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Da LoFar la mappa del cielo a frequenze radio ultra-basse

Buchi neri supermassicci più leggeri del previsto: la scoperta degli astronomi Francesco Shankar dell’università di Southampton e Viola Allevato della Scuola Normale di Pisa e dell’Istituto nazionale di astrofisica

Prodotta grazie alle osservazioni del radiotelescopio LoFar la più grande e nitida mappa del cielo a frequenze radio ultra-basse: rivela più di 25mila buchi neri supermassicci

A prima vista, la mappa che vedete qui sopra sembra un’immagine di un cielo notturno stellato. Tuttavia, questo scorcio di cielo è stato ottenuto grazie ai dati raccolti dal radiotelescopio LoFar (Low Frequency Array) nella banda radio. Le stelle sono quasi invisibili in questo intervallo di frequenze, a dominare l’immagine sono invece i buchi neri. Con questa mappa, gli astronomi cercano di scoprire oggetti celesti che emettono prevalentemente onde a frequenze radio ultra-basse. Tali oggetti celesti includono la materia diffusa nella struttura a larga scala dell’universo, getti di plasma espulsi da buchi neri supermassicci centinaia di milioni di anni fa ed esopianeti i cui campi magnetici stanno interagendo con le loro stelle ospiti. Anche se tra le più grandi del suo genere, la mappa pubblicata mostra solo il due per cento di tutto il cielo. La ricerca di questi fenomeni esotici continuerà per diversi anni fino a quando una mappa di tutto il cielo settentrionale sarà completata.

Le onde radio ricevute da LoFar e utilizzate per questo lavoro sono lunghe fino a sei metri, il che corrisponde a una frequenza di circa 50 MHz. Sono le onde radio più lunghe mai usate per osservare un’area così ampia del cielo a questa profondità. “La mappa è il risultato di molti anni di lavoro su dati incredibilmente difficili da raccogliere ed elaborare. Abbiamo dovuto inventare nuove strategie per convertire i segnali radio in immagini del cielo, ma siamo orgogliosi di aver aperto questa nuova finestra sul nostro universo”, dice Francesco de Gasperin, ricercatore all’Università di Amburgo e autore principale della pubblicazione. De Gasperin, già associato Inaf, nei prossimi mesi rientrerà in Italia per continuare le sue ricerche in pianta stabile presso l’Istituto nazionale di astrofisica a Bologna.

C’è una ragione per cui l’universo a queste lunghezze d’onda radio è quasi inesplorato: tali osservazioni sono molto impegnative. La ionosfera, uno strato di elettroni liberi che circonda la Terra, agisce come una lente in continuo movimento sul radiotelescopio. L’effetto della ionosfera può essere paragonato al tentativo di vedere il mondo mentre si è immersi in una piscina. Guardando verso l’alto, le onde sull’acqua deviano i raggi di luce e distorcono la vista. Per tenere conto delle perturbazioni ionosferiche, gli scienziati hanno usato supercomputer e nuovi algoritmi per ricostruire il suo effetto ogni quattro secondi nel corso di 256 ore di osservazione.

«Questo lavoro apre la strada alla possibilità di osservare l’universo a lunghezze d’onda molto lunghe con un dettaglio mai raggiunto prima», commenta Gianfranco Brunetti, astrofisico dell’Inaf a Bologna coinvolto nello studio e coordinatore del consorzio italiano LoFar. «Nei prossimi due anni abbiamo in programma circa duemila ore di osservazione per mappare tutto il cielo nord a declinazione maggiore di 20 gradi, producendo qualche centinaio di terabyte di dati che saranno analizzati in larga parte in Italia. L’analisi di questi dati potrebbe svelare fenomeni ancora sconosciuti, ad esempio potremmo vedere emissione proveniente da filamenti cosmici che tracciano la distribuzione della materia nell’universo su grande scala».

LoFar è attualmente il più potente radiotelescopio operativo tra 10 e 240 MHz, le frequenze più basse provenienti dal cosmo che possono essere captate da strumenti sulla Terra. È costituito da 25 mila antenne distribuite su 52 stazioni sparse in nove stati: Paesi Bassi, Germania, Polonia, Francia, Regno Unito, Svezia, Irlanda, Lettonia e Italia. L’Inaf guida un consorzio nazionale, partecipando con il suo personale anche allo sviluppo della nuova generazione di dispositivi elettronici allo stato dell’arte che equipaggeranno il radiotelescopio e al software che regola il funzionamento del telescopio.

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