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Ictus da fibrillazione atriale: buoni risultati con DOAC

Efficace la terapia con anticoagulanti orali diretti (DOAC) dopo un ictus ischemico acuto o un attacco ischemico transitorio (TIA) legato a fibrillazione atriale (AF)

Efficace la terapia con anticoagulanti orali diretti (DOAC) dopo un ictus ischemico acuto o un attacco ischemico transitorio (TIA) legato a fibrillazione atriale (AF)

Iniziare una terapia con anticoagulanti orali diretti (DOAC) poco dopo un ictus ischemico acuto o un attacco ischemico transitorio (TIA) legato a fibrillazione atriale (AF) sembra essere un approccio accettabile. Lo suggerisce un’analisi combinata di otto studi osservazionali, pubblicata online sul “Journal of Neurology, Neurosurgery and Psychiatry”, sebbene siano ancora necessari studi randomizzati per definire la tempistica migliore.

I pazienti che hanno iniziato ad assumere un DOAC entro i primi 5 giorni dopo un ictus ischemico o TIA non hanno avuto un aumento dei rischi di emorragia intracranica (ICH) o infarto ricorrente rispetto a quelli sottoposti ad anticoagulazione in un secondo momento, riportano i ricercatori guidati da Gian Marco De Marchis, dell’Ospedale universitario di Basilea (Svizzera).

«Il rischio sette volte più elevato di ischemia acuta ricorrente rispetto all’ICH – con quasi la metà di tali eventi che si verificano prima dell’inizio del DOAC – suggerisce che l’inizio precoce del DOAC dopo l’ictus ischemico acuto correlato ad AF potrebbe essere ragionevole» scrivono gli autori.

Ma le conclusioni tratte dalle analisi osservazionali non possono che spingersi fino a questo punto, affermano De Marchis e colleghi, sottolineando che una risposta più concreta verrà da studi clinici come ELANOPTIMASTIMING e START.

Questione di tempo
Quando iniziare o riavviare l’anticoagulazione con un antagonista della vitamina K (VKA) o DOAC dopo un ictus ischemico acuto per bilanciare al meglio i benefici della prevenzione dell’ictus con i rischi di sanguinamento rimane incerto. Uno studio recente ha indicato che non è dannoso iniziare l’anticoagulazione precocemente, suggerendo che l’intervallo da 7 a 10 giorni dopo l’ictus potrebbe essere il migliore.

Una regola empirica comune, ha detto De Marchis, è che l’anticoagulazione può essere iniziata entro un giorno da un TIA, pochi giorni dopo un ictus minore, 6 giorni dopo un ictus moderato e 12 giorni o più tardi dopo un grande ictus ischemico. Ma, ha aggiunto, «questo non è convalidato e deriva dall’era VKA quando si aveva un rischio di sanguinamento più elevato, e per questo la pratica attuale varia molto».

Il vantaggio principale che i DOAC hanno rispetto ai VKA è un rischio inferiore di circa il 50% di ICH, sebbene gli studi cardine degli agenti più recenti abbiano escluso i pazienti con ictus ischemico recente. Tuttavia, una precedente meta-analisi  di studi osservazionali ha suggerito che i DOAC mantengono un vantaggio rispetto ai VKA all’inizio dopo un ictus ischemico.

Per approfondire la questione dei tempi, De Marchis e i suoi colleghi hanno raccolto i dati di otto studi prospettici condotti in Europa e Giappone. L’analisi ha incluso 2.550 pazienti (età mediana 77 anni; 47% donne) con ictus ischemico acuto o TIA correlato alla fibrillazione ad AF che avevano appena iniziato o riavviato una terapia DOAC entro 30 giorni dall’evento.

I ricercatori hanno confrontato i rischi ricorrenti di ictus e ICH nel 53% dei pazienti che hanno iniziato il trattamento entro i primi 5 giorni con i rischi nel 47% dei pazienti che hanno iniziato la terapia dopo 5 giorni.

Il tasso complessivo di ictus ischemico acuto ricorrente entro 30 giorni è stato dell’1,5%, con il 43% degli infarti che si sono verificati prima che la terapia con DOAC potesse essere iniziata. Solo lo 0,2% dei pazienti ha avuto un ICH, tutti dopo l’inizio del DOAC.

Dopo abbinamento per punteggio di propensione, non ci sono state differenze tra i gruppi di con inizio tardivo e precoce di trattamento con DOAC in termini di ictus ischemico ricorrente (HR aggiustato 1,2; IC 95% 0,5-2,9), ICH (HR aggiustato 6,0; IC 95% 0,6-56,3) o qualsiasi ictus (HR aggiustato 1,44; IC 95% 0,66-3,33).

Inoltre, il rischio di un composito di ictus ischemico ricorrente, ICH o mortalità per tutte le cause non è stato influenzato dalla tempistica dell’anticoagulazione, che era coerente tra i sottogruppi definiti dalla gravità dell’ictus, dall’età, dall’insufficienza renale e dall’uso di terapie di ricanalizzazione.

Necessità di grandi trial randomizzati per ottenere risposte sicure
I risultati sono incoraggianti in quanto il rischio di ICH dopo l’inizio del DOAC era molto basso in entrambi i gruppi, suggerendo che l’inizio precoce di un DOAC è probabilmente sicuro. Inoltre, i dati supportano la necessità che gli RCT in corso si focalizzino sui tempi ottimali.

De Marchis e colleghi evidenziano che i risultati di imaging entrano nella decisione terapeutica, osservando che i medici generalmente aspetteranno più a lungo a iniziare l’anticoagulazione nei pazienti con più microsanguinamenti o malattia della sostanza bianca. Saranno anche più cauti nei pazienti che sono stati trattati con trombolisi endovenosa per l’ictus iniziale o che hanno un rischio di sanguinamento generalmente elevato.

Gli autori riportano infine di essere rimasti sorpresi dai bassi tassi di eventi nello studio e ciò ha implicazioni di ricerca perché più bassi sono i tassi di entrambi i risultati, più pazienti devono essere arruolati suggerendo che questi studi dovranno essere grandi trial clinici randomizzati per rispondere alla domanda a cui stanno cercando di rispondere.

Bibliografia:
De Marchis GM, Seiffge DJ, Schaedelin S, et al. Early versus late start of direct oral anticoagulants after acute ischaemic stroke linked to atrial fibrillation: an observational study and individual patient data pooled analysis. J Neurol Neurosurg Psychiatry. 2021 Oct 11. doi: 10.1136/jnnp-2021-327236. [Epub ahead of print] Link

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