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BAOBAB è lo studio sui figli dei pazienti con SLA

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SLA, presentato lo studio BAOBAB sui figli dei pazienti: il progetto è frutto dell’impegno di AISLA e Università di Padova

D’ora in poi una pagina concreta della letteratura scientifica sulla sclerosi laterale amiotrofica (SLA), porta il nome di BAOBAB. È stato presentato, in diretta streaming, lo studio pubblicato sulla prestigiosa rivista Scientific Reports di Nature che è frutto di un lavoro voluto da AISLA, Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica, con il sostegno di Fondazione Mediolanum Onlus e condotto dalla Scuola di Psicologia dell’Università di PadovaLa SLA modifica radicalmente la vita di chi ne è colpito e dell’intero nucleo famigliare. Ma quando sono presenti dei minori, qual è il loro impatto con il dolore? Quali sono gli aspetti che incidono sulla loro crescita emotiva? E come è possibile sostenerli?

L’idea del nome del progetto nasce dal libro di Saint-Exupéry “Il piccolo Principe”: Con la figura del Baobab si vuole rappresentare la SLA che, se non viene “curata” in tutti i suoi aspetti, può prendere il sopravvento nella vita delle persone che ne sono coinvolte.

La SLA apporta modifiche radicali per tutti i familiari e sui minori in modo particolare. Infatti, i risultati dello studio rappresentano la realtà quotidiana che i “figli dei malati di SLA” devono affrontare ogni giorno, costretti a crescere più in fretta degli altri ma che per nessun motivo al mondo devono rinunciare ai loro sogni. Bisogna allora chiedersi quale sia l’impatto nei confronti del dolore e capire come questi cambiamenti e responsabilità possano incidere sulla loro crescita emotiva.

Come poterli aiutare ad affrontare una situazione difficile senza creare loro problemi di socializzazione e personali?  L’occasione della Giornata Internazionale dei Diritti dell’infanzia e dell’adolescenza rappresenta la cornice adeguata per parlare dei diritti che riguardano non solo i “figli della SLA”, ma di tutti quei bimbi che devono affrontare in famiglia malattie così complesse e, per certi aspetti, prepotenti. Ne è testimone Benedetta Signorini. Con la convinzione che solo condividendo è possibile affrontare la malattia, oggi ha voluto essere presente per raccontare la sua esperienza di figlia di Gianluca Signorini, l’indimenticato capitano del Genoa.

“Ascolto, comprensione e supporto, sono queste le azioni di cui hanno bisogno i nostri bimbi”, dichiara Fulvia Massimelli, presidente AISLA. “Così come raccontato nella favola, con questo progetto AISLA si impegna ad attivare tutte le condizioni necessarie per fortificare i figli della SLA, custodire i loro sogni e proteggere il loro futuro”.

Coordinato dalla dr.ssa Gabriella Rossi, lo studio, durato tre anni, si è avvalso della supervisione scientifica della prof.ssa Ines Testoni, direttore del master Death Studies and the End of Life, e della collaborazione della dott.ssa Lucia Ronconi, esperta di analisi statistica dei dati. Il gruppo di lavoro è stato valorizzato dai contributi delle dr.sse Lorenza Palazzo e Jenny Ferizoviku e del dr. Jose Ramon Pernia MoralesLa ricerca ha osservato nei bambini e adolescenti il processo di Costruzione del Sé che avviene in età evolutiva. In particolare, lo studio ha posto l’attenzione su quelle che sono le dimensioni essenziali per la definizione della nostra identità personale e sociale come l’attaccamento nei confronti dei genitori; l’affettività; la capacità di adattamento e resilienza; il concetto di morte, lo sviluppo socio-emotivo e il livello di autostima. Sono state rilevate debolezze, ma anche molti punti di forza.

“Ringrazio AISLA che nel 2018 ci ha dato la possibilità di far nascere il Progetto BAOBAB – prosegue Sara Doris, presidente esecutivo di Fondazione Mediolanum Onlus – esempio concreto di come, insieme, si possano raggiungere risultati importanti. Ma la gioia più grande è pensare di aver contribuito a dare un supporto a questi ragazzi coraggiosi che quotidianamente affrontano con resilienza la loro situazione famigliare.”

Nel progetto sono stati coinvolti 25 nuclei familiari per un totale di 38 bambini e adolescenti dai 7 ai 18 anni e con un familiare affetto da SLA (genitori, nonni, zii). I risultati dello studio hanno evidenziato come il 53% dei soggetti osservati presentino criticità relative all’autostima e alle competenze socio-emotive. Quindi si comprende come la presenza della patologia può rendere meno sicuro il bambino.

Rispetto ai coetanei del gruppo di controllo che è stato coinvolto nello studio e che non vivono tale situazione, è stato osservato come i bimbi con un familiare malato possano avere maggiore difficoltà a sviluppare un’affettività positiva. Questo significa che, nella loro crescita, potrebbero avere maggiori ostacoli nell’esternare le proprie emozioni e, quindi, limitare la capacità di socializzazione.

È anche importante rilevare, però, che questi figli hanno un elevato grado di autonomia e che, nel tempo, questa capacità di reagire nel quotidiano si trasforma in problem solving. Non solo, pur nella consapevolezza della malattia, sono bimbi coraggiosi che riconoscono il valore della famiglia, ad oggi non sempre scontato, dimostrando di essere capaci di collaborare e di mantenere viva la speranza. A tale proposito, anche il vissuto della morte è stato indagato ed è emerso che, tutti i 38 bambini seguiti durante lo studio osservazionale, percepiscono questo evento come un passaggio e non come la fine della vita stessa.

“La pandemia ha avuto un ruolo fondamentale in questa ricerca che è stata disposta proprio durante il periodo di maggiore emergenza sanitaria”, sottolinea la prof.ssa Ines Testoni. “L’impatto del lockdown ha confermato il ruolo fondamentale che le attività scolastiche, sportive e artistiche svolgono nella vita di bambini e adolescenti che diventa ancor più essenziale per le famiglie che convivono con malattie così ingombranti come la SLA”.

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