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Ciad: ribelli uccidono il presidente Idriss Deby

Il presidente Idriss Deby Itno, al potere in Ciad

Sangue in Ciad, ucciso dai ribelli il presidente Idriss Deby: era stato appena rieletto per la sesta volta. Sale al potere il figlio generale, “Mahamat Kaka”

Il presidente Idriss Deby Itno, al potere in Ciad da oltre 30 anni, è morto: lo ha annunciato oggi un portavoce dell’esercito, intervenendo sulla televisione di Stato.
Secondo la ricostruzione comunicata dal generale Azem Bermandoa Agouna, il capo di Stato sarebbe deceduto a seguito di ferite riportate mentre guidava un’operazione delle forze armate contro una colonna di ribelli nel nord del Paese nel fine-settimana.

Idriss Deby Itno era stato appena riconfermato presiedente al primo turno con il 79,32% dei voti. I risultati provvisori erano stati trasmessi ieri dalla Commissione elettorale nazionale indipendente (Ceni), secondo cui inoltre l’affluenza alle urne all’appuntamento dello scorso 11 aprile è stata del 64,81%, pari ad oltre 4 milioni e 600mila votanti.

LA RIVOLTA

La morte di Idriss Deby Itno arriva a poche ora da quella di un’operazione dell’esercito in cui è stata neutralizzata l’offensiva di una milizia ribelle, il Front pour l’alternance et la concorde au Tchad (Fact), con base in Libia. Il Fronte sabato scorso aveva annunciato di voler raggiungere la capitale N’Djamena per prendere il potere, ma i militari confermano di aver respinto l’assalto “uccidendo 300 combattenti”.

Intanto, sempre nei giorni scorsi quattordici leader d’opposizione avevano siglato una dichiarazione congiunta in cui, rifiutando il sesto mandato presidenziale di Deby e denunciando “la vittoria organizzata” dal suo partito, invocavano un “dialogo nazionale inclusivo” sostenuto da “imponenti manifestazioni popolari di piazza” in modo da avviare “una transizione del potere i cui caratteri e modalità saranno definite nel momento opportuno”.

La dichiarazione è stata siglata anche da Succes Masra del partito Les Transformateurs e da Yaya Dillo, protagonista a febbraio di uno scontro tra agenti di polizia – venuti per arrestarlo – e suoi sostenitori, in cui hanno perso la vita cinque membri della sua famiglia.

L’OPPOSITORE: “ANCHE DEBY ERA MORTALE, ORA RIPOSA IN PACE”

“Eri presidente, ma un mortale tra i mortali”, le parole di Succes Masra, capo del partito di opposizione Les Transformateurs, confermando sulla pagina Facebook del movimento la notizia della morte del presidente Idris Deby Itno.

Masra, commentando una foto che lo ritrae assieme a Deby, ha continuato: “Quello è stato il nostro ultimo incontro, in cui ti ho esortato a lasciare il lavoro e riposarti. Oggi, il Dio della vita ha deciso diversamente”. L’oppositore ha fatto appello alla “protezione per tutta la tua famiglia e che ti sia reso un grande omaggio, e che il popolo ti perdoni per le tue mancanze”. Ricordando i 30 anni di governo, segnati da “umane debolezze”, Masra ha espresso gratitudine per “alcuni progressi compiuti nelle nostre forze di sicurezza”.
“Noi che restiamo sul suolo degli antenati – ha continuato Masra – porteremo il Ciad verso lo sviluppo per il bene di ogni ciadiano, inclusi i tuoi figli e nipoti”.
Masra, insieme ad altri 13 leader di opposizione, si era fatto promotore di un dialogo nazionale inclusivo che favorisse la transizione democratica, rigettando la riconferma alla presidenza di Deby e accusando lui e il suo entourage di brogli elettorali. Poco fa, sulla stessa pagina, è stato comunicato che a Masra è stato ritirato il passaporto e che non potrà dunque lasciare il Ciad.

IL FIGLIO DI DEBY NOMINATO PRESIDENTE AD INTERIM

Il generale Mahamat Idriss Deby Itno, soprannominato “Mahamat Kaka”, figlio di Idriss Deby Itno, è stato nominato presidente ad interim del Ciad.

A FIANGA CONTINUANO A SOGNARE L’ACQUEDOTTO

“Il petrolio ha portato scuole e ospedali costruiti solo a metà, rimasti ora come cattedrali nel deserto; e non funziona neppure il nuovo acquedotto, comunque di per sé insufficiente per porre fine agli scontri tra gli allevatori arabi di dromedari che arrivano da nord e i contadini qui a Fianga”. Padre Silvano Perissinotto, originario di Treviso, parla con l’agenzia Dire (www.dire.it) dal Ciad profondo. Al telefono, via WhatsApp, quando torna la connessione web, solo un cenno alle elezioni. Ci sono state candidature respinte, arresti e anche un raid della polizia nella casa di un oppositore, l’ex ministro Yaya Dillo, ora latitante. Nell’assalto sono rimaste uccise due persone e altre cinque sono state ferite. Un fratello di Dillo ha sporto denuncia a Parigi sottolineando come ottenere giustizia in Ciad sia impossibile perché la magistratura dipende dal governo.

È di sabato la notizia di un primo scontro tra unità dell’esercito e ribelli del Front pour l’alternance et la concorde au Tchad (Fact). I combattimenti si sono verificati nella provincia di Kanem, circa 300 chilometri a nord di N’Djamena. I ribelli, con basi in Libia, avevano sostenuto di voler marciare fino alla capitale per cacciare Deby. In risposta, l’esercito aveva riferito di aver ucciso almeno 250 miliziani e di aver arrestato anche un loro capo. Tutto appare però lontano da Fianga, circa 300 chilometri a sud di N’Djamena, dove la savana incontra il deserto e il confine con il Camerun. In Ciad padre Perissinotto è arrivato nel 1995 e nel complesso ci ha vissuto 15 anni. Ha imparato a conoscerne i tempi e non si sorprende più dei suoi paradossi.

“Il Ciad è al 186esimo posto nella classifica dell’Onu dello sviluppo” ricorda. “Scoperto il petrolio, erano arrivati gli americani di Exxon-Mobil e pure i cinesi e nel 2003 era stato costruito un oleodotto lungo mille chilometri, fino al Camerun e all’Atlantico; si era progettato in grande ma poi, venuti giù i prezzi ed emersa la realtà, sono rimaste le cattedrali nel deserto”. La pipeline ha una capacità prossima ai 40 milioni di barili. Secondo fonti di stampa concordanti, però, lo scorso anno le oscillazioni dei prezzi del greggio avrebbero spinto sia Exxon-Mobil che i malesi di Petronas ad avviare negoziati per la cessione di quote.

A Fianga era stato promesso un nuovo acquedotto. Avrebbe portato l’oro blu, contribuendo almeno un po’ ad allontanare i conflitti tra contadini e pastori, una costante in quest’angolo di Sahel, frutto avvelenato di dinamiche e rapporti tra comunità complessi. “Alcune dispute coinvolgono gli allevatori di dromedari, altre quelli di mucche, perlopiù di origine peul” spiega il missionario: “Pesano le contraddizioni tra leggi dello Stato e consuetudini tradizionali e non è raro che ci siano feriti e pure morti”. Eppure, il Paese non sarebbe così povero. “Ci sono giacimenti di uranio e di oro e si produce cemento” riferisce padre Perissinotto. “Forse quel che manca è un po’ di spirito imprenditoriale”.

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