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Anziani e malattie cardiovascolari: attività fisica si conferma un toccasana

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L’attività fisica negli anziani si conferma efficace per ridurre gli eventi e la mortalità cardiovascolare secondo lo studio di coorte ventennale Progetto Veneto Anziani

Ai fini della prevenzione delle malattie cardiovascolari negli anziani l’attività fisica si conferma uno strumento di estrema rilevanza. Il follow-up a 20 anni dello studio di coorte Progetto Veneto Anziani (Pro.V.A) ha dimostrato che nei primi anni dell’età anziana (intorno a 70 anni) aumentare la pratica di attività fisica a un livello moderato-intenso per almeno 20 minuti al giorno si associa a una riduzione del tasso di malattie cardiovascolari e di mortalità generale.

«Le malattie cardiovascolari causano 17,9 milioni di decessi ogni anno in tutto il mondo e sono responsabili di un carico di malattie molto elevato», ricorda nell’articolo su BMJ Heart il coordinatore dello studio, professor Claudio Barbiellini Amidei, Dipartimento di Science Cardio-Toraco-Vascolari, Università di Padova. «Si ritiene che l’attività fisica contribuisca a una riduzione del rischio di malattie cardiovascolari del 30-50%. Dato l’invecchiamento della popolazione e la rilevanza delle malattie cardiovascolari per la salute pubblica, il nostro obiettivo era esaminare come le diverse traiettorie di attività fisica siano associate all’incidenza di eventi cardiovascolari negli uomini e nelle donne di età avanzata».

Lo studio Progetto Veneto Anziani
PRO.V.A è uno studio di coorte di 3099 italiani di età pari o superiore a 65 anni. Le valutazioni di base sono state effettuate tra il 1995 e il 1997, con due visite di follow-up a 4 e 7 anni. Un’anamnesi completa e un esame fisico sono stati eseguiti dai medici a tutte le visite insieme ai parametri bioumorali, agli esami radiologici e alla somministrazione di scale, test e questionari convalidati. La sorveglianza della morbilità e della mortalità per l’intera coorte è stata prorogata fino al 31 dicembre 2018 analizzando le schede di dimissione ospedaliera (SDO) e i registri di mortalità.

I dati sull’attività fisica sono stati raccolti per mezzo di un questionario al basale e al follow-up. Le informazioni relativa al tempo dedicato ogni settimana ad attività specifiche hanno permesso ai ricercatori di classificare l’attività fisica da moderata a vigorosa. Un’attività fisica moderata includeva camminare, giochi che richiedono un esercizio fisico moderato come le bocce e la pesca. L’attività fisica vigorosa includeva giardinaggio, esercizi in palestra, ciclismo, ballo e nuoto.

I partecipanti sono stati quindi definiti attivi o inattivi se impegnati in queste attività rispettivamente per ≥ 20 min/giorno o ≤ 20 min/giorno, secondo quanto previsto della raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Le traiettorie di attività fisica sono state identificate quando erano disponibili  dati da due o più visite. Sono stati definiti quattro tipi di traiettorie: stabile-basso (inattivo-inattivo); alto decrescente (attivo-inattivo); basso crescente (inattivo-attivo) e stabile-alto (attivo-attivo).

Alle visite condotte al basale al follow-up, la prevalenza di malattia cardiovascolare (CVD) è stata identificata dall’anamnesi, dagli esami fisici, dall’elettrocardiografia e dai questionari eseguiti per valutare le condizioni di salute dei partecipanti. L’analisi delle cartelle cliniche elettroniche  da gennaio 1997 a dicembre 2018) ha consentito l’identificazione di tutti i casi di malattia coronarica (CHD), insufficienza cardiaca e ictus con diagnosi ospedaliera.

I riscontri dello studio italiano
Dopo esclusione dalla coorte iniziale di 3099 adulti di età pari o superiore a 65 anni dei partecipanti con dati mancanti, sono rimasti 2754 soggetti, di cui 1398 donne (60,2%), senza differenze significative di età tra uomini e donne al basale (età media 75,1 ± 7,0 anni). Nel corso del follow-up (fino al 31 dicembre 2018) sono stati osservati 1037 eventi cardiovascolari.

Durante il follow-up, i tassi di CHD e di insufficienza cardiaca sono stati inferiori per i soggetti (sia uomini sia donne) maggiormente attivi. Più in dettaglio, l’attività fisica era associata negli uomini a un rischio significativamente minore di CVD (HR 0,74; IC al 95% 0,58-0,94), CHD (HR 0,66; IC al 95% 0,50-0,87) e insufficienza cardiaca (HR 0,72; IC al 95% 0,53-0,98).

