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Lupus: attenzione ai cambiamenti della malattia

I pazienti con Lupus eritematoso sistemico hanno un rischio di infezioni gravi che necessitano di ospedalizzazione da 2 a 4 volte più elevato

Lupus: anche piccoli cambiamenti dell’attività di malattia hanno un grande impatto su mortalità e danno d’organo secondo un nuovo studio

E’ sufficiente osservare un incremento unitario del punteggio legato all’attività di malattia lupica per documentare sia un incremento significativo della mortalità che del danno d’organo nel follow-up successivo. Questo il responso di un lavoro recentemente pubblicato su Lupus Science Medicine che sottolinea l’importanza di monitorare attentamente l’attività di malattia in questi pazienti.

Razionale e disegno dello studio
Per quanto i tassi di sopravvivenza si siano innalzati in modo rilevante nel corso degli ultimi decenni, ancora oggi il danno d’organo irreversibile legato al lupus rimane un problema molto importante, con i pazienti affetti da  questo danno che hanno maggiori probabilità di sperimentare un’ingravescenza dell’outcome sfavorevole, riducendo in tal modo le probabilità di sopravvivenza.

Su questi presupposti è stato implementato il nuovo studio che si è proposto di esplorare il pattern attuale di danno d’organo in pazienti con LES, analizzando i dati di una coorte di 1.168 pazienti reclutati tra il 1987 e il 2020.

Costituiva motivo di inclusione nello studio l’esser stati seguiti in un follow-up di almeno due anni di durata.

L’attività di malattia è stata valutata in occasione di ogni visita di controllo a cadenza stagionale, insieme con i dati relativi all’impiego di farmaci, alle comorbilità e alla presenza di danno renale, CV, vascolare periferico, polmonare, neuropsichiatrico e a carico del sistema muscoloscheletrico.

Il campione di popolazione era costituito in maggioranza da pazienti donne (90%), da un 55% di pazienti di etnia Caucasica e da un 39% di pazienti di etnia Afro-Americana.
L’età mediana della coorte, al reclutamento, era pari a 36 anni. Il punteggio medio aggiustato di attività di malattia lupica (SELENA-SLEDAI) era pari a 3 nel corso del primo anno dal reclutamento, con un 55% di pazienti che mostrava un’attività di malattia da lieve a moderata, definita da un punteggio SELENA-SLEDAI<3.

Passando all’impiego di farmaci, nel 60,1% dei pazienti si faceva uso di prednisone orale (36,6% a dosaggio giornalieri >7,5 mg), nel 65% di idrossiclorochina, nel 38,3% di FANS e nel 22,4% dei casi di farmaci immunosoppressori.

Risultati principali
Un 8% di pazienti è deceduto nel corso del follow-up, mentre un 39% di pazienti ha sviluppato danno d’organo.

I risultati dell’ analisi multivariata hanno mostrato che, in concomitanza con incremento unitario del punteggio SELENA-SLEDAI, corrispondeva un rischio di mortalità del 22% più elevato durante un follow-up della durata media di 7 anni (HR=1,22, IC95%=1,13-1,32, P<0,001), dopo aggiustamento dei dati in base all’età, al sesso, all’etnia, alla durata di malattia e all’impiego di dosi elevate di prednisone.

Non solo: tra i pazienti senza danno d’organo al basale, ciascun incremento unitario del punteggio SELENA-SLEDAI nel corso del primo anno dal reclutamento nella coorte di pazienti summenzionata si associava ad un innalzamento del rischio di danno d’organo complessivo nei 7 anni successivi  (HR=1,09, IC95%=1,04-1,15, P<0,001).

Al contempo, però, è stato anche osservato che il trattamento con idrossiclorochina era in grado di ridurre in modo significativo la probabilità di danno d’organo (HR=0,46, IC95%=0,29-0,72, P<0,05).

Nel corso del follow-up, il 3% dei pazienti senza danno renale al basale ha sviluppato questo danno d’organo; inoltre, per ciascun incremento unitario del punteggio medio aggiustato SELENA-SLEDAI si aveva un incremento del 24% del danno renale (HR =1,24; IC95%=1,08-1,42, P=0,003).

L’essere stati sempre trattati con idrossiclorochina ha ridotto la probabilità di danno renale del 70% (HR=0,30, IC95%=0,13-0,68, P<0,05).

Il 7% dei pazienti senza danno CV al reclutamento ha sviluppato questo danno d’organo; inoltre, per ciascun incremento unitario del punteggio medio aggiustato SELENA-SLEDAI si aveva un incremento del 17% del rischio CV (HR=1,17, IC95% =1,07-1,29, P<0,001).

L’essere stati trattati con FANS ha ridotto la probabilità di danno CV del 66% (HR=1,66, IC95% =1,04-2,63, P<0,05). Non solo: l’essere stati trattati con farmaci anti-ipertensivi ha ridotto la probabilità di danno CV dell’81%.

Da ultimo, le variazioni del punteggio SELENA-SLEDAI non hanno influito sul rischio di danno d’organo relativo ad altri distretti (periferico vascolare, polmonare e neuropsichiatrico).

Riassumendo
In conclusione, lo studio ha confermato che anche fluttuazioni minime dell’attività di malattia nei pazienti con LES necessitano di adeguate misure di contenimento dell’attività di malattia nel tempo per prevenire sia la mortalità che il danno d’organo.

Bibliografia
Hill D, et al “Impact of systemic lupus erythematosus disease activity, hydroxychloroquine and NSAID on the risk of subsequent organ system damage and death: analysis in a single US medical center” Lupus Sci Med 2021; doi:10.1136/lupus-2020-000446.
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