La terapia antiretrovirale a base di darunavir, cobicistat, emtricitabina e TAF è efficace e sicura nel trattamento delle persone con Hiv ed è attualmente una strategia cardine della terapia dell’HIV in quanto consente la mono-somministrazione giornaliera in singola compressa, importante per mantenere una buona aderenza a fronte di una terapia ancora a lungo termine. I risultati dello studio Diamante sono stati presentati durante la tredicesima edizione del congresso ICAR dal dr. Diego Ripamonti, Unità Malattie Infettive, Azienda Ospedaliera Papa Giovanni XXIII, Bergamo, uno degli autori dello studio.

Il disegno dello studio
Diamante è uno studio osservazionale multicentrico che ha coinvolto 18 centri italiani; ha avuto una durata di 48 settimane e ha valutato pazienti adulti HIV-positivi in terapia con darunavir/cobicistat/emtricitabina/tenofovir alafenamide (D/C/F/TAF) e che avevano già effettuato da almeno un mese lo switch a questa terapia.

L’endpoint primario era la soppressione virologica, valutata come FDA snapshot; un paziente è stato definito failure se presentava anche un solo valore di viremia superiore alle 50 copie/ml, un criterio molto più restrittivo di quello normalmente considerato, in quanto negli studi clinici viene normalmente effettuato almeno un retest.

Per omogeneità sono stati arruolati solo pazienti che avevano iniziato la terapia antiretrovirale successivamente al 2015 e lo studio si è svolto in parte durante la pandemia da Covid; questo ha comportato un emendamento, data la difficoltà a effettuare le visite di follow up durante le fasi iniziali della pandemia, che ha previsto la possibilità di allungare di due settimane l’intervallo dell’ultima visita di follow up. La pandemia ha comunque comportato l’impossibilità di valutare la viremia in alcuni soggetti.

I risultati
Sono stati arruolati 246 pazienti che sono stati suddivisi in tre gruppi in relazione ai precedenti trattamenti; 122 erano infatti naïve a precedenti trattamenti ma comunque in terapia da almeno un mese con la combinazione oggetto dello studio, 81 erano sempre stati in trattamento con darunavir, mentre gli ultimi 43 avevano avuto almeno un mese prima dell’arruolamento uno switch da altri regimi antivirali.

Dopo 48 settimane di terapia, nell’analisi della popolazione “intention to treat”, si è potuto osservare che il 79% dei pazienti del gruppo di colore sempre in trattamento con darunavir è risultato virologicamente soppresso e che questo risultato è stato leggermente inferiore negli altri gruppi di popolazione. Questi valori sono risultati superiori nella popolazione per protocol.

Se invece dell’endpoint primario della soppressione virologica, con un cut off di risultati inferiori alle 50 copie/ml, si considera l’efficacia della terapia da un punto di vista clinico, i risultati sono ancora migliori; se si considera, infatti, come failure il paziente che ha effettuato lo switch della terapia, come avviene nel real world, nella popolazione “intention to treat” l’efficacia risulta superiore al 90% in tutti i gruppi, in quanto sono stati venti i pazienti che hanno avuto una viremia compresa tra 50 e 200 copie/ml che non hanno cambiato la terapia.

“L’efficacia della terapia, valutata nell’endpoint primario, è stata elevata. Dobbiamo però ricordare l’esistenza dei blip viremici, piccoli incrementi della viremia che non portano i clinici a modificare la terapia. Se consideriamo il mantenimento della terapia come indice di non fallimento, abbiamo risultati che sfiorano il 90 per cento in termini di successo clinico dopo 48 settimane. Ciò conferma l’importanza di questa combinazione nel nostro armamentario terapeutico, per un trattamento al momento ancora long life”, ha dichiarato Ripamonti in un’intervista a Pharmastar.

Riguardo la sicurezza del trattamento, sono stati osservati 200 eventi avversi di cui 158 (il 70%) non correlati al farmaco; sono stati osservati 21 eventi avversi gravi in 12 pazienti e in 3 casi hanno portato alla discontinuazione della terapia.

L’emendamento reso necessario per la pandemia da Covid ha consentito di valutare 40 pazienti, ma sei sono stati considerati comunque persi al follow up dopo la visita 3 e per quattro di loro è stata effettuata una televisita che non ha consentito la valutazione della viremia, per cui anche questi sono stati comunque considerati persi.

Se si separano i risultati dei pazienti con follow up concluso prima o dopo il 1 marzo 2020, si può osservare che la virosoppressione nei pazienti che avevano concluso il follow up prima di questa data è osservabile nel 90% dei pazienti, mentre diminuisce all’84% dopo questa data; è possibile quindi valutare l’impatto dell’evento pandemico nella raccolta dei dati.

Conclusioni
La terapia utilizzata ha mostrato un’elevata risposta virologica e un buon profilo di sicurezza, confermando l’efficacia di un regime con darunavir boosted in monosomministrazione giornaliera.

La percentuale di discontinuazione per eventi avversi correlati al farmaco e per eventi avversi correlati al farmaco è stata del 4%, in entrambi i casi (8/200 e 1/21, rispettivamente).

L’efficacia nella popolazione ITT è stata superiore al 94% in tutti i gruppi, se si valuta la scelta del medico di mantenere il paziente in terapia, come avviene normalmente nel real world.

“L’elemento cardine della terapia, essendo questa di lunga durata e non di poche settimane, è riuscire a mantenere una barriera genetica solidissima; questo è un regime che ha sempre dimostrato un’ottima barriera genetica, che riesce a proteggere il backbone in modo solido. A fronte di problematiche di aderenza o di resistenza a farmaci, questa è una strategia che nella pratica rappresenta sempre un cardine del nostro armamentario” ha concluso Ripamonti.

Fonte
An Italian non-interventional retrospective and prospective study in HIV-positive adult outpatients treated with D/C/F/TAF: the DIAMANTE study. ICAR2021 Riccione, 21-23 ottobre 2021