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Pubblicato il primo catalogo di brillamenti solari

Nuovo metodo per prevedere i brillamenti solari

Pubblicato il primo catalogo di brillamenti solari osservati nella frequenza gamma dal Large Area Telescope del telescopio spaziale Fermi della Nasa

Presentato su The Astrophysical Journal Supplement Series un primo, dettagliato ed esteso catalogo di brillamenti solari, violente esplosioni di radiazione elettromagnetica che hanno luogo nella corona solare (la parte più esterna dell’atmosfera della nostra stella), osservati nella frequenza gamma dal Large Area Telescope (Lat), uno dei due rivelatori installati a bordo del Fermi Gamma-ray Space Telescope della Nasa, nel periodo compreso tra il 2010 e il 2018. Lo studio di questi eventi, condotto dalla collaborazione internazionale responsabile di Fermi-Lat, a cui l’Italia partecipa attraverso i contributi forniti dall’Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn), dall’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf) e dall’Agenzia spaziale italiana (Asi), fa chiarezza sui fenomeni responsabili dell’emissione di fotoni ad alta energia che contraddistinguono i brillamenti. Un risultato che potrebbe avere importanti implicazioni nell’ambito dello space weather, disciplina che si occupa di indagare i fenomeni solari al fine di prevenire i possibili danni provocati da questi ultimi ai sistemi tecnologici utilizzati nello spazio o a terra nei settori delle telecomunicazioni e dei trasporti.

Lanciato nel 2008, il Fermi Gamma-ray Space Telescope è un rivelatore di raggi cosmici, in particolare di raggi gamma, cioè fotoni ad alta energia, per lo studio dei fenomeni astronomici estremi, una categoria a cui appartengono anche i brillamenti solari. Grazie ai due rivelatori con cui è equipaggiato, Lat e Gbm (Glast Burst Monitor), e alla sua orbita, posizionata a 550 chilometri dalla Terra, il telescopio è in grado di intercettare i raggi gamma prima che essi interagiscano con l’atmosfera del nostro pianeta e di stabilire con precisione la direzione e l’energia di ogni evento osservato. In particolare, per quanto riguarda Lat, la comunità di ricercatori italiani impegnati nella missione, supportata dall’Infn, dall’Inaf e dall’Asi, è stata responsabile dello sviluppo e della costruzione del tracciatore al silicio ed è attivamente impegnata nell’attività di analisi dei.

La grande sensibilità di Fermi-Lat ha reso possibile osservare ben 45 brillamenti solari verificatisi nel periodo di massima attività dell’ultimo ciclo solare. Un catalogo che ha aumentato di 10 volte il numero degli eventi fino a oggi noti, permettendo di individuare meccanismi differenti di emissione di fotoni solari ad alta energia: fenomeni prodotti dall’accelerazione di elettroni e ioni che si possono tuttavia manifestare con caratteristiche diverse. Oltre all’emissione da parte del Sole di lampi di raggi gamma della durata di qualche minuto, in coincidenza con brillamenti rivelati nei raggi X da altri satelliti, il telescopio spaziale ha infatti registrato eventi di sorprendente estensione e durata, fino a 20 ore, che non sembrano avere una controparte in altre lunghezze d’onda.

Mentre è generalmente accettato che le conversioni del campo magnetico solare siano responsabili dell’accelerazione delle particelle che generano le radiazioni di breve durata, per la prima volta Fermi-Lat ha fornito evidenze che sembrano confermare l’ipotesi secondo cui le emissioni prolungate siano generate da espulsioni di massa coronale. «Questi eventi», spiega Melissa Pesce-Rollins, ricercatrice della sezione di Pisa dell’Infn, «sono in grado di accelerare particelle cariche per ore e sono sempre associate agli eventi di lunga durata osservate da Fermi. In qualche caso questa seconda categoria di eventi si genera sul lato nascosto del Sole, ma diventa visibile proprio per effetto della propagazione magnetica del plasma coronale emesso, che sposta la generazione dei raggi gamma sul lato visibile della nostra stella».

La campagna di osservazione di Fermi ha inoltre consentito di localizzare per la prima volta, all’interno del disco solare, le aree in cui avvengono i brillamenti di più alta energia, individuando in esse comportamenti legati alle due tipologie di eventi classificati e consolidando le ipotesi sulle modalità di accelerazione delle particelle responsabili dell’emissione gamma. «Nei casi in cui siamo riusciti ad ottenere una localizzazione», sottolinea Pesce-Rollins, «abbiamo visto che la zona di origine delle emissioni dei brillamenti estesi si sposta in funzione del tempo. Un aspetto che non si presenta invece negli eventi di breve durata, in cui la localizzazione dell’emissione corrisponde alla posizione di provenienza delle radiazioni nei raggi X, dovute all’accelerazione degli elettroni. Questo risultato suggerisce che per i brillamenti solari gamma ci sono almeno due meccanismi diversi di accelerazione degli ioni: uno responsabile della componente impulsiva, cioè breve, e uno della componente a lunga durata, che è in grado di spostare la posizione dell’emissione sul disco in funzione del tempo».

«Studiare l’emissione gamma di alta energia del Sole è un’opportunità “unica” dal momento che tutte le altre stelle sono penalizzate dal fattore distanza che le pone fuori della portata dei nostri strumenti», dice Patrizia Caraveo, responsabile Inaf per Fermi-Lat. «Per questo è importante non lasciarsi scappare l’occasione per migliorare la comprensione della nostra stella. Fermi ha fatto proprio questo, osservando il Sole tutte le volte che la stella entra nel suo campo di vista durante le spazzolate continue del cielo che costituiscono il normale modo operativo del satellite. Con la pubblicazione dei risultati ottenuti tra il gennaio 2010 e il gennaio 2018, Fermi-Lat fornisce per la prima volta la copertura gamma di quasi un intero ciclo solare. Dal momento che l’emissione gamma del Sole è collegata con le macchie solari, Fermi-Lat ci offre un’occasione originale per festeggiare i 400 anni della loro scoperta da parte di Thomas Harriot, Johannes Fabricius e Galileo Galilei».

«Questo incredibile risultato», sottolinea infine Elisabetta Cavazzuti, responsabile del programma Fermi per l’Asi, «corona un lungo lavoro guidato dal team italiano all’interno della collaborazione internazionale Fermi-Lat e conferma l’importanza di monitorare il cielo continuamente per molti anni con strumenti sensibili e affidabili quali il Large Area Telescope a bordo di Fermi. A differenza degli eventi astronomici unici e più clamorosi che portano grande enfasi mediatica, un catalogo è un lavoro apparentemente meno rilevante ma in realtà, basandosi su robuste analisi omogenee per i diversi eventi che lo compongono e richiedendo una solidità statistica, consente lo studio e il confronto sul lungo periodo diventando quindi una pietra importante nello studio dei fenomeni celesti».

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