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Spondilite anchilosante: conferme per bimekizumab

Spondilite anchilosante: il trattamento con upadacitinib mantiene un'efficacia sostenuta fino a 2 anni secondo nuovi studi

Bimekizumab si conferma efficace e sicuro a lungo termine nella spondilite anchilosante secondo i risultati di uno studio di fase 2

Bimekizumab, un anticorpo monoclonale anti-IL17A e anti-IL17F, sembra essere efficace e sicuro anche a lungo termine nel trattamento della spondilite anchilosante. Lo dimostrano i dati della fase di estensione a 96 settimane di un trial registrativo di fase 2, presentato nel corso del congresso annuale ACR che, se confermati in fase 3, prefigurano un possibile ampliamento del ventaglio di opzioni terapeutiche dirette contro questa malattia.

Informazioni su bimekizumab
Bimekizumab è un inibitore sperimentale di IL-17A e IL-17F, attualmente oggetto di studi clinici non solo nell’AS, ma anche nella psoriasi (PsO) e nell’artrite psoriasica (PsA).

Il pathway biochimico che vede coinvolta IL -17 rappresenta un bersaglio terapeutico ormai riconosciuto nell’AS, grazie agli studi di efficacia effettuati con due antagonisti di IL-17A (ixekizumab e secukinumab).
Studi in vitro, però, hanno anche suggerito che l’inibizione di IL-17A e di IL-17F, due citochine in grado entrambe di aumentare i processi infiammatori e presenti a livelli elevati nei pazienti con AS, potrebbe dar luogo a benefici anti-infiammatori più spiccati rispetto alla sola inibizione di IL-17A.

“Per anni – spiega ai microfoni di Pharmastar il dott. Niccolò Possemato (UOC Reumatologia, ASMN-IRCSS, Reggio Emilia) – abbiamo trattato i pazienti con SA con gli anti-TNF, che sono farmaci mutuati dall’artrite reumatoide (AR). Gli inibitori di IL-17 hanno dimostrato un’efficacia diversa. Quando facciamo la valutazione di efficacia di trattamento della SA, noi andiamo a considerare, oltre all’effetto sulla componente articolare, anche l’interessamento assiale”.

“Ebbene – continua Possemato – proprio tenendo presente la forma assiale che caratterizza la SA ma anche le manifestazioni entesitiche, sembrerebbe che IL-17 abbia un ruolo fondamentale nell’innescare il processo patologico alla base della malattia e quei danni che differenziano questo gruppo di malattie dall’AR”.

Efficacia a lungo termine di bimekizumab nella spondilite anchilosante
Il beneficio di bimekizumab nel trattamento della spondilite anchilosante (SA) è stato oggetto di valutazione nel trial BE AGILE, di fase 2, nel corso del quale 313 pazienti adulti, con SA attiva (indice BASDAI e dolore spinale ≥4), che soddisfacevano i criteri di New York di sacroileite radiografica e con risposta insoddisfacente oppure con controindicazioni/intolleranza ai FANS, erano stati randomizzati, secondo uno schema 1:1, al trattamento mensile con il farmaco (alla posologia di 16 mg, 64 mg, 160 mg o 320 mg) o con placebo per 12 settimane.

Alla fine di questa fase del trial in doppio cieco, i pazienti inizialmente randomizzati al trattamento con bimekizumab 16 mg o 64 mg oppure a trattamento con placebo sono stati sottoposti a trattamento mensile con 160 mg o 320 mg del farmaco fino a 48 settimane, mentre quelli inizialmente randomizzati a trattamento con 160 mg o 320 mg di bimekizumab hanno continuato il trattamento con la stessa posologia (fig.1)

L’endpoint primario di efficacia era rappresentato dal soddisfacimento della risposta ASAS40 a 12 settimane e i risultati hanno documentato il raggiungimento dell’endpoint da una proporzione maggiore di pazienti trattati con bimekizumab rispetto al placebo.

I pazienti che hanno completato la fase dello studio della durata di 48 settimane erano eleggibili per entrare nella fase di estensione in aperto dello studio, che prevedeva il trattamento mensile con bimekizumab 160 mg fino al compimento della 96esima settimana di trattamento (fig.1).

