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Fibromialgia: destrometorfano a basse dosi inefficace

Fibromialgia: attività muscolare e qualità della vita ridotti

Scarsa efficacia del destrometorfano a basso dosaggio per la fibromialgia secondo un nuovo studio pubblicato su Journal of Pain Research

In uno studio pilota, pubblicato su Journal of Pain Research, non sono state trovate prove evidenti a sostegno dell’uso di destrometorfano a basso dosaggio come trattamento per la fibromialgia. Servono studi su altri dosaggi per approfondire l’eventuale efficacia.

La fibromialgia (FM) è una condizione di dolore cronico debilitante con poche opzioni di trattamento. Nelle persone con fibromialgia sono stati trovati livelli anormali del fattore di rilascio della corticotropina, di vari neurotrasmettitori e peptidi oppioidi che implicano meccanismi fisiopatologici complessi nella malattia che non sono stati completamente chiariti, in parte a causa di una comprensione incompleta della sua fisiopatologia.

Per tale motivo ci sono pochi trattamenti efficaci per la FM. Tre farmaci (pregabalin, duloxetina e milnacipran) sono stati approvati dalla Food and Drug Administration (FDA) per la gestione del dolore nella FM, ma la loro efficacia è modesta.
Recenti studi hanno mostrato anche una eccessiva attivazione della microglia cerebrale rispetto alle persone senza FM con produzione di citochine pro-infiammatorie e specie attivate dell’ossigeno.

La sensibilizzazione centrale e la neuroinfiammazione sono state dunque presentate come modelli di fisiopatologia della FM, entrambe le quali indicano il destrometorfano (DXM) come potenziale trattamento.
DXM è un antagonista del recettore NMDA e modulatore della microglia con proprietà antineuroinfiammatorie a basse dosi.

È disponibile per uso clinico ma non è stato valutato come trattamento per la fibromialgia utilizzato a bassi dosaggi che è stato lo scopo di questo studio.
Poiché grandi dosi di DXM possono produrre significativi effetti sedativi, dissociativi e allucinogeni, gli autori hanno studiato dosaggi molto più bassi del farmaco.

Dosaggi inferiori di DXM potrebbero essere in grado di ridurre la neuroinfiammazione senza bloccare i recettori NMDA, evitando così effetti dissociativi indesiderati.
Lo studio in singolo cieco, controllato con placebo ha coinvolto 14 donne (23-65 anni) che rispettavano i criteri dell’American College of Rheumatology 2010.

La durata media della FM era di dieci anni e due mesi (M=10,19, SD=6,90) e le partecipanti hanno riferito una gravità FM media di 22,14 (SD=3,76) su 31, in base ai criteri ACR.
Quattro partecipanti usavano duloxetina. Le partecipanti hanno riferito un livello moderato di gravità del dolore sul BPI al basale (M=5,86, SD=1,57) e un livello moderato di interferenza del dolore sulle attività quotidiane (M=5,98, SD=1,68).

Attraverso apposito questionario sono stati quantificati sintomi di ansia media moderati (M=10,57, SD = 4,43) e sintomi depressivi da lievi a moderati (M=8,36, SD=4,03).
Le pazienti hanno ricevuto un placebo per cinque settimane, seguito da 20 mg di DXM per dieci settimane, fornendo rapporti giornalieri sui sintomi su una scala 0-100.

Dolore e attività fisica erano rispettivamente gli esiti primari e secondari.
I sintomi giornalieri durante le ultime quattro settimane di placebo sono stati confrontati con le valutazioni durante le ultime quattro settimane di trattamento attivo utilizzando equazioni di stima generalizzate (GEE).
I risultati hanno mostrato che il destrometorfano è stato ben tollerato e l’aderenza al trattamento è stata elevata.

Il dolore al basale è stato ridotto di almeno il 20% in sei partecipanti. Il dolore quotidiano auto-riferito e l’attività fisica nell’intera coorte non erano significativamente diversi tra le condizioni placebo e DXM e le ipotesi primarie non erano supportate. La mancanza di risultati significativi durante l’analisi delle ultime quattro settimane di trattamento potrebbe essere il risultato di una potenza statistica ridotta, ma potrebbe anche significare che gli effetti del DXM sono più pronunciati all’inizio del trattamento.

Va notato che gli effetti del placebo di solito contribuiscono ai benefici complessivi di un farmaco, evidenziato nello studio attuale da cambiamenti in tutti i principali risultati quando si confronta il periodo di placebo con il punteggio basale.
Secondo gli autori, per determinare se gli effetti placebo sono mediati da effetti fisiologici (ad es. antinfiammatori) o psicologici (ad es. aspettativa), o una combinazione di entrambi, studi futuri potrebbero misurare queste variabili direttamente, ad esempio, tramite marker infiammatori sierici e questionari convalidati sull’aspettativa del farmaco.

Gli autori hanno evidenziato anche un aumento delle ALT che dovrà essere monitorato accuratamente in studi futuri. Analisi esplorative utilizzando l’intero quadro di dati relativi a placebo e DXM hanno mostrato che il dolore era significativamente inferiore nella condizione DXM rispetto alla condizione placebo (b=−9,933, p=0,013).

Si tratta comunque di uno studio pilota e studi futuri dovranno considerare diversi dosaggi e programmi di dosaggio. Questo studio non cambia la pratica clinica sul trattamento della FM, dunque farmaci sperimentali, incluso il DXM, non dovrebbero essere usati come trattamento di prima linea a causa della quantità limitata di prove che attualmente sostengono il loro utilizzo in queste popolazioni.

Mueller C. et al., Low-Dose Dextromethorphan for the Treatment of Fibromyalgia Pain: Results from a Longitudinal, Single-Blind, Placebo-Controlled Pilot Trial J Pain Res  2021 Jan 27;14:189-200. doi: 10.2147/JPR.S285609. eCollection 2021.

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