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Curare la depressione è utile a prevenire l’Alzheimer

Un nuovo studio pubblicato online su "Biological Psychiatry" ha evidenziato prove genetiche di un ruolo causale della depressione nello sviluppo dell'Alzheimer

Un nuovo studio pubblicato online su “Biological Psychiatry” ha evidenziato prove genetiche di un ruolo causale della depressione nello sviluppo dell’Alzheimer

I ricercatori sanno da tempo che la depressione è associata alla malattia di Alzheimer (AD), ma la ricerca di un nesso causale è stata finora elusiva. Utilizzando recenti dati disponibili, un nuovo studio – pubblicato online su “Biological Psychiatry” – ha ora effettivamente evidenziato prove genetiche di un ruolo causale della depressione nello sviluppo dell’AD.

Poiché la depressione colpisce tipicamente individui giovani o nella mezza età mentre la demenza si presenta spesso in età avanzata, «è interessante vedere una connessione tra le due malattie cerebrali che si manifestano in diverse finestre temporali» sostengono gli autori della ricerca, coordinati da Aliza P. Wingo, professore associato di psichiatria e scienze comportamentali alla Emory University di Atlanta.

«Se si fosse in grado di trattare la depressione all’inizio, potremmo aiutare a ridurre il rischio di demenza nei pazienti più tardi nella vita» sottolineano

Polimorfismi a singolo nucleotide condivisi, la base genetica della correlazione
Il gruppo di ricercatori guidati da Wingo, tutti afferenti all’Emory University Center for Neurodegenerative Disease, hanno inteso chiarire il fondamento genetica alla base dell’associazione tra il legame stabilito tra depressione e rischio di demenza.

A tale scopo, hanno utilizzato i dati dei più grandi e recenti studi di associazione genome-wide (GWAS). Questi includevano un’analisi del 2019 della depressione in 807.553 individui e uno studio del 2019 sull’AD in 455.258 individui, tutti di origine europea. Per le analisi di sensibilità, Wingo e colleghi hanno utilizzato i risultati di due GWAS AD aggiuntivi.

I ricercatori hanno anche avuto accesso a campioni di cervello post mortem dei partecipanti al Religious Orders Study (ROS) e al Rush Memory and Aging Project (MAP). Questi partecipanti erano cognitivamente normali al momento dell’arruolamento, sottoposti a valutazioni cliniche annuali e hanno accettato di donare il loro cervello.

Hanno anche valutato campioni di cervello donati dai partecipanti allo studio longitudinale del Banner Sun Health Research Institute sull’invecchiamento sano, l’Alzheimer e la malattia di Parkinson.

I campioni autoptici di cervello hanno permesso ai ricercatori di utilizzare dati proteomici cerebrali profondi per aiutare a determinare i legami molecolari tra depressione e AD. Dopo il controllo di qualità, l’analisi ha incluso 8.356 proteine in 391 partecipanti ROS/MAP e 7.854 proteine in 196 partecipanti allo studio Banner.

I risultati hanno mostrato una piccola ma significativa correlazione genetica positiva tra depressione e AD, suggerendo che le due condizioni avessero una base genetica condivisa. I ricercatori hanno anche applicato la randomizzazione mendeliana per determinare la causalità tra depressione e AD.

Dopo aver valutato l’effetto di 115 polimorfismi a singolo nucleotide (SNP) indipendenti dal GWAS della depressione, hanno scoperto prove significative «che gli SNP causano depressione, che a sua volta causa AD» scrivono Wingo e colleghi.

Rapporto non biunivoco tra le due patologie
I ricercatori hanno condotto la stessa analisi su 61 SNP significativi dal GWAS di AD, ma non hanno trovato prove per concludere che l’AD causasse depressione. «Abbiamo trovato prove genetiche a sostegno di un ruolo causale della depressione nell’AD ma non viceversa» ribadiscono gli autori.

Inoltre, i ricercatori hanno identificato 75 trascrizioni cerebrali (RNA messaggero) e 28 proteine cerebrali regolate dalle varianti genetiche predisponenti alla depressione. Di questi, 46 trascrizioni cerebrali e sette proteine erano significativamente associate ad almeno una caratteristica di AD –  per esempio, beta-amiloide, grovigli tau e traiettoria cognitiva.

«Questi risultati supportano l’ipotesi che le varianti del rischio di depressione contribuiscano all’AD attraverso la regolazione dell’espressione delle loro trascrizioni corrispondenti nel cervello» scrivono i ricercatori.

«È solo di recente che studi abbastanza ampi hanno permesso ai ricercatori un potere sufficiente per raggiungere queste conclusioni» spiegano Wingo e colleghi. «Queste ulteriori “intuizioni” sulla relazione tra depressione e AD potrebbero “motivare” ulteriormente i medici a selezionare e trattare i sintomi depressivi».

I nuovi risultati hanno anche implicazioni per lo sviluppo di terapie per il trattamento della depressione, sostengono. «Se si sviluppano farmaci mirate ai geni che codificano per le proteine del cervello che sono a rischio condiviso di depressione e AD, questi farmaci potrebbero mitigare il rischio di AD in seguito».

Tuttavia, gli investigatori consigliano cautela. «Molto di questo ambito di ricerca è ancora sconosciuto» precisano. Per esempio, non è chiaro se trattare con successo la depressione mitighi l’eventuale rischio di demenza: «un argomento di indagine molto importante, su cui continuiamo a lavorare» evidenziano, aggiungendo che un numero significativo di pazienti non risponde bene agli antidepressivi esistenti come gli inibitori del reuptake della serotonina (SSRI).

Percorso seguito anche dall’Alzheimer’s Association
«Questi risultati appena pubblicati rafforzano la nostra comprensione del ruolo della depressione come fattore di rischio per l’AD» commenta Claire Sexton, direttore dei programmi scientifici e di sensibilizzazione dell’Alzheimer’s Association.

Mentre gli esperti non comprendono ancora appieno l’impatto del trattamento della depressione sul rischio di demenza, «questi dati sottolineano l’importanza di valutare lo stato di salute mentale, in particolare la depressione, e di diagnosticarlo correttamente e trattarlo in modo tempestivo» aggiunge.

Tuttavia, conviene che sono necessarie ulteriori ricerche in questo settore. «È importante sottolineare che questi risultati hanno bisogno di essere replicati in popolazioni di studio più ampie e diversificate» ribadisce Sexton.

Uno studio finanziato dall’Alzheimer’s Association può fornire maggiori informazioni sul legame tra depressione e AD. Studierà se l’apprendimento automatico, una tecnica informatica avanzata, può prevedere meglio il declino cognitivo, rispetto ai metodi tradizionali.

Per un periodo di 6 mesi, i ricercatori raccoglieranno conversazioni su smartphone da 225 anziani con demenza, decadimento cognitivo lieve o nessun deterioramento cognitivo. Avranno anche dati da test cognitivi, scansioni cerebrali e biomarcatori come campioni di liquido cerebrospinale per studiare i cambiamenti cerebrali associati all’AD.

Il nuovo metodo di analisi dovrebbe essere in grado di identificare sottili differenze nella qualità del linguaggio per indicare quali sintomi depressivi un individuo potrebbe sperimentare. «Lo studio potrebbe aiutarci a comprendere ulteriormente il potenziale impatto della depressione nel rischio di sviluppare demenza» spiega Sexton.

Riferimento bibliografico:
Harerimana NV, Liu Y, Gerasimov ES, et al. Genetic evidence supporting a causal role of depression on Alzheimer’s disease. Biological Psychiatry, 2021 Dec 16. doi: 10.1016/j.biopsych.2021.11.025. Leggi

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