Il dolore cronico si può gestire anche cambiando alcuni comportamenti e modi di rapportarsi con il mondo esterno. L’autogestione del dolore è un fattore importante e comprende comportamenti, strategie e attività per migliorare la propria qualità di vita, inclusi metodi non strettamente medici/farmacologici ma anche maggiore comunicazione con medico ed operatori sanitari. Questi aspetti sono stati valutati una scheda sulle strategie di autogestione del dolore redatta da IASP nell’anno mondiale contro la lombalgia e riadattata dall’AISD (Associazione italiana studio del dolore). Riportiamo i punti fondamentali della scheda e rimandiamo al sito di AISD per una lettura completa anche delle altre schede sul tema lombalgia.

Benché la gestione in autonomia delle strategie antalgiche possa esser vista come segno di “solitudine” e scarsa propensione alla collaborazione, si ritiene che l’autogestione supportata/assistita favorisca interazioni efficaci tra chi convive con il dolore e il proprio medico curante, favorendo l’implementazione di tecniche consolidate effettuabili in relativa autonomia.

Ciò richiede un cambiamento da parte degli operatori sanitari, i quali non dovranno più percepire una persona che soffre di dolore come bisognosa e che richiede continui interventi terapeutici, ma piuttosto come una persona nella sua globalità, con i propri punti di forza.
L’autogestione si è dimostrata un approccio efficace per la gestione della lombalgia cronica. Il suo successo richiede azioni e sinergie sia da parte degli operatori sanitari che dei pazienti.

C’è bisogno di ascolto, verifica e fiducia. 
Le persone hanno bisogno di tempo per essere in grado di esprimersi apertamente e in tranquillità e con il proprio medico curante. Ad esempio, il potersi esprimere con la scrittura, o anche con l’arte, può rappresentare un efficace veicolo di comunicazione del proprio dolore.
Gli operatori sanitari devono prendere atto che il dolore di una persona è reale. Chi vive con dolore cronico è spesso stigmatizzato o non creduto. Solo quando il medico ha ben inquadrato il vissuto di una persona è possibile e plausibile procedere integrando l’autogestione come parte del piano di assistenza generale.

Il linguaggio (anche gergale) usato dagli operatori sanitari può avere effetti negativi o positivi sulle persone con il dolore. Esprimersi in modo pessimistico o poco convinto, può causare il fatto che i pazienti non si impegnino in modo significativo nella propria autogestione (per esempio, timore di muoversi). Esprimersi in modo incoraggiante e supportante, al contrario, può potenziare di molto abilità e competenza nella gestione del proprio dolore.
Un’autogestione efficace del dolore richiede una relazione rispettosa e paritaria tra gli operatori sanitari e le persone che convivono con il dolore. Il fondamento di questa relazione è, appunto, la fiducia. Le persone che vivono con dolore cronico devono poter interagire, confrontarsi, esprimere e ricevere opinioni da parte di chi le abbia in cura. Ciò aiuta a garantire che tali persone divengano pienamente consce del proprio percorso di cura, che sia coerente con i loro valori e preferenze, nonché supportato dalle migliori evidenze scientifiche disponibili.

Una volta stabilite le caratteristiche del dolore (bio-meccaniche, ambientali, ecc. ndt), il paziente con dolore è in grado di capire meglio che mentre il dolore potrà accompagnarlo per anni nella sua vita, esistono tecniche e strategie nuove e probabilmente più efficaci, purché abbia la volontà di metterle in pratica.
Le persone che convivono con un dolore persistente devono essere pazienti con se stesse. Potrebbero essere necessarie settimane, mesi o addirittura anni prima che i risultati positivi dell’autogestione inizino a diventare evidenti. Inoltre, le persone che soffrono di dolore possono trarre vantaggio dalle strategie di apprendimento per darsi il giusto ritmo durante le attività quotidiane o pianificate. Questo può aiutare a garantire che non si sentano sopraffatti dalle incombenze, eventualità che potrebbe esacerbare il dolore attuale o potenziale.

Qualche consiglio su attività fisica, relazioni sociali ed hobby
Anche se può sembrare controintuitivo quando si ha dolore, il movimento può aiutare a ridurlo. È importante identificare movimenti che diano sollievo, in modo tale che ci si assicuri una continuità di esercizio; può trattarsi di esercizio fisico, andare in bicicletta, camminare, correre, andare in palestra, fare giardinaggio, ballare, o qualsiasi altra attività che faccia muovere regolarmente. Oltre alla modulazione del dolore e agli effetti fisici, il movimento può anche fornire effetti psicologici positivi.

Il dolore è una risposta del sistema nervoso vegetativo e le tecniche di rilassamento possono aiutare a regolarlo. Le tecniche di rilassamento efficaci includono la respirazione profonda e controllata, la consapevolezza e la meditazione.
Leggere, godersi i propri hobby (volontariato o qualsiasi attività che abbia “significato per la persona) sono attività significative su cui concentrarsi. Gli operatori sanitari possono aiutare i propri pazienti a scoprire quali sono queste attività e collaborare con loro nello sviluppo di piani su come impegnarvisi.

Le persone che convivono con un dolore persistente sono spesso forti e resilienti e capaci di impegnarsi nell’autogestione assistita/supportata. La resilienza è definita, in parte, dall’American Psychology Association come “il processo e il risultato dell’adattamento dopo esperienze di vita difficili o impegnative, specialmente attraverso la ‘flessibilità’ mentale, emotiva e comportamentale e l’adattamento alle richieste interne ed esterne”. La resilienza è ordinaria, il che significa che è in tutti noi. La resilienza è variabile tra gli individui, può essere rafforzata e aumentata grazie alle proprie esperienze.

Scheda informativa. Strategie di autogestione del dolore – spunti pratici.
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