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Artrite reumatoide: statine non sono fattore di rischio

Le statine proteggono contro i danni al cuore delle terapie per il cancro al seno secondo una nuova ricerca presentata all'American College of Cardiology

Nuova ricerca USA: l’impiego di statine non aumenterebbe il rischio di insorgenza di artrite reumatoide paventato da alcuni studi precedenti

Stando ai risultati di un ampio studio di coorte Usa, l’impiego di statine non aumenterebbe il rischio di insorgenza di artrite reumatoide (paventato da alcuni studi precedenti) dopo aggiustamento dei dati relativamente al fattore confondente “iperlipidemia”.

Lo studio, pubblicato su Arthritis Research & Therapy, di disegno osservazionale e non randomizzato, andrebbe riconfermato in studi prospettici ad hoc per comprendere meglio la natura dell’osservazione effettuata.

Razionale e disegno dello studio
Come è noto, le statine rappresentano una classe di farmaci ipocolesterolemizzanti di provata efficacia, caratterizzata per la presenza di effetti pleiotropici.

“Effetti anti-infiammatori e immunomodulatori delle statine – scrivono i ricercatori nell’introduzione allo studio – sono stati osservati in alcuni trial clinici randomizzati e studi osservazionali condotti nella popolazione generale, come pure nei pazienti affetti da malattie infiammatorie croniche come l’artrite reumatoide (AR). Nei pazienti affetti da AR, infatti, è stata dimostrata la capacità delle statine di ridurre i livelli di CRP, l’infiammazione articolare e l’attività di malattia complessiva”.

“Ciò detto – continuano i ricercatori – i risultati di una rassegna sistematica della letteratura, relativa agli studi sugli utilizzatori di statine di lungo corso, ha mostrato come le statine possano indurre, paradossalmente, fenomeni di autoimmunità e predisporre i pazienti allo sviluppo di condizioni di pertinenza reumatologica come il lupus, la dermatomiosite e la polimiosite. Da ciò si desume coma la letteratura sul ruolo delle statine nello sviluppo di AR si caratterizzi per la presenza di studi contrastanti. Una recente metanalisi che ha messo in pool i dati dei soli studi osservazionali in gran parte dei Paesi europei non ha documentato l’esistenza di differenze del rischio di AR tra utilizzatori e non utilizzatori di statine.

La mancanza di studi di ampie dimensioni analoghe agli studi europei sull’associazione tra impiego di statine e rischio di AR negli Usa ha sollecitato la messa a punto di questo studio, che si è proposto tra gli obiettivi principali anche quello di valutare l’influenza della durata e dell’intensità d’impiego di questi farmaci sull’associazione sopra menzionata, come pure di saggiare il ruolo confondente di alcune comorbilità, iperlipidemia in primis.

Sono stati presi in considerazione per questo studio i dati di un database sanitario Usa (OptumLabs Data Warehouse) che include le informazioni anonimizzate di più di 51 milioni di cittadini Usa inclusi nel programma di assistenza sanitaria privata e Medicare dal 2010 al 2019.

Risultati principali
L’analisi ha preso in considerazione 16.363 casi e un numero uguale di controlli. Entrambi i gruppi era costituiti prevalentemente da donne di etnia Caucasica, con età media pari a 58 anni.

Le comorbilità più frequentemente riscontrate erano l’iperlipidemia, riferita nel 48% dei casi e nel 42,4% dei controli; l’ipotiroidismo (21,3% dei casi e 16,4% controlli); diabete (20,4% casi e 18,9% controlli).

Un totale pari al 33,7% dei casi di AR e al 31,6% di controlli era costituito da utilizzatori di statine.

Dall’analisi è emerso che gli utilizzatori di statine mostravano un rischio leggermente più elevato di AR rispetto ai non utilizzatori di questi farmaci (OR=1,12; IC95%= 1,06–1,18), e a quelli che avevano fatto un uso pregresso di statine rispetto agli utilizzatori correnti (OR= 1,21; IC95%= 1,13–1,28).

Dopo aggiustamento dei dati in base all’iperlipidemia, ancora una volta non è stato rilevato un innalzamento del rischio di AR negli utilizzatori di statine in passato (OR= 1,03; IC95%= 0,96-1,1) mentre il rischio è risultato leggermente inferiore negli utilizzatori correnti di questi farmaci (OR= 0,87; IC95%= 0,81-0,93).

Da ultimo, le stime del rischio basate sulla durata d’impiego e sull’intensità del trattamento con statine non hanno raggiunto significatività statistica.

Considerazioni conclusive
Nel commentare i risultati, i ricercatori hanno sottolineato come la riduzione del rischio osservata dopo aggiustamento statistico dei dati per la presenza di iperlipidemia rappresenti un dato rilevante in quanto studi precedentemente pubblicati avevano suggerito come l’iperlipidemia stessa potesse rappresentare un fattore di rischio di AR. Il nuovo studio suffraga la tesi secondo la quale il rischio di AR potrebbe essere associato ai livelli lipidici piuttosto che all’impiego di statine.

Al contempo, gli autori dello studio hanno ammesso che se la riduzione del rischio di AR osservata dopo aggiustamento dei dati per la presenza di iperlipidemia potrebbe essere un mero artefatto statistico, sarebbe opportuno approfondire ulteriormente i meccanismi attraverso i quali le statine influenzano lo sviluppo di AR.

Uno di questi postula che le statine potrebbe causare uno shift dalla risposta immunitaria Th1 a quella Th2, con conseguente up-regolazione delle cellule B e innesco dei processi di rilascio di autoanticorpi.

Non solo: lo shift in questione potrebbe aumentare anche il rischio di infezioni, con la perdita dell’autotolleranza immunitaria. Va peraltro ricordato che le statine son dotate di meccanismi pro-apoptotici e che l’aumento dell’apoptosi cellulare porta ad un rilascio eccessivo di antigeni, stimolando la produzione di autoanticorpi.

Ciò detto “i risultati di questo studio – concludono i ricercatori – suggeriscono come non vi sia un incremento significativo del rischio di AR negli utilizzatori di statine dopo aggiustamento dei dati per la presenza di iperlipidemia in aggiunta ad altri fattori di confondimento importanti. Pertanto, alla luce delle conoscenze attuali, i risultati non suffragano alcun cambiamento delle raccomandazioni cliniche vigenti per la prescrizione di statine”.

Bibliografia
Peterson M, et al “Risk of rheumatoid arthritis diagnosis in statin users in a large nationwide US study” Arthritis Res Ther 2021; doi:10.1186/s13075-021-02617-5.
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