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Tumore del pancreas: rucaparib efficace su mutazioni

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La terapia di mantenimento con rucaparib ha visto miglioramento sostanziali nei pazienti con cancro al pancreas che presentano mutazioni genetiche

Più di due terzi dei pazienti con cancro al pancreas che presentano mutazioni genetiche hanno visto il loro tumore smettere di crescere o ridursi sostanzialmente dopo essere passati dalla chemioterapia intensiva all’inibitore di PARP rucaparib come terapia di mantenimento. Lo riferiscono i ricercatori dell’Abramson Cancer Center (ACC) della University of Pennsylvania in uno studio di fase 2 pubblicato online sul Journal of Clinical Oncology.

I risultati della sperimentazione pongono le basi per l’impiego di rucaparib in pazienti con cancro al pancreas portatori di mutazioni di BRCA1, BRCA2 o PALB2 per aiutare a controllare la crescita del tumore senza gli effetti collaterali aggressivi della chemioterapia.

«Questi ultimi risultati ci mostrano un’altra opzione di terapia di mantenimento efficace e meno tossica per i pazienti con cancro al pancreas», ha detto l’autrice senior dello studio, Susan Domchek, direttore esecutivo del Basser Center for BRCA presso la University of Pennsylvania (UPenn) di Philapdelphia, «ed evidenziano l’importanza della consulenza genetica e dei test genetici, che possono potenzialmente guidare il corso del trattamento in una direzione migliore».

Ogni anno, il cancro del pancreas è responsabile di più morti per cancro negli Stati Uniti rispetto a qualsiasi altro tipo di cancro diverso dal polmone e del colon retto, nonostante il fatto che rappresenta solo circa il 3% dei nuovi casi di cancro annuali. Solo il 10% dei pazienti è ancora vivo a 5 anni dalla diagnosi. Inoltre, tra il 6 e l’8% dei pazienti con cancro al pancreas presentano una mutazione di BRCA1/2 o PALB2.

Rucaparib è attualmente approvato come terapia di mantenimento per i pazienti con cancro ricorrente alle ovaie e alle tube di Falloppio e cancro alla prostata, ma non per il cancro al pancreas.

«Questo è un altro passo avanti per gli inibitori di PARP e per il trattamento dei tumori del pancreas difficili da trattare», ha detto Kim Reiss, docente di ematologia-oncologia alla Perelman School of Medicine della UPenn’ e prima firmataria dello studio. «È un’opzione sicura che non solo ha il potenziale di mantenere le risposte, ma anche di ridurre i tumori del pancreas e, in alcuni casi, ottenere risposte complete per coloro che presentano queste mutazioni».

Il settantunenne Arnold Simon, a cui per la prima volta nel 2016 è stato diagnosticato un cancro al pancreas metastatico e che ha poi scoperto di essere portatore di una mutazione di BRCA2, è uno dei primi partecipanti alla sperimentazione. Il paziente è in terapia con rucaparib da più di 3 anni. Da allora, nessuna delle sue ultime 16 Tac ha mostrato segni della presenza di un tumore attivo.

«Il più grosso vantaggio di essere in terapia con l’inibitore PARP è che sono solo pillole e gli effetti collaterali sono stati minimi», ha riferito. Inoltre, «Non devo più sottopormi a sedute di chemioterapia lunghe 6 ore. Per quanto mi riguarda, non c’è niente di meglio di quello che sto prendendo attualmente».

Dopo olaparib, rucaparib è il secondo inibitore di PARP a mostrare un beneficio nei pazienti con carcinoma del pancreas e mutazioni germinali di BRCA1/2, e il primo a mostrarsi efficace in quelli con mutazioni germinali di PALB2 e mutazioni somatiche di BRCA1/2.

Lydia Henson, una paziente di 56 anni a cui è stato diagnosticato un carcinoma del pancreas metastatico nel 2014, è stata trattata con la chemioterapia per anni prima di scoprire di essere portatrice di una mutazione di PALB2, che l’ha portata a essere arruolata nello studio dell’ACC. Ha assunto l’inibitore PARP per 18 mesi, senza mostrare segni di cancro attivo all’imaging.

Dei 42 pazienti con cancro pancreatico avanzato valutati nello studio, 12 hanno otenuto una risposta parziale e tre una risposta completa.
Il tasso di controllo della malattia – che è definito come il numero totale di pazienti che mostrano una risposta completa, una risposta parziale o una stabilizzazione della malattia – è risultato del 66,7% per un tempo mediano di 17,3 mesi. La sopravvivenza libera da progressione mediana è risultata di 13,1 mesi e la sopravvivenza globale di 23,5 mesi.

Al momento dell’ultima analisi dei dati, otto pazienti erano ancora in vita e in follow-up attivo più di 2 anni dopo l’inizio della terapia con rucaparib, di cui quattro senza segni di progressione. Dei tre pazienti con risposte complete, due sono tuttora in risposta dopo più di un anno, compreso Henson.

Rucaparib ha mostrato un beneficio anche in pazienti con carcinoma a cellule acinari e squamose del pancreas, espandendo ulteriormente la popolazione nella quale gli inibitori di PARP potrebbero essere utilizzati.

Riferimenti

Phase II Study of Maintenance Rucaparib in Patients With Platinum-Sensitive Advanced Pancreatic Cancer and a Pathogenic Germline or Somatic Variant in BRCA1, BRCA2, or PALB2 doi: 10.1200/JCO.21.00003 Journal of Clinical Oncology Published online May 10, 2021. leggi

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