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Ipercolesterolemia familiare omozigote: il quadro in Italia

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Ipercolesterolemia familiare omozigote: una revisione ha analizzato le caratteristiche della patologia negli ultimi 30 anni in Italia

Il Gruppo di studio italiano dell’ipercolesterolemia familiare omozigote (HoFH) ha di recente pubblicato su “Atherosclerosis” una revisione delle caratteristiche cliniche e molecolari dei pazienti con HoFH identificati nel nostro paese dal 1989 al 2019.

«L’ipercolesterolemia familiare omozigote è una rara malattia genetica caratterizzata da livelli plasmatici estremamente elevati di colesterolo delle lipoproteine a bassa densità (LDL-C) e alto rischio di malattie cardiovascolari aterosclerotiche precoci (ASCVD)» ricordano gli autori, guidati da Stefano Bertolini, del Dipartimento di Medicina Interna dell’Università di Genova.

Tipologia delle varianti genetiche
«L’ipercolesterolemia familiare omozigote è causata da varianti patogene di diversi geni» spiegano gli autori «come LDLR (recettore delle LDL), APOB (apolipoproteina B) e PCSK9 (proproteina convertasi subtilisina/kexina di tipo 9), responsabili dell’ipercolesterolemia autosomica dominante (ADH), e LDLRAP1 (lipoproteina adattatore del recettore delle lipoporteine a bassa densità 1), responsabile dell’ipercolesterolemia autosomica recessiva (ARH)».

Più del 90% dei pazienti con ipercolesterolemia familiare omozigote ha una variante patogena in entrambi gli alleli LDLR. I pazienti possono essere portatori di due varianti patogene identiche (veri omozigoti: HO) o di due differenti varianti patogene (eterozigoti composti: CHE).

Varianti patogene in altri geni, come APOB, PCSK9 o, raramente, LDLRAP1 si trovano anche in pazienti con un fenotipo clinico coerente con HoFH. I pazienti sono definiti doppi eterozigoti (DHE) quando portano una variante patogena in LDLR in combinazione con una variante nel gene APOB o PCSK9.

«Dal punto di vista clinico» riprendono gli studiosi «i criteri comunemente adottati per la diagnosi di HoFH si basa su livelli di LDL-C =/>500 mg/dl (=/>13 mmol/l), la presenza di xantomi cutanei e/o tendinei nell’infanzia (spesso associati a stenosi aortica) e ipercolesterolemia in entrambi i genitori».

La prevalenza di HoFH dominante è stata stimata in 1: 1.000.000 e la prevalenza di portatori eterozigoti in 1: 500.

Lo scopo di questo studio era un aggiornamento delle caratteristiche genetiche e cliniche dei pazienti HoFH identificati in Italia negli ultimi tre decenni, basandosi sui dati di un’ampia coorte di pazienti caratterizzati molecolarmente con la forma dominante e recessiva del disturbo.

Prognosi più grave per i pazienti con genotipo R-NEG
I dati sono stati raccolti da cliniche lipidiche e laboratori che avevano eseguito diagnosi molecolari in casi di sospetta HoFH. I dati clinici includevano livelli lipidici di base ed eventi ASCVD.

Sono stati identificati in totale 125 soggetti con ADH, di cui 60 veri omozigoti, 58 eterozigoti composti e 7 doppi eterozigoti per le varianti patogene LDLR (probabili). Al momento della diagnosi molecolare, la loro età variava da 1 a 73 anni.

«Rispetto agli eterozigoti composti, i veri omozigoti mostravano un fenotipo lipidico più grave e più eventi ASCVD. Inoltre, i pazienti con ADH portatori di varianti negative LDLR (R-NEG) si presentavano con un fenotipo più aggressivo, rispetto ai portatori di varianti difettose LDLR (R-DEF)» riferiscono gli autori.

«L’analisi di Kaplan-Meier ha mostrato che l’età media della sopravvivenza senza eventi ASCVD era di 25 anni nei soggetti R-NEG rispetto ai 50 anni di età nei pazienti R-DEF» scrivono.

In particolare, precisano, i pazienti con genotipo R-NEG/NEG erano significativamente più giovani al momento della diagnosi molecolare e mostravano un fenotipo più grave in termini di livelli plasmatici di LDL-C rispetto ai pazienti con genotipi R-DEF/DEF + R-NEG/DEF.

Inoltre, proseguono, «abbiamo scoperto i pazienti con R-NEG avevano un fenotipo più grave rispetto ai pazienti con R-DEF riguardo ad altre caratteristiche cliniche come i livelli plasmatici di HDL-C, trigliceridi, Lp (a), prevalenza di xantomi planari e tuberosi».

Sono stati identificati anche 66 pazienti con ARH, di cui 46 omozigoti e 20 eterozigoti composti» fanno notare gli autori.

«Le caratteristiche fenotipiche dei pazienti affetti da ARH erano simili a quelle dei pazienti con R-DEF/ADH. Complessivamente, il 45% dei pazienti affetti da ADH e il 33% dei pazienti affetti da ARH non soddisfacevano i classici criteri diagnostici per HoFH» affermano Bertolini e colleghi.

Ampio intervallo dei livelli di LDL-C
Sia nei pazienti HO che nei CHE, il livello plasmatico di LDL-C variava in un ampio intervallo  Un livello plasmatico di LDL-C =/> 13 mmol/L (il livello di cut-off comunemente adottato per la diagnosi di HoFH) era documentato rispettivamente nel 70,0% degli HO e nel 44,8% degli CHE, mentre un livello di LDL-C =/> 10,3 mmol/l è stato osservato nell’88,3% degli HO e nell’82,8% degli CHE, rispettivamente.

«Complessivamente, nella nostra coorte, solo il 55% dei pazienti con ADH (omozigoti, eterozigoti composti e doppi eterozigoti) e il 67% dei pazienti con ARH (omozigoti ed eterozigoti composti) sono risultati avere livelli di LDL-C =/> 13 mmol/l» sottolineano Bertolini e colleghi.

Questo risultato, affermano, conferma le osservazioni riportate da altri ricercatori e rafforza la raccomandazione di adottare LDL-C ≥ 10,3 mmol/l  (=/> 400 mg/dl) come livello di cut-off più affidabile.

L’eterogeneità delle varianti del gene LDLR è risultata associata a una notevole variabilità nell’espressione clinica del malattia sia negli omozigoti che negli eterozigoti composti, aggiungono.

«Nella nostra coorte, la variabilità fenotipica dell’HoFH dipendeva dal gene candidato coinvolto e dall’impatto funzionale delle sue varianti sulla pathway del recettore LDL» concludono gli autori.

Riferimenti

Bertolini S, Calandra S, Arca M, Averna M, Catapano AL, Tarugi P; Italian Study Group of Homozygous Familial Hypercholesterolemia. Homozygous familial hypercholesterolemia in Italy: Clinical and molecular features. Atherosclerosis. 2020 Nov;312:72-78. doi: 10.1016/j.atherosclerosis.2020.08.027.  leggi

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