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Nuovo patto per la sicurezza delle fabbriche in Bangladesh

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Più del 70% delle importazioni di tessuti e vestiti dell’Unione europea arriva dall’Asia

100 marchi globali della moda hanno sottoscritto un nuovo Accordo internazionale sulla sicurezza delle fabbriche tessili in Bangladesh

Più di 100 marchi globali della moda hanno sottoscritto un nuovo Accordo internazionale sulla sicurezza delle fabbriche tessili in Bangladesh. Entrato in vigore il primo settembre, quello attuale fa seguito al precedente “Accord on fire and building safety” grazie al quale sono state eseguite ristrutturazioni e riparazioni critiche in 1.600 fabbriche che impiegano 2,5 milioni di lavoratori, di fatto salvando innumerevoli vite in Bangladesh. Come è noto, le condizioni di lavoro nel Paese asiatico erano balzate drammaticamente all’attenzione internazionale per il crollo di Rana Plaza a Dacca.

Purtroppo però il problema delle condizioni di sicurezza e di sfruttamento dei lavoratori per la filiera del fashion internazionale è molto esteso: Clean Clothes Campaign, Global Labour Justice – International Labour Rights Forum, Maquila Solidarity Network e Worker Rights Consortium testimoniano la gravità della situazione anche in Pakistan, Marocco, Egitto, Cina, India, Cambogia, Cile, Turchia. Il nuovo Accordo si distingue dal precedente per una caratteristica importantissima e peculiare, richiesta dalle organizzazioni sindacali e dagli attivisti per i diritti umani: prevede infatti la possibilità di un’estensione dell’applicazione ad altri Paesi, oltre al Bangladesh. Il problema è che per attuare l’accordo è necessaria l’attivazione, in ciascun Paese di una delegazione locale, cosa non sempre benaccetta.

Sul fronte invece dei brand della moda, la Campagna Abiti Puliti, emanazione italiana della Clean Clothes Campaign internazionale, ha già contattato alcune delle imprese italiane. Benetton ha già firmato il nuovo accordo. Mentre OVS e Artsana hanno assicurato alla portavoce Deborah Lucchetti che lo faranno in breve tempo.

«Chi aveva già firmato il precedente accordo – specifica Lucchetti – è chiamato a firmare il nuovo, confermando il proprio impegno. Le imprese che non erano già inserite nella precedente lista dei firmatari, sono invitate a sottoscrivere il nuovo accordo, naturalmente se clienti delle fabbriche in Bangladesh o di Paesi verso cui potrebbe avvenire l’estensione del nuovo programma internazionale».

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