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Diabete e nefropatia: sotagliflozin aiuta il cuore

Ricerca offre un quadro completo dello stato dell’arte della ricerca sul funzionamento dello spliceosoma, macchinario molecolare che consente la sintesi proteica

Con sotagliflozin, inibitore SGLT1 e SGLT2 meno ricoveri per scompenso cardiaco in diabetici con nefropatia cronica: lo dimostrano due studi

Gli studi SCORED e SOLOIST-WHF, entrambi presentati al meeting virtuale dell’American Heart Association 2020 e pubblicati contemporaneamente sul New England Journal of Medicine, hanno dimostrato che sotagliflozin – nuovo inibitore SGLT1 e SGLT2 – riduce il rischio di ricoveri per insufficienza cardiaca (HF) in pazienti diabetici con malattia renale cronica (CKD) e insufficienza cardiaca (HF) scompensata, rispettivamente, e questo beneficio era ampiamente evidente dopo pochi mesi.

Tra i 1.222 pazienti dello studio SOLOIST-WHF recentemente ricoverati per un peggioramento dell’HF, sotagliflozin ha ridotto l’endpoint composito di decesso CV e ricoveri ospedalieri e visite urgenti per HF (primo evento e successivi) di un 33% relativo rispetto al placebo (51,0 contro 76,3 eventi per 100 pazienti-anno, P <0,001).

Nello studio SCORED, in 10.584 pazienti con diabete di tipo 2, con un tasso di filtrazione glomerulare stimato da 25 a 60 mL/min/1,73 m2 e rischi per malattie CV, il tasso dello stesso endpoint primario si è attestato a un 26% relativo inferiore (5,6 vs 7,5 eventi per 100 pazienti-anno, P <0,001) con sotagliflozin contro placebo.

Entrambi gli studi sono stati riportati da Deepak Bhatt, del Brigham and Women’s Hospital e della Harvard Medical School di Boston. Tutti e due i trial, ha spiegato, sono stati interrotti prematuramente dopo aver perso i finanziamenti dallo sponsor dello studio a causa della pandemia COVID-19 in corso.

Come funziona
Sotagliflozin è un antidiabetico con meccanismo d’azione unico, perché è un doppio inibitore orale di due proteine responsabili della regolazione del glucosio, note come co-trasportatore di glucosio dipendente dal sodio di tipo 1 e 2 (SGLT1 e SGLT2). SGLT1 è responsabile dell’assorbimento del glucosio nel tratto gastrointestinale, e SGLT2 è responsabile del riassorbimento del glucosio da parte del rene. I farmaci attualmente disponibili bloccano solo SGLT-2.

Dati positivi dallo studio SOLOIST-WHF
In SOLOIST-WHF i ricercatori hanno spinto l’uso degli inibitori SGLT2 più a monte, iniziando il trattamento in pazienti ospedalizzati con HF acuto o entro 3 giorni dalla dimissione. In base ai risultati su 1.222 pazienti (inizialmente era programmato l’arruolamento di circa 4.000 pazienti) i ricercatori hanno comunque dimostrato che l’uso di sotagliflozin ha ridotto significativamente il rischio di morte per cause CV e ricoveri o visite urgenti per HF.

Lo studio SOLOIST-WHF, in particolare, ha incluso pazienti con diabete di età compresa tra 18 e 85 anni ospedalizzati per HF e sottoposti a terapia diuretica EV. I pazienti sono stati stabilizzati in ospedale prima della randomizzazione al trattamento con sotagliflozin o placebo, con criteri di stabilità che includevano l’assenza di necessità di ossigeno, pressione arteriosa sistolica di 100 mm Hg o superiore, nessuna necessità di terapia inotropa o vasodilatatrice per via endovenosa e passaggio da terapia diuretica IV a orale.

Dopo un follow-up mediano di 9,2 mesi, ci sono stati 245 eventi dell’endpoint primario nei 608 pazienti randomizzati a sotagliflozin rispetto a 355 eventi in 614 pazienti assegnati al placebo. Ciò si è tradotto, come accennato, in 51,0 eventi dell’endpoint primario per 100 pazienti-anno nel braccio sotagliflozin rispetto a 76,3 per 100 pazienti-anno nel braccio placebo (HR 0,67; IC 95% 0,52-0,85). Il beneficio è stato determinato da una riduzione dei ricoveri e delle visite urgenti per HF (HR 0,64; IC 95% 0,49-0,83).

