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Autismo: percorsi efficaci con il modello DERBBI

Bambina affetta da autismo si tiene le mani sul volto

Complessità, multidisciplinarietà e personalizzazione sono le caratteristiche del Modello DERBBI per percorsi destinati a chi soffre di autismo

Stereotipie e atipie non devono piu’ spaventare. Tutta la popolazione “normotipica” e’ chiamata a compiere uno sforzo per comprendere il senso di alcuni comportamenti autistici. “Soprattutto non c’e’ bisogno di avere solo e sempre una visione catastrofica dei disturbi dello spettro autistico, perché’ tutto il lavoro fatto ci dimostra che tantissimi bambini possono avere dei percorsi positivi. Molti possono raggiungere degli optimal outcomes e per ogni bambino vale la pena di mettere in campo tutti gli sforzi possibili”.

Lo dice Magda Di Renzo, responsabile del servizio Terapie dell’Istituto di Ortofonologia (IdO), ponendosi l’obiettivo di rendere accessibile a famiglie e operatori sociosanitari il primo approccio evolutivo a mediazione corporea DERBBI – Developmental, Emotional Regulation and Body-Based Intervention, creato dall’IdO 20 anni fa per il trattamento dell’autismo e che negli ultimi anni ha avuto un grande impulso nella ricerca che ha permesso di evidenziare i dati di efficacia. Oggi l’IdO inaugura il nuovo corso su ‘Autismo, progetto riabilitativo Tartaruga-DERBBI’, in collaborazione con la Fondazione MITE e il patrocinio della Società’ italiana di pediatria, per presentarlo nel dettaglio a psicologi, pediatri, neuropsichiatri infantili, logopedisti, psicomotricisti, educatori professionali, insegnanti di sostegno e curriculari, pedagogisti, operatori del settore e genitori.

Tre i punti cardine dell’approccio dell’IdO sull’autismo: complessità’ del disturbo, necessita’ di un’equipe multidisciplinare e affrontare sempre il senso che hanno le atipie del bambino fin dai primi mesi di vita, per modulare ogni intervento su misura di ciascuna persona. “Nel nostro modello e’ prioritaria l’attenzione ai meccanismi propri della dimensione affettivo-corporea che sono primari in questo disturbo e che determinano poi tutte le altre conseguenze”, chiarisce Di Renzo.

Di fronte a una condizione complessa come l’autismo non puo’ esistere un unico intervento. Per individuare allora il modello “elettivo” per ogni bambino con disturbi dello spettro autistico, il primo passo e’ una buona valutazione: “Troppo spesso, ancora oggi, si tende ad arrivare alla diagnosi attraverso un’osservazione quasi esclusivamente dei comportamenti- chiosa Elena Vanadia, neuropsichiatra infantile IdO- ma noi sappiamo che gli stessi comportamenti di tipo autistico, pure all’interno dello stesso disturbo, possono avere matrici differenti ed essere quindi espressioni di condizioni piu’ o meno complesse che hanno un valore nella programmazione terapeutico, dal tipo di approccio al timing. Ecco perché osservare il bambino in equipe, potergli proporre test e prove standardizzate accompagnate da questionari ai genitori, permette una valutazione sia clinica specialistica (aspetti neurobiologici e neurofisiologici, genetici/epigenetici, metabolici, ecc.) che psichiatrica/psicologica, in chiave evolutiva e psicodinamica. Per evolutivo e psicodinamico- precisa la neuropsichiatra- intendo la consapevolezza dell’operatore di essere parte integrante della relazione terapeutica con il bambino e del suo percorso, della possibilità’ che il bambino acquisisca e specializzi abilita’ anche nei contesti naturali, del fatto che di fronte a tanta complessità sarà necessario intervenire in modo globale ma al tempo stesso mirato rispetto alle caratteristiche individuali e alla fase evolutiva. Cosi’ definiamo il profilo di funzionamento del bambino per valutare i suoi punti di forza, di debolezza – compreso il sistema familiare e scolastico in cui cresce – e i predittori che ci consentono di individuare se quel bambino sarà ‘un candidato elettivo’ per il modello DERBBI”.

