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Cattiva qualità del sonno e Alzheimer sono legati

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La cattiva qualità del sonno può portare ad alterazioni del metabolismo cerebrale, alcune delle quali simili a quelle della malattia di Alzheimer

La cattiva qualità del sonno è un problema sempre più diffuso, soprattutto a livello dei giovani, e questo sta generando preoccupazioni sulle potenziali ripercussioni a livello neurologico. Ora una ricerca condotta dall’I.R.C.C.S. Neuromed di Pozzilli (IS) su modelli animali mostra che un sonno frammentato può effettivamente portare ad alterazioni del metabolismo cerebrale, alcune delle quali simili a quelle della malattia di Alzheimer. La chiave del fenomeno sarebbe da ricercare nell’instaurarsi di una condizione di stress neurologico.

Pubblicata sulla rivista scientifica Frontiers in Aging Neurosciences, la ricerca, che vede la collaborazione del Tongji Medical College e della Huazhong University of Science and Technology (HUST) di Wuhan, in Cina, ha impiegato tecnologie di Tomografia a emissione di positroni (PET) di ultima generazione per valutare diversi parametri del metabolismo nervoso degli animali sottoposti a interruzioni del sonno.

“Dopo un mese e mezzo di sonno frammentato – dice Nicola D’Ascenzo, professore nel Dipartimento di Ingegneria Biomedica della HUST e Responsabile del Dipartimento di Fisica Medica ed Ingegneria del Neuromed – nel cervello degli animali abbiamo riscontrato la presenza della proteina tau-iperfosforilata (p-tau) assieme a segni di gliosi”.

Sia la presenza della p-tau che il fenomeno della gliosi (nel corso del quale la distruzione delle cellule nervose si accompagna alla formazione di una sorta di cicatrice) sono segni caratteristici della malattia di Alzheimer.

“D’altro canto – continua D’Ascenzo – abbiamo riscontrato un aumento del consumo di glucosio da parte dei neuroni, che nell’Alzheimer dovrebbe diminuire. Sappiamo però che il consumo di glucosio aumenta in condizioni di stress cellulare. Pensiamo quindi che il sonno disturbato abbia creato una situazione di stress che induce alterazioni simili a quelle di una patologia neurodegenerativa. Stiamo ora pianificando ulteriori ricerche, che si avvarranno delle grandi possibilità offerte dall’infrastruttura di ricerca europea ‘Eurobioimaging’, della quale Neuromed è nodo. La domanda alla quale cercheremo di rispondere è se la condizione di stress, protratta nel tempo, possa far diventare definitive le alterazioni osservate, portando alla malattia vera e propria”.

Le implicazioni per la salute potrebbero essere rilevanti, come sottolinea il ricercatore: “Qui non stiamo parlando di durata del sonno, ma della sua qualità. Facciamo l’esempio di un messaggio che arriva sul cellulare: magari il ‘beep’ non causerà un risveglio vero e proprio, ma comunque disturberà il sonno. E sappiamo che è molto diffusa, soprattutto nei giovani, l’abitudine di lasciare il cellulare acceso durante la notte, con i vari social che mandano continuamente messaggi”.

Lo studio nasce nell’ambito di un progetto internazionale tra Italia e Cina finanziato dai Ministeri degli Affari Esteri dei due Paesi (MAECI Great Relevance 2019 contributions Italy-China (Grant No. PGR00846).

Ba, L., Huang, L., He, Z., Deng, S., Xie, Y., Zhang, M., …, D’Ascenzo, N. & Ding, F. (2021). Does Chronic Sleep Fragmentation Lead to Alzheimer’s Disease in Young Wild-Type Mice. Front. Aging Neurosci. 13: 759983.

DOI: https://doi.org/10.3389/fnagi.2021.759983

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