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Marcatori genetici del dolore: la scheda AISD

Non è facile effettuare una diagnosi precisa in presenza di dolore causato da infiammazione, a fronte della necessità di avviare il prima possibile la cura

Marcatori genetici del dolore: AISD (Associazione Italiana per lo Studio del Dolore Onlus) ha tradotto la prima scheda della IASP

L’anno mondiale contro il dolore è per il 2022 dedicato ad aumentare la consapevolezza di medici, ricercatori e pazienti sulle nuove conoscenze e su come possano essere applicate a beneficio per quanti convivono con il dolore. A tal fine la IASP (International Association for the Study of Pain) ha prodotto varie schede informative che vengono puntualmente tradotte in italiano dall’AISD (Associazione Italiana per lo Studio del Dolore Onlus). La prima scheda è dedicata ai marcatori genetici del dolore; riportiamo la traduzione di AISD e rimandiamo al sito per referenze e ulteriori approfondimenti.

Il glossario della FDA (Food and Drug Administration) “Biomarkers, EndpointS, and other Tools – BEST” definisce biomarcatore “una caratteristica definita che viene misurata come indicatore di normali processi biologici, processi patologici o risposte biologiche a un’esposizione o a un intervento, compresi gli interventi terapeutici”.

Dal momento che per le condizioni dolorose è riportata un’ereditarietà compresa tra il 16 e il 50%, una parte sostanziale del rischio di sviluppare dolore cronico è determinata da un background genetico. Per il dolore finora non sono stati identificati marcatori genetici affidabili ma sono stati identificati molti marcatori genetici associati a diverse categorie di condizioni dolorose.

Marcatori genetici per i disturbi familiari rari
Nel caso di specifiche malattie ereditarie monogeniche, le mutazioni genetiche possono essere fortemente predittive di stati dolorosi. Per esempio, le mutazioni nel gene che codifica per il canale del sodio Nav1.7 producono la perdita o l’aumento della funzione del canale, portando, rispettivamente, all’incapacità di provare dolore o a una maggiore sensibilità allo stesso con dolore urente spontaneo. Un altro esempio di analgesia dovuta a un disordine monogenico è una mutazione nonsenso nel gene NTRK1, che codifica per il recettore neurotrofico tirosin-chinasi 1, e nel gene NGF, che codifica per il fattore di crescita delle cellule nervose, proteina che si lega all’NTRK1. Sebbene oggi siano state identificate dozzine di mutazioni genetiche, mutazioni gravi che possono esacerbare il dolore o annullarlo, la prevalenza di tali disturbi familiari è estremamente bassa. Tuttavia, queste hanno fornito una visione approfondita della neurobiologia del dolore e dei bersagli terapeutici.

Marcatori genetici delle malattie comuni
Nel caso delle condizioni dolorose comuni neuropatiche, postoperatorie e muscolo-scheletriche, ogni singola variante genetica gioca un ruolo modesto, poiché queste condizioni sono per natura poligeniche e multifattoriali, e nella processazione del dolore è coinvolta un’ampia rete di gen.

Queste varianti genetiche sono di solito relativamente comuni nella popolazione generale. Alcune di queste varianti polimorfiche si trovano più spesso associate a stati di dolore cronico e talvolta a molteplici condizioni dolorose, che si è visto condividere fattori genetici. Due esempi di tali varianti polimorfiche frequentemente implicate nel dolore cronico sono quelle nel gene del recettore mu-oppioide, OPRM1, e nel gene che codifica per il canale cationico non selettivo, TRPV1. Ad esempio, è stato dimostrato che il dolore da cancro è associato alla variabilità genetica nell’OPRM1, che modula la farmacodinamica del recettore oppioide, influenzando l’efficacia sia degli oppioidi endogeni che dei farmaci analgesici oppioidi. Il TRPV1 è coinvolto nella trasmissione e nella modulazione del dolore infiammatorio. Gli studi hanno mostrato evidenze di un aumento dei livelli di TRPV1 nel contesto delle fibre nervose danneggiate e dei relativi gangli della radice dorsale. I polimorfismi di TRPV1 sono associati a stati dolorosi, per esempio, in volontari sani una variante rs8065080 (1911A>G) è stata associata a minori sensibilità al calore e nocicezione da stimolo termico indotte dalla capsaicina, suggerendo un’alterata funzione del canale.