Le caratteristiche al basale dei pazienti reclutati in BE AGILE erano sovrapponibili tra i bracci di trattamento (tab.1).

Dei 303 pazienti iniziali randomizzati nello studio BE AGILE. 262 (78%) hanno portato a termine le 48 settimane di trattamento. Duecentocinquantaquattro pazienti su 262 (97%) sono stati inclusi nella fase di estensione in aperto: di questi, 130 hanno continuato il trattamento mensile con bimekizumab 160 mg mentre 124 sono andati incontro a dimezzamento della dose (da 320 a 160 mg).

Dati di efficacia
Nello studio BE AGILE erano stati documentati miglioramenti rapidi degli outcome di efficacia nei pazienti trattati con bimekizumab a 12 settimane. Questi sono aumentati ulteriormente fino a 48 settimane, per rimanere sovrapponibili tra i pazienti che continuavano il trattamento con bimekizumab 160 mg e quelli che l’hanno dimezzato fino a 96 settimane (fig.2 e tab.2).

Più in dettaglio, le risposte sono risultate simili nei pazienti in terapia mensile con bimekizumab 160 mg e 320 mg a 48 settimane, per rimanere sovrapponibili tra i pazienti che continuavano il trattamento con bimekizumab 160 mg e quelli che l’hanno dimezzato fino a 96 settimane (fig.2).

Dati di safety
Il tasso di incidenza di eventi avversi emersi a seguito del trattamento (TEAE), corretto per il tempo di esposizione e calcolato per 100 pazienti-anno, è stato pari a 186,2 nelle prime 48 settimane dello studio BE AGILE e a 111,7 nella fase di estensione in aperto.

Quello relativo agli ai TEAE seri è stato pari, invece, a 5,1 e a 6,1 rispettivamente (tab.3).

Il tasso di incidenza relativo a due TEAE particolari (uveite e malattie infiammatorie intestinali), corretto per il tempo di esposizione e calcolato per 100 pazienti-anno, è stato pari a 0,77 e a 1,54 nelle prime 48 settimane dello studio BE AGILE e a 0,6 e a 0,9 nella fase di estensione in aperto.

Le implicazioni future
“Le prospettive aperte da questo nuovo farmaco nel trattamento della SA sono incoraggianti – spiega il dott. Possemato ai nostri microfoni – Per molti anni, infatti, si è avuta a disposizione solo una classe di farmaci biologici per curare questi pazienti (gli anti-TNF). Esiste, però, una fetta di pazienti che non risponde agli anti-TNF e fino ad ora non vi era, un’alternativa di trattamento”.

“Pertanto – aggiunge – disporre di farmaci con differente meccanismo d’azione è assolutamente fondamentale per ampliare le possibilità di trattamento di questa condizione”.

Ma c’è di più: “gli inibitori di IL-17 – spiega – potrebbero essere presi in considerazione anche come trattamento di prima linea, e non solo in quelli non responsivi ai farmaci anti-TNF perché sembrano impattare esattamente su quei meccanismi (in particolare a livello entesico e assiale) che sono proprio l’inizio, l’innesco della malattia”.

“Lo suffragano – conclude – gli ottimi dati disponibili che ci dicono come con questi farmaci si possa prevenire la progressione del danno articolare a livello assiale nei pazienti con SA”.

Take home message
• Nei pazienti con SA attiva che hanno completato le prime 48 settimane di trattamento con bimekizumab nello studio BE AGILE, il farmaco ha indotto miglioramenti sostenuti a lungo termine di alcune misure di outcome di efficacia fino a 96 settimane
• Il dimezzamento della dose di bimekizumab da 320 mg non si è accompagnato ad una perdita di risposta alla terapia
• Non sono stati documentati eventi inattesi di safety rispetto agli studi precedenti

Bibliografia

Baraliakos X et al. Bimekizumab Long-Term Efficacy and Safety over 96 Weeks in Patients with Ankylosing Spondylitis: Interim Results from a Phase 2b Open-Label Extension Study. ACR 2020; Abs.1364

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