L’attività fisica era associata a un rischio significativamente ridotto di mortalità complessiva sia negli uomini sia nelle donne (HR 0,72; IC al 95% 0,62 – 0,84 e HR 0,81; IC al 95% 0,72 – 0,92, rispettivamente). «Per quanto riguarda l’associazione dell’attività fisica a diverse età con il rischio di qualsiasi esito cardiovascolare, abbiamo riscontrato rischi significativamente ridotti tra gli uomini, solo all’età di 70 anni (HR 0,58; IC al 95% 0,39-0,84) e una tendenza forte verso la significatività statistica all’età 75 anni (HR 0,74; IC al 95% 0,52 -1,05)», riportano gli autori. L’attività fisica non si è tuttavia associata a una riduzione del rischio di ictus in nessuna delle analisi.

È stata osservata una riduzione del rischio di CHD e di insufficienza cardiaca particolarmente marcata per un’attività fisica da moderata a vigorosa condotta per un periodo compreso tra 20 e 40 minuti al giorno. La riduzione del rischio di qualsiasi evento cardiovascolare associato ad almeno 20 minuti di attività fisica al giorno era più marcata nei soggetti di 70 anni di età e solo moderatamente ridotta in quelli di età di 75 anni, mentre non è stata osservata alcuna correlazione significativa a 80 e 85 anni.

Differenze tra i sessi
Dopo stratificazione per sesso, l’associazione era più pronunciata negli uomini solo per CHD e insufficienza cardiaca.  Sebbene la riduzione del rischio non fosse significativa tra le donne più attive fisicamente, i tassi di CHD e di insufficienza cardiaca erano comunque inferiori per le partecipanti con tendenza del livello di attività fisica da basso ad aumentato e stabile-alto, in contrapposizione a quelle con tendenza del livello di attività fisica da alto a ridotto e stabile-basso.

Quando queste traiettorie sono state valutate per le diverse età al basale, è stata riscontrata una tendenza significativa alla riduzione dei rischi di qualsiasi evento cardiovascolare maggiore tra gli uomini di età tra 70 e 75 anni (p = 0,002 e p=0,025, rispettivamente).

Alla stratificazione per età delle donne, l’associazione tra livelli crescenti di attività fisica e qualsiasi esito cardiovascolare non ha raggiunto la significatività statistica, mentre il rischio di mortalità complessiva è stato ridotto significativamente.

Le considerazioni di un editoriale di commento allo studio
In un editoriale di accompagnamento, Enrico Fabris e Gianfranco Sinagra (Dipartimento Cardiotoracovascolare, Università di Trieste), notano che non vi è stato alcun impatto dell’esercizio sulla riduzione dell’ictus nonostante il fatto che l’ictus condivida numerosi fattori di rischio comuni con la cardiopatia ischemica. Una ragione di ciò, dicono gli editorialisti, potrebbe essere la maggiore prevalenza di fibrillazione atriale nelle persone anziane, con la possibilità che l’ictus cardioembolico possa diluire l’effetto dell’esercizio sull’insorgenza generale di eventi cerebrovascolari in tarda età.

Il commento e le conclusioni degli autori
«Alla luce dei risultati emersi dal nostro studio, l’aumento dei livelli di attività fisica e la persistenza in uno stile di vita attivo nel tempo sembrano essere associati a un ridotto rischio di CVD in età avanzata», commenta Barbiellini Amidei. «I tassi di incidenza degli eventi cardiovascolari erano sempre più bassi tra uomini e donne attivi, così come i rischi complessivi di mortalità, simili a quelli riportati in precedenti studi.  Questi risultati – conclude il clinico – suggeriscono che le politiche di salute pubblica dovrebbero promuovere l’attività fisica soprattutto all’inizio dell’età anziana piuttosto che in tarda età. Almeno 20 minuti di attività fisica moderata o vigorosa al giorno dovrebbero essere raccomandati per massimizzare i benefici cardiovascolari».

Fonti
Amidei CB, Trevisan C, Dotto M, et al. Association of physical activity trajectories with major cardiovascular diseases in elderly people. Heart. 2022;Epub ahead of print. Link

Fabris E, Sinagra G. Physical activity in older people: better late than never, but better early than late. Heart. 2022;Epub ahead of print. Link

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