Livelli di esposizione temporale maggiori al trattamento con brensocatib aumentano la probabilità di risposta efficace al trattamento, in termini di riduzione dei livelli di elastasi neutrofila (NE) a valori inferiori al limite di determinazione quantitativa (BLQ).

Questo il messaggio più importante proveniente da un’analisi post-hoc del trial di fase 2 WILLOW sull’impiego di brensocatib in pazienti affetti da bronchiettasie non legate a fibrosi cistica (NCFBE), presentata nel corso del congresso ERS (1).

L’analisi ha anche mostrato che il raggiungimento di livelli di NE inferiori al limite di determinazione quantitativa (BLQ) dopo l’inizio del trattamento rappresenta un predittore di un minor numero di riacutizzazioni di malattia.

Informazioni sulle bronchiettasie non dovute a fibrosi cistica nell’adulto e sul razionale d’impiego di brensocatib
Le bronchiettasie non dovute a fibrosi cistica (NCFBE) sono caratterizzate da frequenti esacerbazioni polmonari che richiedono una terapia antibiotica e/o ricoveri ospedalieri. I sintomi includono tosse cronica, eccessiva produzione di espettorato, respiro corto e ripetute infezioni respiratorie, che possono peggiorare la condizione di fondo. Negli Stati Uniti le NCFBE colpiscono da 340.000 a 520.000 pazienti Attualmente, non ci sono terapie specificamente mirate alle NCFBE.

Brensocatib è un inibitore sperimentale orale, selettivo e reversibile, della dipeptidil peptidase I (DPP1, detta anche catepsina G), sviluppato da Insmed per il trattamento di pazienti NCFBE.  La DPP1 è un enzima responsabile dell’attivazione delle serin proteasi dei neutrofili (NSP), come l’elastasi neutrofila.

I neutrofili sono il tipo più comune di globuli bianchi e svolgono un ruolo essenziale nella distruzione degli agenti patogeni e nel mediare i processi infiammatori. Nelle malattie polmonari infiammatorie croniche, però, i neutrofili si accumulano nelle vie aeree e provocano un eccesso di NSP che causano la distruzione e infiammazione dei polmoni.

Si ritiene che brensocatib  riduca gli effetti dannosi delle malattie infiammatorie come l’NCFBE mediante l’inibizione della DPP1 e della sua attivazione degli NSP, riducendo l’attività dei neutrofili.

Lo scorso anno sono stati pubblicati su NEJM (2) i risultati dello studio WILLOW, di fase 2, che ha dimostrato come il trattamento con brensocatib per 24 settimane sia in grado di prolungare in modo significativo il tempo alla prima riacutizzazione polmonare rispetto a placebo in pazienti con bronchiettasia non dovuta a fibrosi cistica (NCFBE).
L’obiettivo dell’analisi post-hoc di questo studio, presentata al Congresso, è stato quello di esplorare le relazioni farmacocinetiche/farmacodinamiche (PK/PD) alla base della dimostrazione dell’efficacia del farmaco in pazienti con NCFBE.

Disegno dello studio
Lo studio WILLOW aveva originariamente randomizzato, secondo uno schema 1:1:1, pazienti adulti con NCFBE a trattamento con brensocatib 10 mg (n=82), brensocatib 25 mg (n=87) o con placebo (n=87) in monosomministrazione giornaliera per 24 settimane.

Per l’analisi post-hoc è stata presa in considerazione l’attività di NE nell’espettorato, che era stata valutata come variabile dicotomica relativa al raggiungimento di almeno un livello enzimatico al di sotto dei livelli di determinazione quantitativa (BLQ) con brensocatib o placebo.

Inoltre, sono state condotte analisi esplorative per valutare le relazioni PK/PD tra l’esposizione al farmaco (AUC0-24h) e alcune variabili clinicamente dipendenti (riacutizzazioni, NE, eventi avversi di interesse speciale).

Risultati principali
Tutti I pazienti dello studio con livelli post-basali di NE nell’espettorato inferiori al limite di determinazione quantitativa (BLQ), hanno mostrato un numero di riacutizzazioni di malattia inferiore a quelli trattati con livelli di NE superiori a BLQ (HR= 0,32; IC95%= 0,21-0,48; p<0,0001) (fig.1).

L’effetto è stato trascinato dall’effetto di brensocatib indipendentemente dal dosaggio come mostrano i risultati relativi ai soli pazienti trattati con brensocatib (HR= 0,29; IC95%=0,17-0,51; p<0,0001) (fig.1).

La maggior incidenza di livelli post-basali di NE nell’espettorato inferiori a BLQ nei pazienti trattati con brensocatib (86,8%) si è avuta in corrispondenza con il quartile di concentrazione del farmaco nelle 24 ore (AUC0-24) più elevato (4.845-9.466 ng x h/ml) rispetto al 77,5% di pazienti del quartile di concentrazione di farmaco più basso (624-1.758 ng x h/ml) e al 50% di pazienti del gruppo placebo (fig.2).

Da ultimo, le analisi di farmacocinetica/farmacodinamica e quelle di safety non hanno rivelato l’esistenza di relazioni clinicamente rilevante con l’esposizione al trattamento con il farmaco.

Riassumendo
In conclusione, i risultati di questa analisi post-hoc hanno mostrato che:
– Il raggiungimento di livelli post-basali di NE inferiori a BLQ nell’espettorato si associa ad un prolungamento del tempo necessario all’insorgenza di riacutizzazioni polmonari
– I pazienti trattati con brensocatib hanno maggiori probabilità di raggiungere livelli di NE inferiori a BLQ rispetto ai pazienti del gruppo placebo
– Un’esposizione sistemica più elevata a brensocatib aumenta la probabilità di raggiungere livelli di NE inferiori a BLQ
– L’incidenza di eventi avversi non sembra essere legata all’esposizione a brensocatib

I risultati di questa analisi corroborano il possibile impiego futuro di brensocatib nelle NCFBE. Brensocatib ha ottenuto dalla Food and Drug Administration Usa la designazione di “breakthrough therapy”.

Bibliografia
1) Fernandez C et al, Exposure-response relationships of brensocatib in patients with non-cystic fibrosis bronchiectasis (NCFBE). ERS2021; Abs 4268
2) Chalmers JD et al. Phase 2 Trial of the DPP-1 Inhibitor Brensocatib in Bronchiectasis. NEJM 2020