Esiti favorevoli anche dallo studio SCORED
Il trial SCORED ha visto i suoi endpoint co-primari originali modificati rispetto a quelli citati sopra, mentre i dati erano ancora in cieco per massimizzare la potenza statistica con il numero minore di eventi. Tuttavia, entrambi gli endpoint originali hanno dato esiti favorevoli in modo significativo a favore di sotagliflozin:

Primi risultati  con inibitori SGLT2 su HFpEF e ictus
«Con un’attenta selezione e uno stretto monitoraggio dei pazienti, direi che gli inibitori di SGLT2 come classe dovrebbero essere fortemente considerati nella maggior parte dei pazienti con diabete di tipo 2, inclusi – con le conoscenze attuali di SOLOIST e SCORED – quelli ammessi con HF scompensata acuta e i pazienti con frazione di eiezione ridotta (HFrEF) o conservata (HFpEF)» ha dichiarato Bhatt.

Bhatt ha osservato che la sotagliflozin ha una certa unicità a causa del suo duplice obiettivo con SGLT1, che agisce sull’intestino per ridurre il glucosio anche quando la funzione renale è gravemente compromessa. Non sorprendentemente, ci sono stati più eventi avversi gastrointestinali in termini di diarrea con sotagliflozin che con placebo in entrambi gli studi.

«Per la prima volta» ha però aggiunto «abbiamo effettivamente dimostrato prospetticamente che un inibitore di SGLT2, con anche capacità di inibizione SGLT1, è qualcosa di utile per l’HFpEF. Prevedo sulla base dei risultati di SOLOIST e di quelli combinati di SOLOIST e SCORED che anche queste prove saranno positive».

Bhatt ha anche sottolineato un effetto significativo sugli endpoint compositi che includevano l’ictus nello studio SCORED. «In effetti, questa è la prima volta che un trial con un inibitore SGLT2 ha mostrato una riduzione dell’ictus come endpoint».

Un successo che arriva troppo in ritardo
Per il farmaco, i dati di questi due studi sono una specie di rivalsa, anche se forse tardiva. Il farmaco sembrava destinato a un futuro brillante ma una serie di delusioni ne hanno fortemente inficiato il potenziale e hanno anche determinato la scelta di Sanofi di ritirarsi dalla collaborazione con Lexicon, l’azienda che lo ha messo a punto.

Nel mese di maggio dello scorso anno era stato approvato dall’Ema come terapia aggiuntiva per i pazienti con diabete di tipo 1, ma l’Fda aveva detto di no temendo il rischio di chetoacidosi diabetica.

Successivamente, a dargli il colpo di grazia, sono arrivati i dati contrastanti di tre studi di fase 3 nel diabete di tipo 2. Nel primo, denominato SOTA-MET, si è osservata una riduzione statisticamente significativa dell’HbA1c nei pazienti con diabete di tipo 2 già in trattamento con metformina. Un secondo studio (SOTA-CKD4) ha fallito in pazienti con diabete e malattia renale avanzata (CKD4), e si è osservato un risultato misto in un terzo studio (SOTA-CKD3) dove si è osservato il fallimento in una sottopopolazione-chiave con CKD stadio 3B.

Riferimenti bibliografici:
Bhatt DL, Szarek M, Pitt B, Cannon CP, Leiter LA, McGuire DK, Lewis JB, Riddle MC, Inzucchi SE, Kosiborod MN, Cherney DZI, Dwyer JP, Scirica BM, Bailey CJ, Díaz R, Ray KK, Udell JA, Lopes RD, Lapuerta P, Steg PG; SCORED Investigators. Sotagliflozin in Patients with Diabetes and Chronic Kidney Disease. N Engl J Med. 2020 Nov 16. [Epub ahead of print] doi: 10.1056/NEJMoa2030186.
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Bhatt DL, Szarek M, Steg PG, Cannon CP, Leiter LA, McGuire DK, Lewis JB, Riddle MC, Voors AA, Metra M, Lund LH, Komajda M, Testani JM, Wilcox CS, Ponikowski P, Lopes RD, Verma S, Lapuerta P, Pitt B; SOLOIST-WHF Trial Investigators. Sotagliflozin in Patients with Diabetes and Recent Worsening Heart Failure. N Engl J Med. 2020 Nov 16. [Epub ahead of print] doi: 10.1056/NEJMoa2030183.
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