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Lupus: nuove conferme sui benefici di anifrolumab

I pazienti con Lupus eritematoso sistemico hanno un rischio di infezioni gravi che necessitano di ospedalizzazione da 2 a 4 volte più elevato

Lupus: il trattamento con anifrolumab 300 mg sembra assicurare un beneficio clinicamente significativo ed è generalmente ben tollerato

Il trattamento con anifrolumab 300 mg sembra assicurare un beneficio clinicamente significativo ed è generalmente ben tollerato nei pazienti con LES, indipendentemente dall’esposizione pregressa ai farmaci biologici. Questo il responso di un’analisi in pool dei dati degli studi registrativi TULIP-1 e 2 sull’impiego di anifrolumab nel LES, che sembrano dipanare alcune preoccupazioni (rivelatesi infondate) sull’impiego del farmaco in relazione all’utilizzo pregresso di farmaci biologici.

Informazioni su anifrolumab e sugli studi TULIP 1 e 2
Anifrolumab è un anticorpo monoclonale completamente umanizzato che si lega alla sottounità 1 del recettore dell’interferone di tipo I, bloccando l’attività di tutti gli interferoni di tipo I. Gli interferoni di tipo I come IFN-alpha, IFN-beta e IFN-kappa sono citochine coinvolte nella regolazione dei percorsi infiammatori interessati dal lupus. La maggior parte dei pazienti adulti con lupus ha un aumento di attività a livello della via dell’IFN di tipo I che ha dimostrato essere correlata all’attività e alla gravità della malattia.

Il programma di Studi clinici di Fase III TULIP (Treatment of Uncontrolled Lupus via the Interferon Pathway) include due Studi, TULIP-1 e TULIP-2, che hanno valutato l’efficacia e la sicurezza di anifrolumab rispetto al placebo. Entrambi gli studi erano randomizzati, in doppio-cieco, controllati con placebo, in pazienti con LES da moderato a grave sottoposti a trattamento standard. Il trattamento standard comprendeva corticosteroidi orali (OCS), antimalarici e immunosoppressori (metotrexato, azatioprina o micofenolato mofetile, conosciuto come MMF).

Nello studio TULIP-1, 457 pazienti sono stati randomizzati (1:2:2) e hanno ricevuto una dose fissa di 150mg con anifrolumab, 300mg con anifrolumab o placebo ogni 4 settimane somministrata per via intravenosa, in aggiunta allo standard di cura. Lo studio non ha raggiunto il proprio l’endpoint primario, basato sulla misurazione composita dello LES Responder Index 4 (SRI4).

Lo studio TULIP-2 ha valutato l’effetto di anifrolumab nel ridurre l’attività della malattia valutata in base alla scala BILAG-Based Composite Lupus Assessment (BICLA). TULIP-2 ha dimostrato la superiorità di anifrolumab rispetto al placebo nei multipli endpoint di efficacia per entrambi i bracci che hanno ricevuto la terapia standard. Nello studio, 362 pazienti sono stati randomizzati (1:1) e hanno ricevuto una dose fissa di 300 mg di anifrolumab somministrata per via intravenosa o placebo ogni 4 settimane.

Obiettivi e disegno dell’analisi post-hoc
Al di là delle differenze tra i due trial, anifrolumab ha migliorato l’attività di malattia nei pazienti con LES in entrambi gli studi TULIP.

L’obiettivo di questa analisi post-hoc dei dati in pool degli studi TULIP è stato quello di verificare se una esposizione pregressa ai farmaci biologici potesse avere un impatto sull’efficacia e la safety di anifrolumab.

L’analisi ha incluso pazienti trattati con anifrolumab 300 mg endovena o con placebo a cadenza mensile per 48 settimane  nei due trial, aventi entrambi la durata di un anno. Per essere eleggibili all’inclusione in uno dei due trial, i pazienti dovevano soddisfare i criteri ACR 1997 per il LES, essere affetti da malattia lupica di grado moderato-severo. A questi era consentito un uso pregresso di farmaci biologici, accompagnato da un periodo di “washout” della durata di 3-6 mesi, indipendentemente dalla ragione di interruzione del trattamento in essere.

