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Dagli organoidi un aiuto per la ricerca oncologica

Tumore al colon: benefici dall'impiego di farmaci mirati ai sistemi di risposta al danno del DNA che nelle cellule tumorali in parte risultano difettosi

Uno studio italiano ha confermato la validità degli organoidi per la ricerca oncologica, almeno nel caso del cancro del colon-retto

Gli organoidi, colture cellulari in tre dimensioni che mimano organi o tumori in miniatura, sono tra i modelli di studio più promettenti nella ricerca oncologica. Se da un lato sono meno complessi dell’organo o del tumore originali, dall’altro sono verosimilmente più rappresentativi rispetto a una coltura tradizionale di cellule cresciute su una piastra in un unico strato. Per il momento gli organoidi non sono ancora in grado di sostituire gli studi con animali di laboratorio, ancora fondamentali e richiesti per legge, per esempio per l’approvazione dei farmaci. Tuttavia gli organoidi potrebbero permettere di ridurre di molto il numero degli animali utilizzati. “Perché siano davvero efficaci, tuttavia, bisogna essere certi che mantengano nel tempo le caratteristiche dell’organo di partenza” spiega Gianluca Tell, direttore del laboratorio di biologia molecolare dell’Università di Udine. Con il suo gruppo di ricerca, Tell ha appena mostrato la validità da questo punto di vista degli organoidi di cancro del colon. Un lavoro importantissimo per mettere a disposizione della ricerca strumenti sempre più affinati e precisi.

“Già da tempo sono disponibili organoidi di cancro del colon-retto, uno tra i tumori più diffusi nel mondo occidentale” afferma Tell. “Quello che non sapevamo, però, è se questi organoidi fossero davvero capaci di ricapitolare i passaggi molecolari che accompagnano l’evoluzione della malattia e di mantenersi stabili nel tempo in laboratorio.” Per valutarlo, i ricercatori hanno analizzato a tappeto una serie di caratteristiche molecolari di organoidi cresciuti in varie condizioni di coltura, a partire da cellule tumorali e cellule sane di pazienti con tumore del colon-retto. “Abbiamo analizzato il complesso dell’informazione genetica e l’insieme sia delle molecole di RNA che trasferiscono i messaggi dai geni alle proteine, sia delle proteine stesse. Confrontando i diversi profili molecolari abbiamo scoperto che le condizioni di crescita di fatto non cambiano le caratteristiche molecolari degli organoidi rispetto ai tumori di origine.

Significa che gli organoidi possono essere utilizzati con fiducia non solo per lo studio della biologia del cancro del colon-retto, ma anche per individuare nuovi biomarcatori, fare screening di nuovi farmaci e stabilire, in un futuro prossimo, la terapia migliore da somministrare a un paziente, nell’ottica di una medicina sempre più precisa. “Derivare una serie di organoidi da una biopsia tumorale è un’operazione piuttosto semplice e veloce, che può essere fatta a seguito di un intervento chirurgico” chiarisce Tell. “Una volta ottenuti, gli organoidi possono essere utilizzati per testare quale tra le terapie disponibili possa risultare la più efficace per evitare la diffusione di metastasi.” I risultati di questo studio, condotto con il sostegno di Fondazione AIRC, sono stati pubblicati sul Journal of Experimental & Clinical Cancer Research.

Titolo originale dell’articolo: Integrated multi-omics analyses on patient-derived CRC organoids highlight altered molecular pathways in colorectal cancer progression involving PTEN

Titolo della rivista: Journal of Experimental & Clinical Cancer Research

FONTE: AIRC

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