“Durante i sei incontri in programma fino al 24 aprile ci soffermeremo su tutti gli elementi di valutazione e terapia che appartengono specificamente al modello DERBBI”. Questo approccio ha, infatti, il merito di aver anche elaborato, sulla base di riflessioni partite proprio dalla clinica, alcuni predittori che consentono di individuare quelle potenzialità che attraverso un intervento evolutivo relazionale fondato sulla dimensione affettivo-corporea com’è il DERBBI “ci permettono di auspicare prognosi migliori”. Di Renzo si riferisce alla presenza di tre competenze: la capacità di comprendere le intenzioni altrui, la capacità di essere all’interno di un contagio emotivo (predittore dell’empatia) e la strutturazione del gioco simbolico. Inoltre saranno disponibili per gli iscritti, sul sito Ortofonologia.it, tutta una serie di approfondimenti “in cui si tratterà dalla genetica al microbioma, dal lavoro terapeutico, soprattutto nei primi 4 anni di terapia, a quello di tipo artistico, dalla terapia assistita con gli animali fino al tracciare una panoramica di tutti gli nnumerevoli specialisti che girano intorno a un progetto così complesso, come ad esempio l’osteopata”.

“Le difficoltà di integrazione e regolazione sensoriale possono incidere sul modo che un bambino ha di percepire il mondo esterno. Questo non significa solo fare esperienze che possano essere percepite come fastidiose o addirittura nocive, significa anche che il bambino strutturerà dei comportamenti reattivi di difesa o di attacco rispetto a questa soglia. Ma ancora di più, che rischierà di distorcere il modo in cui interpreterà l’intenzione dell’altro. Se noi già sappiamo che il bambino con autismo ha un deficit nell’accesso alla teoria della mente, nella capacità di mettersi nei panni dell’altro e di comprendere l’intenzione dell’altro – spiega Vanadia -, possiamo anche ipotizzare che la sensorialità può rappresentare una delle alterazioni alla base di questa difficoltà; e può rappresentare altresì un paradigma attraverso cui possiamo spiegare quell’intreccio fra componenti neurobiologiche, fenomenologiche e dimensione affettivo-relazionale-sociale. Essendo un elemento a nostro avviso fondamentale nell’organizzazione autistica, tanto da essere diventata criteriale anche nel DSM 5, diamo a essa particolare rilievo tanto a livello valutativo diagnostico quanto poi nell’intervento terapeutico. Il DERBBI condivide con altri approcci di tipo evolutivo l’attenzione alla sensorialità. Basti pensare al Dir Floortime che considera primarie le difficoltà di processazione sensoriale e che e’ un approccio interattivo”.

Il modello DERBBI è già attivo in numerose realtà. “Siamo contenti per l’oggettivazione di un approccio, ovvero la sua ripetibilità’. Stiamo portando avanti questo approccio nella provincia di Trapani – fa sapere la responsabile del servizio Terapie IdO – la stessa cosa a Francofonte, che prende l’aria di Catania e Siracusa. Attualmente sono partite due ricerche internazionali in Brasile con il Centro di riferimento di São Gonçalo (Rio de Janeiro) e con l’Universidad del Valle di Cali in Colombia”. In questi ultimi due casi si tratta di ricerche particolarmente “importanti perché’ ci permettono di verificare sia le differenze culturali che incidono sul disturbo, che gli aspetti invariabili a prescindere dalla cultura. Tema che sarà oggetto di un prossimo articolo scientifico e che arricchisce la nostra comprensione del problema”, conclude DI Renzo. Sul sito dell’IdO, a questo link https://www.ortofonologia.it/corso-autismo-progetto-riabilitativo-
tartaruga-derbbi/, è’ possibile accedere direttamente alla pagina dedicata al corso con tutte le informazioni.

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