Identificazione di nuovi bersagli farmacologici dai dati genetici
L’identificazione di varianti genetiche che contribuiscono al dolore cronico porta anche a comprendere la fisiopatologia degli stati di dolore cronico direttamente dai pazienti. Questa conoscenza può essere utilizzata per identificare nuovi approcci e bersagli farmacologici per il trattamento del dolore cronico. Per esempio, l’identificazione delle mutazioni causali nel canale del sodio Nav1.7 nei disordini ereditari legati alla trasmissione del dolore ha condotto a sforzi sostanziali per sviluppare dei bloccanti dei canali del sodio selettivi per questo sottotipo di recettore. La scoperta, attraverso molti studi genetici, del contributo critico dei polimorfismi del gene umano COMT (catecol O-metiltransferasi) nella percezione del dolore e del dolore cronico, ha portato a nuovi approcci farmacologici per il dolore attraverso studi sugli animali e successivamente in studi clinici sull’uomo. Questi studi hanno dimostrato che il propranololo, un antagonista β-adrenergico non selettivo, ampiamente utilizzato per il trattamento dell’ipertensione e dell’ansia, possiede anche efficacia clinica come trattamento per il dolore facciale cronico.

Marcatori farmacogenetici di efficacia farmacologica
Le basi genetiche della variabilità nelle risposte terapeutiche ai vari analgesici possono essere notevoli. Nel campo del dolore, l’esempio migliore è probabilmente l’effetto dei polimorfismi del citocromo P450 2D6 (CYP2D6) sull’efficacia analgesica e sulla sicurezza della codeina. Il profarmaco codeina, che viene metabolizzato in morfina dal P450-2D6, ha scarso effetto terapeutico nei pazienti che sono metabolizzatori lenti del CYP2D6 e hanno una o nessuna copia del gene, mentre nei metabolizzatori ultrarapidi, che possiedono più copie di questo gene nel loro genoma, il rischio di tossicità della morfina è maggiore.

Un altro esempio è l’associazione del polimorfismo A118G nel recettore degli oppioidi OPRM1 con il fabbisogno di oppioidi nel postoperatorio e nei pazienti oncologici. Le meta-analisi mostrano che i portatori dell’allele G (AG+GG) del polimorfismo OPRM1 A118G richiedono una quantità maggiore di oppioidi per la gestione del dolore rispetto a quelli portatori di AA, sebbene non vi sia grande differenza di dosaggio.

Marcatori farmacogenetici degli effetti avversi da farmaci
Uno dei risultati farmacogenetici più importanti per gli effetti avversi degli analgesici è la scoperta dell’associazione tra i marcatori genetici degli antigeni dei leucociti umani (allele HLA), HLA-B*15:02, e le reazioni avverse cutanee gravi indotte da farmaco (severe cutaneous adverse reactions – SCAR), vale a dire la sindrome di Stevens-Johnson o la necrolisi epidermica tossica (SJS/TEN), causate da carbamazepina e oxcarbazepina.

Entrambi i farmaci sono raccomandati come trattamento di prima linea per alcune condizioni di dolore neuropatico come la nevralgia del trigemino. Inoltre, l’allele HLA-B*15:02 è il marcatore genetico che meglio predice il rischio di SJS/TEN indotta da carbamazepina in alcuni specifici gruppi etnici dell’Asia orientale e sudorientale a causa dell’elevata frequenza di questo allele riscontrata tra queste popolazioni.

Pertanto, la FDA statunitense ha emesso un avviso nel 2007, ancora oggi in vigore, che raccomanda lo screening dell’allele HLA-B*15:02 prima del trattamento con carbamazepina in tutti i pazienti asiatici o con antenati asiatici. Inoltre, è stata trovata un’associazione moderata tra HLA-A*31:01 e il rischio di sviluppare reazioni avverse cutanee gravi alla carbamazepina nelle popolazioni giapponese, coreana e dell’Europa settentrionale, dimostrando l’utilità dei biomarcatori nel prevenire reazioni avverse ai farmaci in pazienti di etnia o discendenza specifica.

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