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Leucemia mieloide acuta: buone risposte da magrolimab

Leucemia mieloide acuta: magrolimab mostra risposte cliniche durature in pazienti non trattati in precedenza

Leucemia mieloide acuta: magrolimab mostra risposte cliniche durature in pazienti non trattati in precedenza

Al 62° meeting dell’American Society of Hematology sono stati presentati i risultati aggiornati dello studio clinico di fase Ib su magrolimab. Sviluppato da Gilead, questo farmaco sperimentale viene studiato nei pazienti con leucemia mieloide acuta (LMA) non trattata in precedenza che non sono idonei alla chemioterapia intensiva, ivi inclusi i pazienti con LMA con mutazione TP53.

Magrolimab è un anticorpo monoclonale sperimentale anti-CD47 first-in-class e un inibitore dei checkpoint dei macrofagi, concepito per interferire con il riconoscimento del CD47 da parte del recettore SIRPα sui macrofagi, bloccando in tal modo il segnale “non mangiarmi” utilizzato dalle cellule tumorali per evitare di essere ingerite dai macrofagi. Magrolimab è in fase di sviluppo in diversi tumori ematologici, inclusa la sindrome mielodisplastica (SMD), così come le neoplasie a tumori solidi.

Lo studio presentato all’ASH continua a mostrare elevati tassi di risposta con magrolimab in combinazione con azacitidina, con un tasso di risposta globale del 63% (n=27/43) tra la popolazione totale dei pazienti e del 69% (n =20/29) nei pazienti con mutazione TP53.

“In questo studio, tuttora in corso, il trattamento con magrolimab e azacitidina continua a produrre risposte promettenti e durature nei pazienti con LMA non idonei alla chemioterapia di prima linea”, ha dichiarato David Sallman, H. Lee Moffitt Cancer Center and Research Institute, uno dei ricercatori dello studio clinico. “Questi risultati sono particolarmente incoraggianti per i pazienti con TP53, una mutazione associata a esiti scarsi e a una risposta limitata alle opzioni di trattamento esistenti”.

Nel corso dello studio, 64 pazienti sono stati trattati con magrolimab più azacitidina, inclusi 47 pazienti con mutazione TP53, una popolazione refrattaria al trattamento e caratterizzata da una prognosi infausta. A novembre 2020, il 63% (n=27/43) dei pazienti valutabili per efficacia ha ottenuto una risposta obiettiva in base ai criteri European LeukemiaNet 2017, il 42% (n=18/43) ha ottenuto una remissione completa (CR, complete response) e il 12% (n=5/43) ha ottenuto una CR con recupero ematologico incompleto (CRi). La durata mediana della risposta (DoR, Duration of Response) è stata di 9,6 mesi (range: da 0,03 a 18,7 mesi) e il tempo mediano alla risposta è stato di 1,95 mesi (range: da 0,95 a 5,6 mesi).

Per quanto riguarda i pazienti con mutazione TP53, il 69% (n=20/29) ha ottenuto una risposta, il 45% (n=13/29) ha ottenuto una CR e il 14% (n=4/29) ha raggiunto una CRi. La DoR mediana è stata di 7,6 mesi (range: da 0,03+ a 15,1+ mesi) e la negatività della malattia residua minima (MRD) nei pazienti con CR/CRi è stata del 29% (n=5/17).

La sopravvivenza globale (OS, overall survival) mediana preliminare per i pazienti con mutazione TP53 wild-type (n=16) è stata di 18,9 mesi (IC 95%: 4,34, NE -non valutabile) e per i pazienti con mutazione TP53 (n=47) è stata di 12,9 mesi (IC 95%: 8,21, 17,28). Il follow-up mediano per i pazienti con mutazione TP53 wild-type e con mutazione TP53 è stato rispettivamente di 12,5 mesi e di 4,7 mesi. Per caratterizzare ulteriormente il beneficio in termini di sopravvivenza sono necessari ulteriori pazienti e un follow-up più lungo, nell’ambito di uno studio comparativo.

Gli eventi avversi correlati al trattamento osservati con un’incidenza superiore al 15% hanno incluso anemia, affaticamento, aumento della bilirubina ematica, reazione correlata all’infusione, neutropenia, trombocitopenia e aumento delle ALT. La maggior parte dei pazienti era citopenica al basale, e nel corso dello studio non è stato osservato alcun aumento significativo di citopenie, infezioni o eventi avversi (EA) immuno-correlati. La mortalità per tutte le cause a trenta giorni è stata del 4,7% (n=3/64) e la mortalità a 60 giorni è stata del 7,8% (n=5/64). Un’interruzione del trattamento a causa di eventi avversi correlati al farmaco si è verificata nel 4,7% di tutti i pazienti.

Lo studio clinico
Finanziato in parte dal California Institute of Regenerative Medicine (CIRM), lo studio di fase 1b è stato strutturato per valutare la sicurezza, la tollerabilità e l’efficacia di magrolimab in associazione con azacitidina in pazienti con LMA non trattati e non idonei alla chemioterapia di induzione. Tutti i pazienti dello studio hanno ricevuto una dose di innesco di 1 mg/kg di magrolimab, combinata con un aumento della dose intra-paziente, per mitigare l’anemia on-target.

I pazienti sono stati quindi trattati con dosaggi completi di azacitidina e con una dose di mantenimento di magrolimab pari a 30 mg/kg una volta alla settimana o ogni due settimane. Sulla base della farmacocinetica e dei dati dello studio in corso sulla occupazione dei recettori CD47 nel midollo osseo, il dosaggio ogni due settimane è stato selezionato per ottimizzare la praticità per il paziente.

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