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Sonno: le donne dormono meno e peggio

Cos'è lo stress? Come riconoscere eustress (stress buono) e distress (stress cattivo)? Gli psicologi spiegano come prevenirli e sfruttarli

Il sonno femminile è più fragile: le donne secondo la scienza dormono meno e peggio a causa dell’innato multitasking e degli ormoni

Passiamo a letto un terzo della nostra esistenza, ma continuiamo a sottovalutare l’importanza di vivere questo momento in modo salutare. Il sonno ha infatti un’enorme rilevanza sulla quantità e qualità del nostro benessere, salute e durata della vita. Sfortunatamente viene però spesso disturbato dalle mille sollecitazioni ambientali, dal richiamo della prole e dalle richieste dell’assistenza o dallo stress lavorativo. Il sonno della donna è più fragile di quello dell’uomo per via del suo innato multitasking. Anche l’insonnia è una patologia che spesso si declina al femminile, è sorella dell’ansia e cugina della depressione. Mentre una donna sana in gioventù, nella prima parte del suo ciclo riproduttivo, presenta meno rischi biologici di patologie organiche del sonno, quali le apnee notturne o i disturbi del movimento nel sonno, questo cambia in epoche particolari della vita quali la gravidanza o la menopausa. Gli ormoni femminili infatti influenzano in maniera significativa la continuità e l’efficienza del sonno notturno, le sue capacità ristorative e di protezione nei confronti delle malattie cardio-cerebrovascolari, nonché del declino cognitivo.

Ne abbiamo parlato con il dottor Vincenzo Tullo, neurologo e specialista in medicina del sonno e delle cefalee di Humanitas.

I disturbi del sonno in gravidanza

In gravidanza il potere ristoratore del sonno è minacciato dall’aumento del peso, dal russamento, dalle apnee della gestante con il possibile sviluppo di ipertensione gravidica, condizioni che espongono ad un parto pre-termine e assistito, con deleterie conseguenze sul benessere materno-fetale. Un’altra patologia in gravidanza spesso responsabile dell’insonnia materna è quella delle “gambe senza riposo”, legata alla carenza di ferro e di altri fattori neurotrofici propri di questa fase e che tanto impatta non solo la continuità del sonno materno, ma anch’essa il benessere materno-fetale, inducendo alterazioni cardiovascolari che rappresentano altrettanti fattori di rischio nell’ambito della gestazione. A questo difficile periodo segue il puerperio, con le alterazioni umorali tipiche delle neomamme e dalla carenza di riposo per via delle nuove sollecitazioni della prole che possono portare a quello che gli anglofoni chiamano “maternity blues” (sindrome del terzo giorno o depressione post partum), se non alla psicosi puerperale con i noti rischi per sé e per la prole.

Gli effetti degli ormoni della menopausa

Anche la menopausa rappresenta un altro periodo di vulnerabilità biologica, in cui la brusca caduta degli ormoni riproduttivi modifica la distribuzione del peso corporeo e conferisce alla donna un rischio biologico di disturbo respiratorio simile a quello dell’uomo.

Alcuni importanti esperti italiani di malattie del sonno hanno concentrato i loro studi proprio sulle differenti patologie del sonno in menopausa e la loro ripercussione su emotività ed umore, capacità cognitive, benessere psicofisico, rischio cardio e cerebrovascolare e, ancora una volta, di comparse e mantenimento delle “gambe senza riposo” con il rischio ipertensivo e di comorbidità psichiatrica ad esso connessi. Le diverse relazioni degli esperti sono state raccolte e revisionate in un lavoro unitario che è stato pubblicato sulla nota rivista scientifica internazionale Maturitas e presentate a Roma durante l’ultimo Convegno Nazionale Italia Sonno 2019. Ciò che è emerso è che nella menopausa la stima della depressione associata ad insonnia cronica si attesta su valori superiori all’80%, mentre quella dell’insonnia associata a sintomi vasomotori (vampate) al 70%, l’OSA (apnee morfeiche) intorno al 3%, con un aumento di rischio di ipertensione del 40%. La percentuale della RLS (sindrome delle gambe senza riposo) in menopausa si aggira tra il 15-20%, mentre il dato epidemiologico relativo a tutte le donne è inferiore al 4%.

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