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Sulla Luna un rivelatore di onde gravitazionali

Sulla Luna un rivelatore di onde gravitazionali

Onde gravitazionali, un rivelatore sulla Luna: è l’idea di un team coordinato dal Gran Sasso Science Institute, team del quale fa parte anche l’Istituto nazionale di astrofisica

È possibile rivelare le onde gravitazionali anche sulla Luna? Questa è la sfida proposta dal team internazionale di scienziati e ingegneri guidato da Jan Harms, professore al Gran Sasso Science Institute e ricercatore associato Infn, che coordina la collaborazione per la realizzazione di un’antenna di onde gravitazionali lunare, la Lunar Gravitational-Wave Antenna (Lgwa). «Abbiamo sottomesso il nostro progetto all’attenzione dell’Esa e della Nasa come uno degli obiettivi di una futura missione lunare che potrebbe così offrire a questa entusiasmante idea la possibilità di concretizzarsi», spiega Harms.

La proposta, presentata in uno studio pubblicato su The Astrophysical Journal, è di rendere la Luna stessa parte di un rivelatore gravitazionale sfruttando la sua intrinseca risposta alle onde gravitazionali. Questa idea fu alla base del lavoro di Joseph Weber all’inizio degli anni ’70 e portò alla realizzazione del Lunar Surface Gravimeter, un gravimetro posto sulla superficie lunare nel 1972 con la missione Apollo 17. L’obiettivo era infatti osservare le vibrazioni lunari causate dalle onde gravitazionali, ma un errore di progettazione del misuratore ha reso impossibile eseguire l’esperimento.

«Costruire qualcosa di complesso come un rilevatore di onde gravitazionali sulla Luna è un’impresa estremamente impegnativa. È necessaria la collaborazione e il coinvolgimento di diversi soggetti e competenze», dice Harms, a capo di un team composto da oltre 80 scienziati in Italia, Belgio, Olanda, Stati Uniti, Danimarca, Svizzera e Regno Unito.

Le tecnologie impiegate per la realizzazione di un’antenna lunare per le onde gravitazionali, posta al polo sud del satellite in condizioni ambientali ottimali, potrebbero aprire nuovi scenari per l’astrofisica.  «C’è un grande potenziale per future scoperte rivoluzionarie», commenta Roberto Della Ceca, direttore dell’Osservatorio astronomico Inaf di Brera. «Saremmo in grado di vedere segnali da sistemi binari compatti costituiti da nane bianche galattiche fino a enormi buchi neri a distanze cosmiche».

«Oggi sappiamo che un gravimetro come quello ideato da Weber, anche se funzionante, non sarebbe stato abbastanza sensibile per vedere i segnali astrofisici. Occorre sviluppare una nuova generazione di sismometri lunari», spiega Joris van Heijningen di UCLouvain, parte del team che in Belgio sta lavorando a un nuovo concetto di “sismometro lunare”.

I sensori sismici del progetto Lgwa potrebbero registrare gli eventi sismici lunari con una precisione senza precedenti. «I dati provenienti da Lgwa sarebbero di grande valore per la scienza lunare facendo luce sulla struttura interna del nostro satellite, sui meccanismi dei moonquakes (cioè terremoti lunari), e sulla storia della formazione della Luna», aggiugnge Marco Olivieri, sismologo dell’Ingv sezione di Bologna.

Il progetto sta ora entrando in una fase di analisi e valutazione dettagliate delle tecnologie scientifiche impiegate e del loro sviluppo. «Certo, alcune sfide sono ancora da superare. Ma c’è un costante e rinnovato interesse per la Luna da parte di tante nazioni e agenzie spaziali. L’eccezionale esperienza acquisita in Europa e soprattutto in Italia per le tecnologie e le esplorazioni nello spazio giocano a nostro favore», conclude Harms.

«Verificare la fattibilità ingegneristica della missione e i requisiti dati dagli esperimenti scientifici, come ad esempio saper collocare e muovere opportunamente i sismometri sulla superficie lunare, è una delle maggiori sfide affrontate», dice Giuseppe Morsillo, presidente del Cira.

Il team che ha pubblicato lo studio su Lgwa è attualmente composto da esperti provenienti dal Gran Sasso Science Institute, dai Laboratori nazionali del Gran Sasso dell’Infn, dall’Istituto nazionale di astrofisica, dall’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, da Space Boy Station srl, dal Centro italiano ricerche aerospaziali, dall’Osservatorio polifunzionale del Chianti, dalle università di Firenze, Sapienza di Roma, d’Annunzio di Pescara, di Padova e di Bologna in collaborazione con altri gruppi di ricerca americani ed europei.

Attualmente, la ricerca delle onde gravitazionali è affidata a tre interferometri, l’osservatorio per onde gravitazionali Virgo (in funzione in Italia presso Ego, lo European Gravitational Observatory), i Ligo (due rivelatori gemelli in Louisiana e nello stato di Washington, in Usa) a cui si unirà il giapponese Kagra (a Kamioka, nella prefettura di Gifu). Per il futuro è in discussione la scelta del sito dove costruire l’Einstein Telescope, un osservatorio pionieristico di terza generazione che l’Italia si è candidata a ospitare. Nello spazio, la missione Lisa Pathfinder dell’Agenzia spaziale europea, conclusa nel 2017, ha messo alla prova con successo il concetto di rivelazione di onde gravitazionali dallo spazio, preparando il terreno per la costruzione dell’osservatorio spaziale Lisa (Laser Interferometer Space Antenna), il cui lancio in orbita è previsto intorno alla metà degli anni ’30.

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