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L’artista e designer Luisa Longo si racconta

luisa longo

L’artista e designer Luisa Longo racconta il suo percorso, che si snoda attraverso trent’anni di attività, con esposizioni in alcune fra le maggiori istituzioni museali internazionali

Di ritorno da Parigi dove si è appena conclusa Maison&Objet, la fiera internazionale per il design e l’arredamento, l’artista e designer Luisa Longo (www.luisalongo.com) racconta il suo percorso, che si snoda attraverso trent’anni di attività, con esposizioni in alcune fra le maggiori istituzioni museali internazionali. Figura di artista dai molteplici talenti, Luisa Longo sfugge a una definizione univoca, per abbracciare un universo creativo in cui sparisce il confine fra design, arte e alta manifattura, dando forma a un’unica ispirazione, sulla scia del concetto di opera d’arte totale della Bauhaus.

Ripercorriamo con l’artista e designer l’evoluzione della sua produzione, condotta sulla linea di una sperimentazione incessante sui materiali, soprattutto la stoffa, a partire dalla pittura sulla seta e l’organza, per poi approdare all’oggetto riproducibile attraverso processi industriali.

La sua produzione è iniziata con la collezione “Concrete swing”, opere dipinte su seta e organza che rappresentano architetture, per poi passare alla pittura astratta. Ci racconta di questa evoluzione?

Ho iniziato con Camillo Bersani ad avvicinarmi alle architetture, che avevano un grande fascino per me; rappresentavo edifici storici o modernissimi che avevo visto durante i miei viaggi ma non li raffiguravo in maniera fedele e aderente alla realtà, tornavo in Italia e dopo un po’ di tempo li riproducevo in maniera personale, avevo fatto mie quelle architetture, le avevo reinventate attraverso la memoria, erano diventate una materia viva e vibrante. E man mano che procedevo queste stesse opere si facevano sempre più astratte, perdevano la struttura e diventavano puro movimento, perché quello che mi interessava realmente erano sempre più i riflessi, la luce e gli effetti di trasparenza creati sull’organza. C’è stata una costante evoluzione nelle opere sugli edifici, i grattacieli e la serie delle biblioteche, che mi ha portata a rappresentare luoghi reali sotto forma di suggestioni cromatiche e luminose, di emozioni, attraverso un percorso per sottrazione, che dalla concretezza della materia si è evoluta in pura forma.

Allo stesso tempo dall’opera destinata al museo e alla galleria la sua produzione artistica si è evoluta in progettualità di oggetti di design di uso quotidiano, accessibili a tutti. Come mai questo cambiamento?

Non si tratta di un cambiamento, dal momento che penso che la distinzione fra opera d’arte, oggetto decorativo e oggetto di design industriale non esista. Lo si diceva già nella Bauhaus, con il concetto di opera d’arte totale, secondo cui veniva eliminata qualsiasi barriera fra processi industriali e modalità produttive manuali e si affiancavano tecniche artigianali millenarie, come quelle usate nella fiber art, a metodi moderni. Così l’arte poteva e doveva espandersi in ogni campo, si razionalizzava la tradizione artigianale con le nuove tecniche della produzione di massa, in poche parole sparivano limiti preconcetti alla possibilità di creare. A distanza di oltre un secolo dalla scuola di Gropius, questo messaggio è ancora di grande attualità. Mi ritrovo completamente nell’idea che la bellezza e il racconto che svolgo con le mie opere attraversi contesti e luoghi così diversi fra loro, musei, gallerie, per poi entrare nelle case di tutti; la bellezza deve essere di tutti.

Inoltre in un momento storico così complesso e difficile come quello che stiamo vivendo credo che siamo tutti spinti a una grande attenzione verso una dimensione più intima della vita e diamo più valore ai momenti quotidiani, così come allo spazio in cui viviamo, che ultimamente, a causa della pandemia, è diventato l’orizzonte primo del nostro vivere.

A quali artisti e correnti artistiche si sente più vicina?

Il mio lavoro si ispira molto alle opere di Marc Chagall, alla sua leggerezza, dei Simbolisti, di Odilon Redon, soprattutto di Henri Matisse per la sua modernità. Amo l’arte tessile di Maria Lai, così grafico da sembrare un disegno a china, le opere della designer e tessitrice tedesca Gunta Stölzl, la pittrice Dorothea Tanning e la designer russa Sonia Delaunay, che è stata fra le prime a concepire l’arte e le opere su stoffa in maniera trasversale e libera, per cui poteva dipingere sulla tela così come sulle carrozzerie delle automobili, realizzare coperte a maglia o disegnare abiti, il fil rouge della sua arte era inconfondibile e coerente, la sua opera è stata fondamentale. Come Delaunay anche io considero arte, textile, fashion e decór come esiti diversi di un’unica espressione creativa. La mia ricerca artistica e la mia pratica progettuale sono molto vicine a questo approccio.

Una parte integrante della sua attività è la sperimentazione sui materiali e sui colori, in particolare per la sua ultima collezione, “Hands-on”, che ha presentato a Maison&Objet, ha creato un materiale nuovo, di cosa si tratta?

A partire dall’artigianato ho voluto disegnare dei pezzi replicabili industrialmente, le tovaglie “Multipli” e placemats, per me che lavoro da trent’anni sul pezzo unico e sull’opera d’arte è stata un’esperienza completamente nuova e sorprendente. In questo caso l’obiettivo era arrivare a tutti. “Hands-on” è una collezione di opere originali realizzate a mano; dipingo sulla seta e sul lino dei motivi decorativi, poi questi tessuti vengono immersi in una soluzione particolare che li rende luminosi e morbidi come la seta, ma sono indistruttibili. Ci siamo divertiti a chiamare la collezione “Hands-on” perché ci puoi mettere le mani sopra come vuoi, senza troppo cautela, le puoi anche maltrattare, rimangono sempre setose, è un materiale straordinario.

Cosa significa essere un’artista oggi?

Per me essere un’artista significa superare questo momento storico difficile e creare una realtà parallela, fatta di sicurezze, di serenità, di equilibrio, in cui tutto trova una logica e un significato. Attraverso le mie opere vorrei condividere questo mio sentire e comunicare a tutti queste emozioni positive, cercando di entrare in contatto con gli altri. L’arte è uno strumento potentissimo per mettere in connessione le persone, al di sopra dell’individualismo, che la società propugna, oltre le differenze culturali e linguistiche. I momenti di difficoltà che ho attraversato nella vita sono stati anche di grande ispirazione, anche l’isolamento, la pandemia sono stati per me, così come per molti artisti, un’occasione non solo per una pausa introspettiva ma anche di grande produttività. In un momento storico così complesso e difficile come quello che stiamo vivendo l’arte può venirci in aiuto e sostenerci.

Ufficio stampa Sign Press

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