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Piastrinopenia: acido tranexamico non riduce i sanguinamenti

Piastrinopenia: acido tranexamico non riduce i sanguinamenti

Acido tranexamico non riduce i sanguinamenti in pazienti piastrinopenici in terapia per neoplasie ematologiche secondo un nuovo studio

Nei pazienti gravemente piastrinopenici sottoposti a terapie per neoplasie ematologiche, l’acido tranexamico (TXA) aggiunto come profilassi alle trasfusioni piastriniche non è risultato più efficace del placebo nel ridurre gli eventi emorragici di grado OMS 2 o superiore.

Sono le conclusioni dello studio A-TREAT (American Trial Using Tranexamic Acid in Thrombocytopenia), un trial multicentrico, randomizzato, in doppio cieco e controllato con placebo, coordinato da Terry B. Gernsheimer, della University of Washington School of Medicine di Seattle (USA).

Nonostante una profilassi ottimale con trasfusione di piastrine, nei pazienti sottoposti a trattamento per tumori ematologici con grave trombocitopenia si osservano frequentemente sanguinamenti di grado OMS 2 o superiore, con percentuali comprese tra il 43% e il 70%.

Lo studio a-TREAT
Per verificare se in questa tipologia di pazienti l’acido tranexamico  dimostratosi efficace per contrastare le emorragie da parto, da trauma, da chirurgia e da disordini ereditari della coagulazione  potesse ridurre l’incidenza di sanguinamento, Gernsheimer e colleghi hanno reclutato 327 pazienti che sono stati trattati con il farmaco in studio per via endovenosa (1000 mg di TXA o soluzione salina) o per via orale (1300 mg di TXA o placebo) ogni 8 ore a partire dal riscontro di una conta piastrinica ≤ 30.000/μl, per interrompersi al raggiungimento di una trombocitemia > 30.000/μl o in caso di insorgenza di trombosi.

I pazienti sono stati trasfusi a scopo profilattico in presenza di conte piastriniche ≤ 10.000/μl o secondo il giudizio del medico curante. Le valutazioni giornaliere del grado di sanguinamento sono state effettuate da personale qualificato per i pazienti ricoverati o dai pazienti stessi in setting ambulatoriale mediante autovalutazione dopo compilazione di un diario e interviste, oltre alla revisione della cartella clinica.

L’endpoint primario del trial era la percentuale di pazienti con eventi emorragici di grado OMS 2 o superiore oltre 30 giorni dall’avvio del farmaco in studio, mentre gli endpoint secondari erano il numero di trasfusioni e il numero di giorni in vita senza eventi emorragici di grado 2 o superiore secondo l’OMS nei primi 30 giorni dall’inizio della terapia con il farmaco in studio.

Nessuna differenza fra i due bracci su sanguinamenti e fabbisogno trasfusionale
L’odds ratio aggiustato per sanguinamenti di grado 2 o superiore è risultato pari a 0,86 (IC al 95% 0,52-1,38; P = 0,74) e la differenza nel numero medio di trasfusioni pari a 0,1 (IC al 95% da -1,9 a 2,0; P = 0,94), mentre la differenza media nei giorni in vita senza sanguinamento di grado 2 o superiore è risultata pari a 0,1 (IC al 95% da -1,4 a 1,5; P = 0,94).

Non sono state osservate differenze negli outcome esplorativi. La differenza media nelle trasfusioni per giorno con trombocitopenia è risultata pari a -0,02 (IC al 95% da -0,09 a 0,04; P = 0,51), mentre la differenza media nelle trasfusioni di emazie per giorno con trombocitopenia pari a 0,03 (IC al 95% da -0,05 a 0,11; P = 0,43). Il numero medio di giorni con trombocitopenia o con sanguinamento è risultato simile tra i bracci di trattamento (9,2 [DS = 6,7] con TXA vs 9,1 [DS=6,2] con placebo).

La differenza media nei gradi più elevati di sanguinamento è risultata di -0,1 (IC al 95% da -0,2 a 0,1; P = 0,42).

Nessun decesso per eventi emorragici o trombotici
Sul fronte della sicurezza, non si sono verificati decessi dovuti a eventi emorragici. Nel braccio TXA è stato osservato un aumento dell’incidenza delle occlusioni della linea venosa centrale e dell’uso dell’attivatore del plasminogeno tissutale (11,0% contro 19,5% e 25,8% contro 42,1% per i gruppi placebo e TXA, rispettivamente). Non è stato tuttavia notato alcun aumento di altri eventi trombotici non catetere-associati. Inoltre, nessun paziente è deceduto a causa di un evento trombotico nei 120 giorni successivi all’avvio del farmaco in studio.

«Chiaramente, i pazienti con una bassa conta piastrinica e tumori del sangue vanno incontro a eventi emorragici di tipo diverso rispetto al sanguinamento sperimentato da pazienti che hanno subito un trauma o sono stati sottoposti a un intervento chirurgico», ha commentato Gernsheimer. «Il loro sanguinamento è probabilmente dovuto a un danno endoteliale che l’acido tranexamico non è in grado di trattare. Per prevenire il sanguinamento in questi pazienti, si dovrebbe cercare di accelerare la guarigione dai danni all’endotelio che si verificano con la chemioterapia, con radioterapia e in caso di Graft versus Host Disease nei pazienti che ricevono un trapianto».

L’autore ha osservato che altri studi potrebbero aiutare a chiarire se l’acido tranexamico può essere utile per specifici sottogruppi di pazienti con tumori del sangue o come trattamento per il sanguinamento, più che come profilassi, in questi pazienti. Secondo il professore, il TXA potrebbe anche essere utile per prevenire o trattare il sanguinamento in pazienti con altre cause di piastrinopenia.

T.B. Gernsheimer, et al. Effects of Tranexamic Acid Prophylaxis on Bleeding Outcomes in Hematologic Malignancy: The a-TREAT Trial. ASH 2020; abstract 2. Blood (2020) 136 (Supplement 1): 1–2. https://doi.org/10.1182/blood-2020-138920

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