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Vaccino Covid: debole protezione nei pazienti sottoposti a chemio

Tumore del polmone a piccole cellule in stadio esteso: con benmelstobart e anlotinib in aggiunta alla chemioterapia sopravvivenza di quasi 20 mesi

Nei pazienti sottoposti all’effetto immuno-soppressivo della chemioterapia, la prima dose di vaccino rischia di non essere affatto protettiva secondo uno studio

In uno studio condotto da Romain Palich del Dipartimento di Oncologia Medica dell’ospedale Pitié-Salpêtrière di Parigi (Francia), e colleghi, circa la metà dei pazienti con il cancro non ha mostrato risposta anticorpale anti-spike dopo la prima somministrazione del vaccino BNT162b2 (Pfizer-BioNTech), e il basso tasso di sieroconversione era peggiore nei pazienti anziani e in quelli in trattamento chemioterapico. Inoltre, anche nei pazienti con sieroconversione, il livello di risposta anticorpale risultava inferiore al previsto. I risultati dello studio sulla risposta anticorpale, 4 settimane dopo la prima somministrazione del vaccino BNT162b2 nei pazienti con cancro e negli operatori sanitari come popolazione di controllo, sono stati pubblicati il 28 aprile 2021 su Annals of Oncology. Nell’analisi sono stati inclusi i pazienti oncologici in trattamento attivo o trattati negli ultimi due anni e gli operatori sanitari che avevano ricevuto il vaccino tra il 17 febbraio e il 18 marzo 2021 all’ospedale Pitié-Salpêtrière. La titolazione degli anticorpi è stata effettuata prima della seconda somministrazione del vaccino BNT162b2. Gli anticorpi sono stati misurati in 110 pazienti oncologici e in 25 operatori sanitari. Nei pazienti con il cancro che non avevano contratto COVID-19 prima della vaccinazione, il tasso di sieroconversione era solo del 55% rispetto al 100% negli operatori sanitari. La titolazione degli anticorpi era significativamente superiore negli operatori sanitari rispetto ai pazienti sieropositivi con il cancro, in particolare 680 versus 315 ua/ml (p = 0,04).

Sesso, sede del tumore e condizione di metastasi erano simili nei pazienti oncologici con e senza sieroconversione. Dopo l’aggiustamento per i potenziali confondenti, l’età >65 (odds-ratio [OR] 3,58, 95% intervallo di confidenza [IC] 1,40-9,15, p = 0,008) e il trattamento chemioterapico (OR 4,34 – 95% IC 1,67-11,30, p = 0,003) erano i due fattori fortemente associati alla mancanza di sieroconversione. Non si sono verificate infezioni sintomatiche da COVID-19 tra le due somministrazioni di vaccino tra i pazienti oncologici e tra gli operatori sanitari. Il gruppo di studio sostiene la non estensione del periodo di 21 giorni tra le due somministrazioni del vaccino nei pazienti con il cancro e l’esecuzione del monitoraggio sierologico per verificare la risposta anticorpale in questa popolazione. Raccomanda anche la vaccinazione anti COVID-19 di familiari e amici. Lo studio è stato approvato dalla Commission Nationale de l’Informatique et des Libertés.

Il commento di Massimo Di Maio, Segretario AIOM

I dati francesi confermano che, come era plausibile ipotizzare, la risposta anticorpale ottenuta con la prima somministrazione del vaccino anti-SARS-CoV-2 BNT162b2 (Pfizer-BioNTech) è peggiore nei pazienti oncologici in trattamento rispetto ai soggetti non immuno-compromessi. Questi dati rendono particolarmente importante l’esecuzione della seconda dose di vaccino, allo scopo di aumentare la protezione nei soggetti fragili. Nelle ultime settimane, allo scopo di aumentare la “copertura” della popolazione somministrando un numero maggiore di prime dosi, è stato programmato anche in Italia un calendario vaccinale che prevede una “dilatazione” dell’intervallo tra la prima e la seconda dose. Nel caso del vaccino Pfizer, questo significa passare dall’intervallo di 21 giorni, corrispondente all’intervallo impiegato nelle sperimentazioni cliniche e rispettato nella prima fase della campagna vaccinale, a un intervallo di 35-42 giorni. E’ plausibile che nei soggetti sani questo prolungamento dell’intervallo tra prima e seconda dose non comprometta in maniera sostanziale l’efficacia del vaccino, dal momento che la prima dose è già in grado di ottenere una buona risposta immunitaria. I dati francesi ribadiscono però che nei soggetti fragili, e nei pazienti oncologici in particolare, specialmente se anziani e se sottoposti all’effetto immuno-soppressivo della chemioterapia, la prima dose rischia di non essere affatto protettiva. In questa popolazione speciale, quindi, non è opportuno allungare l’intervallo tra la prima e la seconda dose. Nelle scorse settimane, è capitato che molti centri vaccinali adottassero di default il nuovo intervallo “prolungato”, anche per i pazienti oncologici. Questo delicato argomento è stato oggetto di una segnalazione da parte del prof. Francesco Cognetti, presidente di FOCE, la ConFederazione degli Oncologi, Cardiologi ed Ematologi, al Commissario Straordinario per l’Emergenza COVID-19, Generale Francesco Figliuolo. Il generale Figliuolo ha prontamente risposto con una lettera di riscontro, precisando che l’estensione dell’intervallo non è da considerare applicabile a questa categoria di pazienti fragili. AIOM ha ritenuto opportuno, in data 25 maggio, inviare questa comunicazione a tutti i soci, in ragione dell’importanza della protezione che il vaccino può rappresentare per i pazienti oncologici e dell’opportunità di ottimizzare le sue potenzialità, evitando di allungare l’intervallo tra le dosi.

Bibliografia

FONTE: AIOM

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