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Covid: meno contagi tra chi assume anti-estrogeni

I farmaci anti IL-1 rappresentano un'opzione di trattamento sicura ed efficace nei pazienti affetti da febbre mediterranea familiare

Meno contagi tra le donne che assumono farmaci anti-estrogeni: potrebbero avere un ruolo protettivo dal Covid-19 secondo uno studio

I farmaci “anti-estrogeni” tra i più usati per il tumore al seno e dell’ovaio potrebbero avere un’azione contro Sars-CoV-2.

L’ipotesi sta emergendo da diversi studi. L’ultimo è italiano e mostra che le pazienti oncologiche che assumono SERM (Modulatori Selettivi del Recettore Estrogenico), come il tamoxifene, hanno un tasso di positività al virus di circa il 60% inferiore, una riduzione del 40% delle ospedalizzazioni e del 45% dei decessi rispetto alle altre pazienti. La ricerca è stata condotta da Monica Montopoli (VIMM – Università di Padova) e Arianna Calcinotto (IOR di Bellinzona), con la collaborazione del Registro Tumori Veneto, e i risultati sono stati pubblicati su Annals of Oncology, in una lettera all’editore. Le ricercatrici hanno utilizzato i dati di oltre 51 mila donne (con età media di 56 anni) testate per il nuovo coronavirus tra il 22 febbraio e il 1 aprile del 2020. Di queste, 330 erano pazienti oncologiche: 128 con tumore al seno e 7 con tumore ovarico. Complessivamente, 52 di queste donne erano in terapia con tamoxifene o un altro farmaco SERM. Nel campione dello studio la percentuale di infezione in chi non ha avuto un tumore è stata del 9,1%, mentre nelle persone con tumore è risultata del 13,4%. In chi assumeva SERM, però, il dato scende al 10,8%. “Una differenza statisticamente significativa – afferma Monica Montopoli -. I dati confermano che i pazienti oncologici hanno in generale un rischio maggiore di sviluppare complicanze da Covid, di ospedalizzazioni e di decesso. I SERM, però, sembrano avere un effetto protettivo, come è emerso già in altri studi. Non si è osservata alcuna riduzione, invece, nelle pazienti che assumevano altre terapie oncologiche, come gli inibitori dell’aromatasi o gli agonisti GnRH. Bisognerà confermare questi risultati su un campione più grande e fare altri studi per capire meglio il possibile meccanismo di azione dei SERM. L’intenzione è di far partire prossimamente uno studio clinico”.

L’idea dello studio parte da un’altra ricerca: lo scorso anno era emerso che i pazienti affetti da cancro alla prostata trattati con terapie di deprivazione androgenica (ADT) presentavano un minor rischio di infezione e di sviluppo del Covid-19 rispetto a pazienti non trattati. Il presupposto – spiegano i ricercatori – è che gli ormoni sessuali possano avere un ruolo nel decorso della malattia Covid-19, perché contribuiscono a regolare il sistema immunitario e le diverse proteine coinvolte nell’infezione da Sars-CoV-2, come ACE2 e TMPRSS. Attualmente, infatti, per testare la possibile efficacia della terapia ADT nei confronti del coronavirus è in corso uno studio internazionale. Anche i SERM, in linea di principio, potrebbero alterare il meccanismo di fusione tra il virus e la cellula ospite.

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