Site icon Corriere Nazionale

Con i vaccini a mRNA meno anticorpi nei malati oncologici

donne oblio oncologico real world malnutrizione pazienti oncologici aiom screening nutrizionali indennizzi

I pazienti oncologici hanno risposte più basse ai vaccini a mRNA Pfizer/BioNTech BNT162b2 e Moderna mRNA-1273 secondo nuovi studi

Dopo intensa e proficua ricerca scientifica, sono ora disponibili vaccini per combattere le infezioni da sindrome respiratoria acuta grave da coronavirus 2 (SARS-CoV-2). SARS-CoV-2 è l’agente causale della pandemia di malattia da coronavirus 2019 (COVID-19).

Nonostante i recenti sviluppi, è cruciale determinare se la vaccinazione contro SARS-CoV-2 sia efficace nei pazienti immunocompromessi.

Un nuovo studio ha analizzato la risposta degli anticorpi neutralizzanti in pazienti oncologici con diagnosi di leucemia linfatica cronica (CLL), tumore del polmonetumore della mammella e vari linfomi non-Hodgkin (NHL), dopo la somministrazione di due dosi di vaccino a RNA messaggero (mRNA).

I vaccini a mRNA Pfizer/BioNTech BNT162b2 e Moderna mRNA-1273 sono stati sviluppati in tempi molto brevi per riuscire a contenere la diffusione del virus SARS-CoV-2. Tuttavia, gli studi clinici presentavano un limite non indifferente costituito dal fatto che non era stata testata l’efficacia sulle popolazioni vulnerabili, tra questi i pazienti immunocompromessi. In un momento in cui le misure di salute pubblica vengono alleggerite e i tassi di vaccinazione aumentano, si presenta la necessità di determinare l’efficacia della vaccinazione anti SARS-CoV-2 in questi pazienti.

I trapiantati d’organo, che sono in terapia immunosoppressiva per prevenire il rigetto, hanno già mostrato risposte ridotte alla vaccinazione contro SARS-CoV-2. Un’altra popolazione critica comprende i malati oncologici. A causa delle terapie immunomodulanti, i pazienti affetti da cancro possono non sviluppare la risposta desiderata al vaccino a mRNA. È perciò importante comprendere i fattori che contribuiscono alla risposta dei pazienti oncologici alla vaccinazione per aiutare nell’elaborazione di strategie efficaci, come tempi di somministrazione, dosi di richiamo, ecc.

In questo studio, pubblicato sul server di prestampa medRxiv*, i ricercatori hanno coinvolto 160 pazienti oncologici (54 con leucemia linfatica cronica, 45 con linfomi non-Hodgkin, 29 con tumore del polmone, 30 con tumore della mammella, e 2 con tumore della mammella e leucemia linfatica cronica). Ed è stata individuata, come gruppo di controllo, una coorte indipendente costituita da 46 operatori sanitari senza storia di cancro. L’età mediana dei sanitari era 38 anni, mentre quella del gruppo di trattamento era 66. Nessuno dei partecipanti era risultato positivo a COVID-19.

In totale, 94 pazienti oncologici e 24 sanitari sono stati immunizzati con il vaccino BNT162b2, mentre gli altri avevano ricevuto il vaccino mRNA-1273. Sono stati raccolti campioni di siero di 159 pazienti oncologici tra il giorno 31 e il giorno 232 dopo la seconda dose. Nei sanitari i campioni di siero sono stati raccolti 6 mesi dopo la seconda dose. I ricercatori hanno analizzato i sieri per determinare i titoli di anticorpi neutralizzanti (NT), utilizzando l’esame basato sul principio della luminescenza con Gaussia-luciferasi.

I ricercatori hanno comparato i titoli di anticorpi neutralizzanti dei pazienti oncologici con quelli dei sanitari (gruppo di controllo): il primo gruppo ha mostrato risposte anticorpali ridotte rispetto ai controlli. La differenza è stata osservata nonostante un tempo mediano più breve, dopo la seconda dose del vaccino, nei pazienti oncologici rispetto ai sanitari.

I pazienti con leucemia linfatica cronica hanno mostrato la risposta di anticorpi neutralizzanti più bassa. Il 61% dei pazienti ha esibito valori non rilevabili di NT50, mentre le percentuali erano del 49%, 31% e 28% rispettivamente per i linfomi non-Hodgkin, tumore del polmone e tumore della mammella. La media dei valori di NT50 nei pazienti con leucemia linfatica cronica e con linfoma non-Hodgkin era ~2,6 volte più bassa di quella dei pazienti con tumori solidi, in linea con i risultati che indicavano risposte immunitarie umorali deboli indotte dall’infezione di SARS-CoV-2 nei pazienti con tumori ematologici. Pochi pazienti con leucemia linfatica cronica avevano titoli più alti, nessuno tra quelli con linfoma non-Hodgkin.

In seguito, i ricercatori hanno esaminato l’effetto della terapia mirata verso le cellule B sulla risposta di anticorpi neutralizzanti. Il trattamento comprendeva gli anticorpi anti-CD20 obinutuzumab e rituximab, oltre agli inibitori BTK ibrutinib, zanubrutinib, pirtobrutinib e acalabrutinib. Gli autori hanno anche osservato che i pazienti con leucemia linfatica cronica e linfomi non-Hodgkin, in terapia contro le cellule B, mostravano risposte anticorpali neutralizzanti al vaccino a mRNA ridotte di 2,7 volte e 3,1 volte, rispetto ai pazienti non trattati con terapia anti-cellule B.

Gli autori hanno infine considerato altri fattori che potrebbero influenzare la stimolazione immunitaria, come il genere e l’età. Hanno inoltre osservato che il vaccino mRNA-1273 era superiore a BNT162b2. I valori NT50 erano 2,8 volte nei sanitari e 2,1 volte nei pazienti oncologici vaccinati con mRNA-1273, rispetto a quelli immunizzati con BNT162b2. Non è stata osservata alcuna correlazione tra età e valori NT50 nei pazienti affetti da cancro. In particolar modo, i ricercatori hanno osservato che le pazienti donna mostravano un livello più alto di neutralizzazione virale rispetto agli uomini.

Utilizzando un dosaggio basato sul principio della luminescenza con Gaussia-luciferasi, gli autori hanno esaminato la risposta degli anticorpi neutralizzanti dei pazienti oncologici. I risultati, insieme a quelli di altri studi complementari recenti, dovrebbero fornire informazioni per lo sviluppo di nuove strategie di immunizzazione per i pazienti oncologici.

Le dosi ‘booster’ di vaccino possono rendersi necessarie per i pazienti con tumori ematologici, come leucemia linfatica cronica e linfoma non-Hodgkin, perché hanno probabilità ridotte di rispondere al vaccino a mRNA.

Per meglio proteggere la popolazione immunocompromessa, è necessario condurre ulteriori ricerche per comprendere la durata dell’immunità vaccinale e l’efficacia delle dosi ‘booster’.

Sono importanti inoltre ulteriori ricerche per determinare la qualità e la durata delle risposte antigene-specifiche delle cellule T e B di memoria.

I risultati presentati in questo studio possono fornire importanti informazioni virologiche e immunologiche per la salvaguardia delle popolazioni vulnerabili.

*Nota

medRxiv pubblica i report scientifici preliminari non ancora sottoposti a revisione che non vanno quindi intesi come conclusivi, guide di condotta clinica o informazioni definite

Bibliografia
Exit mobile version