, nonché letrozolo o fulvestrant come terapia endocrina.

La popolazione analizzata è stata stratificata in tre coorti: pazienti portatrici di varianti patogenetiche germinali nei geni correlati alla riparazione del DNA (mutazioni germinali nei geni BRCA1/2–ATM–CHEK2), pazienti non portatrici di tali mutazioni (wild-type) e pazienti che non erano state testate per queste mutazioni.

Complessivamente, 15 pazienti erano portatrici di varianti patogenetiche germinali, di cui quattro avevano alterazioni di BRCA1, sei alterazioni di BRCA2, quattro alterazioni di ATM e una alterazioni di CHEK2; 45 pazienti erano wild-type e 157 non erano state testate.

Il follow-up mediano è stato complessivamente di 41,7 mesi. La mediana di sopravvivenza libera da progressione (PFS) è risultata più breve nelle pazienti con varianti patogenetiche germinali rispetto alle pazienti wild-type o non testate: rispettivamente 10,2 mesi, 15,6 mesi e 17,6 mesi (P = 0,002).

Allo stesso modo, la mediana di sopravvivenza globale (OS) è risultata più breve nelle pazienti con varianti patogenetiche germinali rispetto alle pazienti wild-type: rispettivamente 31,4 mesi contro 49,3 mesi (P = 0,006).

Nell’ analisi multivariata, lo stato mutazionale è risultato un fattore predittivo indipendente di PFS e OS. Dopo aver aggiustato i dati in base a età, performance status, sede della malattia e terapia precedente, le pazienti wild-type hanno avuto outcome significativamente migliori rispetto alle pazienti con varianti patogenetiche germinali (HR per la PFS 0,463, con IC al 95% 0,241-0,887 e P = 0,020; HR per l’OS 0,314; IC al 95% 0,127-0,777; P = 0,012).

«I nostri risultati supportano la necessità di affrontare il problema dell’eterogeneità delle pazienti con carcinoma mammario avanzato positivo per i recettori ormonali, data la prevalenza di mutazioni germinali dei geni implicati nella ricombinazione omologa in questo sottogruppo», concludono i ricercatori, aggiungendo che «c’è urgente bisogno di comprendere gli outcome clinici in specifiche popolazioni di pazienti con tumore al seno per selezionare meglio le strategie terapeutiche».

Bibliografia
L. Bruno, et al. Cyclin-dependent kinase 4/6 inhibitor outcomes in patients with advanced breast cancer carrying germline pathogenic variants in DNA repair-related genes. JCO Precis Oncol; doi:10.1200/PO.21.00140. Link

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