I pazienti sono stati divisi in due sottogruppi in base all’utilizzo pregresso o meno di farmaci biologici (almeno uno o 0 farmaci immunomodulatori biologici pregressi, rispettivamente).

Le misure di efficacia erano rappresentate da:
– Risposta BILAG-BICLA ad un anno
– Risposta (SRI[4]) ad un anno
– Riduzione sostenuta di glucocorticoidi (GC) orali (≤7,5 mg/die prednisone equivalenti, settimane 40−52, in caso di ≥10 mg/die al basale)
– Tasso annualizzato recidive fino ad un anno

Risultati principali
L’analisi ha preso in considerazione 145 pazienti che erano stati sottoposti a trattamento pregresso con farmaci biologici prima della randomizzazione in uno dei due studi (anifrolumab= 75 pazienti; placebo= 70 pazienti) e 581 pazienti naive ai biologici (anifrolumab= 285 pazienti; placebo= 296 pazienti).

I farmaci biologici utilizzati prima della randomizzazione in uno dei due trial TULIP erano rappresentati dal belimumab (n=70), da epratuzumab (n=49), da tabalumab (n=18) o da rituximab (n= 14).

Le caratteristiche demografiche iniziali, come quelle di malattia e i trattamenti non biologici impiegati nel trattamento del LES erano simili tra gruppi.

Tuttavia, rispetti ai pazienti naive ai biologici, gli altri presentavano tempi di diagnosi di malattia più lunghi, erano prevalentemente di nazionalità Usa o canadese, avevano un punteggio SLICC/ACR relativo al danno lupico pari o superiore a 1, erano positivi per la presenza di anticorpi anti-dsDNA, esprimevano la cosiddetta firma genica del gene dell’interferone e, last but not least, avevano minori probabilità di presentare articolazioni tumefatte/dolenti.

Lo studio ha mostrato un numero più basso di risposte al placebo (malattia potenzialmente più refrattaria) nei pazienti che avevano fatto un uso pregresso di biologici rispetto ai pazienti naive a questi farmaci (fig.1).

Anifrolumab è risultato associato con differenze di trattamento paragonabili/di entità maggiore rispetto al placebo (∆) nei pazienti sottoposti a trattamento pregresso con biologici vs. pazienti naive in un ampio spettro di endpoint, compreso il BICLA (∆=19,4 vs ∆=16,6), la risposta SRI(4) (∆=25,3 vs ∆=9,1), e i pazienti che riducevano la posologia di somministrazione dei GC (∆=24,7 vs ∆=17,5).

L’incidenza di eventi avversi seri è risultata maggiore nei pazienti sottoposti a trattamento pregresso con biologici rispetto ai pazienti naive sia nel gruppo anifrolumab che in quello placebo.

L’incidenza di herpes zoster è risultata maggiore con anifrolumab vs. placebo in entrambi i sottogruppi di pazienti considerati (esposizione pregressa a biologici o naive al trattamento con questi farmaci).

Considerazioni conclusive
Nel complesso, i dati di quest’analisi post-hoc che ha messo in pool i dati dei trial TULIP 1 e 2 hanno dimostrato che anifrolumab 300 mg garantisce un beneficio clinicamente significativo rispetto al placebo in un ampio spettro di endpoint di efficacia, indipendentemente da un trattamento pregresso o meno con farmaci biologici. Quanto alla safety, il farmaco risulta anche essere generalmente meglio tollerato.

Pertanto, anifrolumab si configura come un’opzione per i pazienti refrattari ad altri farmaci biologici, dato che il profilo di safety non è risultato differente in base all’uso pregresso o meno di farmaci biologici.

Bibliografia
Furie R et al. Efficacy of Anifrolumab in Patients with SLE Previously Treated with Biologics: Post Hoc Analysis of Data from 2 Phase 3 Trials. [abstract 1740]. Arthritis Rheumatol. 2021; 73 (suppl 10).

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