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Terapia genica: ridotta la tossicità neurologica

La sensibilizzazione centrale rende più difficile il trattamento del dolore cronico e favorisce il disturbo da uso di oppioidi secondo nuovi studi

I ricercatori della Penn Medicine hanno sviluppato un approccio innovativo per ridurre la tossicità delle terapie geniche che agiscono sul sistema nervoso centrale

La terapia genica basata sull’utilizzo dei vettori virali adeno-associati (AAV) sta mostrando risultati molto promettenti in alcune patologie neurologiche: un esempio su tutti è onasemnogene abeparvovec (nota con il nome commerciale Zolgensma) per l’atrofia muscolare spinale (SMA). La ricerca però non si ferma ai risultati positivi e continua ad analizzare la terapia genica a 360 gradi, con l’obiettivo di portare nella pratica clinica terapie sempre più sicure ed efficaci. Di recente, alcuni studi su modelli animali hanno evidenziato che alte dosi di terapia genica mirata al sistema nervoso centrale (SNC) possono causare tossicità nei gangli della radice dorsale (DRG). Un gruppo di ricerca della Penn Medicine a Filadelfia ha sviluppato una tecnica basata su microRNA per provare ad aggirare il problema.

I primi vettori AAV, isolati e messi a punto negli anni ’60, non erano molto efficienti: raggiungevano un basso livello di trasduzione, cioè di trasferimento di sequenze geniche dal vettore virale alla cellula. Negli anni 2000, i ricercatori hanno scoperto una famiglia di AAV con un’efficienza di trasduzione molto più elevata e con un profilo di sicurezza favorevole al loro utilizzo. Purtroppo, però, alcuni dati sulla tossicità emersi in studi preclinici condotti in primati non umani potrebbero limitare l’impatto della terapia genica per le condizioni neurologiche. Motivo per cui i ricercatori della Penn Medicine a Filadelfia, negli Stati Uniti, hanno sviluppato un approccio innovativo e mirato che è stato recentemente descritto su Science Translational Medicine.

Alcuni precedenti studi del gruppo di ricerca statunitense, condotti su primati non umani, avevano mostrato lo sviluppo acuto di trombocitopenia (o piastrinopenia, ovvero la carenza di piastrine nel sangue), che, in alcuni casi, si è evoluto in una sindrome letale di emorragia e shock. I problemi più gravi si sono verificati dopo la somministrazione endovenosa di alte dosi di AAV per colpire il sistema nervoso centrale o il sistema muscolo-scheletrico. Inoltre, si sono verificati anche episodi di aumento acuto degli enzimi epatici, riduzioni delle piastrine, anemia, insufficienza renale e attivazione del complemento. Più di recente, era stato identificato un problema di degenerazione nei gangli della radice dorsale (DRG) – un gruppo di cellule neurali all’esterno del midollo spinale responsabile della trasmissione dei messaggi sensoriali – sia nei primati che nei maiali. La tossicità neuronale è associata alla degenerazione degli assoni dei nervi periferici e degli assoni centrali, che salgono nel midollo spinale. Questo tipo di tossicità, per fortuna, non è stata segnalata negli esseri umani – nei quali porterebbe alla rottura degli assoni responsabili della trasmissione degli impulsi dai nervi al cervello – ma i ricercatori hanno comunque deciso di correre ai ripari.

Inizialmente hanno valutato l’ipotesi della risposta immunitaria contro il vettore virale come causa della tossicità, ma è stata scartata in quanto non è stata alleviata da immunosoppressori e steroidi. I ricercatori hanno poi evidenziato che la tossicità deriva dalla sovra-espressione del “gene terapeutico” veicolato nelle cellule del DRG. L’idea è stata quindi di puntare ad uno stratagemma specifico: ovvero utilizzare una piccola molecola di RNA (microRNA) progettata appositamente per ridurre il livello di espressione genico in quelle cellule, con il noto meccanismo di “RNA interference”. È stato scelto il microRNA-183 poiché è in gran parte limitato ai neuroni nel DRG ed è stato studiato in diversi modelli animali (topi e primati). Le analisi istologiche effettuate hanno dimostrato che l’azione del microRNA ha ridotto significativamente l’espressione del “gene terapeutico” nelle cellule dei gangli della radice dorsale, ma senza influenzare i livelli di trasduzione altrove.

“Crediamo che questo nuovo approccio potrebbe migliorare la sicurezza nel campo della terapia genica a livello universale”, ha dichiarato Juliette Hordeaux, autrice dello studio e direttrice della ricerca traslazionale nel programma di terapia genica della Penn. “Questo approccio potrebbe essere utilizzato per progettare altri vettori di terapia genica per ridurre l’espressione del transgene nelle cellule che sono affette dalla tossicità, e non in altre. Il che è fondamentale poiché per trattare efficacemente una patologia è spesso necessaria l’efficace espressione del gene in varie parti dell’organismo”.

La sicurezza di un farmaco è un punto cardine per poter far arrivare sul mercato terapie efficaci e sempre più innovative.

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