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Malattie reumatiche: l’esordio può riguardare la vista

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Le malattie reumatologiche possono esordire prendendo di mira la vista: la collaborazione interdisciplinare tra specialisti è fondamentale

Sono sistemiche, interessano cioè tutti gli organi del corpo, dunque anche gli occhi. Le compromissioni della vista possono essere anche l’anticipazione di una diagnosi di malattia reumatologica, o possono presentarsi già in corso di una delle più di 200 patologie reumatologiche esistenti e che interessano più di 5milioni di italiani.

«L’interessamento oculare nelle malattie reumatiche autoimmuni è frequente: la Sindrome di Behçet, una malattia piuttosto diffusa in Giappone e nell’est asiatico e in modo minore in Occidente dove è una malattia rara, ne è un esempio e nei casi più gravi può portare anche alla cecità. Ci sono anche altre patologie reumatiche che interessano la vista, colpendo sia la parte anteriore che posteriore dell’occhio e la retina.

L’interessamento oculare può nascere all’interno di un processo clinico già evidente, ma a volte può anticipare l’impegno sistemico di una malattia reumatica esordendo come quadro naïve, pertanto l’esperienza clinica è sempre di grande utilità per interpretare il quadro infiammatorio oculare senza altri segni e sintomi di malattia reumatica sistemica», sottolinea Angelo De Cata, presidente CReI.

Nonostante l’interessamento infiammatorio oculare associato a malattie reumatologiche sia piuttosto frequente, dell’argomento se ne parla ancora troppo poco. Eppure, rimarca Carlotta Nannini, reumatologa presso l’Ospedale Santo Stefano di Prato AUSL Toscana Centro.

«L’occhio, in tutte le sue parti anatomiche, rappresenta uno dei bersagli più comuni delle malattie reumatologiche. Possono coinvolgere il nervo ottico, come nel caso della neurite ottica che può comparire nella arterite gigantocellulare e nella vasculite dei grandi vasi, o, ancora, possono dare un interessamento vascolare, compromettendo la funzionalità dei vasi sanguigni. Tra le malattie reumatiche c’è variabilità nell’interessamento oculare, la Sindrome di Behçet e di Sjögren, per esempio, hanno un impegno infiammatorio oculare più importante. Possono presentarsi uveiti, episclerite, vasculiti retiniche, secchezza oculare e altre manifestazioni che compromettono la vista».

La collaborazione interdisciplinare tra specialisti è di fondamentale importanza per prendersi cura dei pazienti reumatologici a 360°. «Questo aspetto va sottolineato, con forza. E il perché è presto detto. La maggior parte delle infiammazioni oculari non ha esami clinici dirimenti: la malattia di Behçet, che per il 20% dei casi esordisce soltanto con la compressione oculare, richiede che l’oculista conosca bene le malattie reumatiche. E non solo in questo caso, dato che il 40% delle uveiti sono associate a patologie sistemiche di interesse anche reumatologico, come accade nelle spondiloartriti (spondiloartrite anchilosante, artrite psoriasica) e nella sarcoidosi, per citare altre due tra le patologie con interessamento oculare più frequenti», spiega Luca Cimino, responsabile della struttura semplice interdipartimentale di Immunologia Oculare della AUSL-IRCSS di Reggio Emilia. «Fondamentale, quindi, è che l’oculista non solo conosca bene queste malattie ma che ci sia anche una stretta collaborazione, attiva, sinergica e costruttiva, con il reumatologo.

Noi abbiamo imparato dai reumatologi a curare le infiammazioni oculari e a gestire bene la terapia con il cortisone, oltre che a impiegare i farmaci cosiddetti risparmiatori di steroidi e i biologici».

Come si curano le infiammazioni oculari?
«Varia a seconda della patologia reumatologica, ma in genere il primo approccio terapeutico è con il cortisone: è il farmaco che agisce più rapidamente, bloccando il processo patologico e arrestando l’infiammazione che potrebbe determinare la riduzione visiva o addirittura la perdita della vista. Quello con il cortisone, però, è un primo trattamento in acuto, poi, a seconda della patologia reumatica da trattare, si prendono in considerazione farmaci biologici come gli anti TNF, adalimubab e infliximab, e, di più recente utilizzo, abbiamo anche altri farmaci come l’anti-interleuchina 6 – anti IL6 – che permette un buon controllo sulla parte vascolare», risponde Carlotta Nannini. «L’avvento delle tecniche di imaging nell’oculistica, grazie all’OCT, possiamo fare la scansione di tutti gli strati anatomici dell’occhio e, con l’uso del laser flare photometry possiamo valutare in maniera oggettiva a che punto è l’infiammazione e quanto è efficace il farmaco per quel determinato paziente. Oggi, abbiamo a disposizione anche dispositivi che rilasciano gradualmente cortisone all’interno dell’occhio. Siamo in attesa dell’approvazione AIFA per l’uso del fluocinolone per il trattamento delle uveiti. Una
unica somministrazione di questo farmaco potrebbe avere effetto della durata di tre anni», aggiunge Luca Cimino.

Con che frequenza si fanno i controlli?
«Anche in questo caso, molto dipende dal quadro clinico del singolo individuo. Potrebbe essere necessario un controllo settimanale in fase acuta, trimestrale, semestrale o annuale, in fase cronica. Importante, voglio sottolinearlo di nuovo, è che la tanto declamata interdisciplinarietà sia collaborativa», afferma Cimino.

C’è un altro aspetto da non sottovalutare: le malattie reumatologiche hanno un impatto psicologico enorme e la paura che gli occhi possano avere una compromissione duratura può aggravarne il peso.

«La vista permette di muoversi nello spazio. Il pensiero di perderla o che ci possa essere un deficit che tolga autonomia e riduca la qualità di vita, è un timore molto sentito dai pazienti. Oggi, però, abbiamo a disposizione strumenti molto efficace per scongiurare il peggio. Bisogna che l’interessamento oculare che sottende a una malattia reumatica non ancora diagnostica venga riconosciuto al più presto per iniziare le cure ad hoc», conclude Carlotta Nannini.

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