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Ipersonnia: cura dipende da distinzione tra sonnolenza e fatigue

L'alito cattivo potrebbe nascondere qualcosa di molto più serio come un disturbo del sonno chiamato apnee notturne

Ipersonnia: diagnosi e cure dipendono dalla distizione tra sonnolenza e fatigue. Il punto nel corso del virtual Psychopharmacology Update

Determinare se i pazienti hanno fatigue o sonnolenza è un criterio importante per la diagnosi e il trattamento appropriato dell’ipersonnia. È stato, questo, uno dei temi più discussi nel corso del virtual Psychopharmacology Update presentato da “Current Psychiatry” e dalla Global Academy for Medical Education.

«I pazienti non sempre possono capire la differenza e, purtroppo, molti medici non chiariscono se un paziente è veramente assonnato o semplicemente affaticato» ha detto Ruth M. Benca, direttore del dipartimento di Psichiatria e Comportamento umano presso l’Università della California, a Irvine.

«Vogliamo distinguere la sonnolenza dalla fatigue o dalla stanchezza. Le persone stanche o con fatigue possono desiderare di poter dormire o sentire il bisogno di dormire, ma in realtà non si addormentano in situazioni di relax» ha aggiunto.

Fatigue, sensazione di stanchezza e mancanza di energia sono disturbi comuni che accompagnano l’insonnia e disturbi psichiatrici, ma questi pazienti non si addormentano rapidamente in un ambiente riposante e avranno un normale test di latenza multipla del sonno (MSLT) in un laboratorio di medicina del sonno.

Al contrario, un’eccessiva sonnolenza, o ipersonnia, si verifica quando i pazienti dormono più di 11 ore in un periodo di 24 ore. I pazienti con ipersonnia si addormentano in situazioni di basso stimolo e dedicano più energia a rimanere svegli durante varie situazioni.

Questa eccessiva sonnolenza può essere pericolosa nel contesto di attività come la guida, ha detto Benca. Questi pazienti avranno anche basse latenze del sonno (< 8 minuti) quando testati tramite MSLT in laboratorio, ha aggiunto. I pazienti con ipersonnia possono essere irritabili, hanno una riduzione di attenzione o concentrazione e hanno scarsa memoria.

Privazione del sonno e disturbi psichiatrici tra le cause
La causa principale dell’ipersonnia è la privazione del sonno, ma «sia l’ipersonnia che la fatigue sono disturbi comuni nei pazienti psichiatrici, inclusi quelli affetti da depressione, disturbo bipolare, disturbo affettivo stagionale e psicosi» ha spiegato Benca.

Altre cause di ipersonnia includono disturbi del sonno come l’ apnea ostruttiva del sonno (OSA), disturbi del ritmo circadiano e movimenti periodici degli arti, disturbi neurologici o degenerativi, disordini mentali ed effetti dei farmaci. L’ipersonnia idiopatica e la narcolessia sono cause non comuni di ipersonnia e di solito diagnosticate in un ambiente di laboratorio del sonno, ha aggiunto.

Nei pazienti con depressione, l’ipersonnia fa sembrare che questi abbiano una “sonnolenza non perentoria”, ha spiegato Benca. «Possono cioè trascorrere molto tempo a letto e riportare sonnellini lunghi e non ristoratori o un lungo tempo di sonno».

C’è anche un problema da inerzia del sonno nei pazienti con depressione e ipersonnia, e in coloro che impiegano molto tempo per svegliarsi e iniziare la loro giornata. In questi pazienti, «quando analizzati nel laboratorio del sonno, gli studi oggettivi generalmente non mostrano che sono eccessivamente assonnati, nonostante le loro dichiarazioni di esserlo sotto il profilo soggettivo» ha spiegato la specialista.

Non ci sono molti dati oggettivi da MSLT o di misura soggettiva per l’ipersonnia in pazienti con schizofrenia nonostante questi pazienti segnalino sonnolenza diurna o ipersonnia, ha ammesso Benca. L’ipersonnia nei pazienti con schizofrenia può essere correlata agli effetti dei farmaci, scarsa igiene del sonno, anomalie del ritmo circadiano, o comorbilità con altri disturbi del sonno. «L’eccessiva sonnolenza può anche essere correlata alla schizofrenia stessa» ha specificato.

Quali sono i rimedi comportamentali e farmacologici più appropriati?
La massima priorità per i pazienti con ipersonnia è evitare la privazione del sonno e praticare una buona igiene del sonno – fattori che sono importanti sia nell’insonnia che nell’ipersonnia. «Occorre assicurarsi che i pazienti passino un tempo adeguato a letto e abbiano ore regolari di sonno» ha raccomandato Benca.

Per i pazienti con comorbilità psichiatriche, mediche e del sonno, «occorre concentrarsi sullo sbarazzarsi di farmaci che possono causare sonnolenza, tra cui farmaci sedativi e antidepressivi, e prendere in considerazione l’uso di stimolanti, se appropriato.

«Mentre ci sono farmaci approvati dalla Food and Drug Administration per la narcolessia e alcuni sono approvati per l’ipersonnia nei pazienti con OSA, nessuno è ufficialmente approvato per il trattamento dell’ipersonnia nei pazienti psichiatrici» ha detto Benca. «Ogni volta che usiamo questi farmaci per queste indicazioni, li stiamo usando off label».

Modafinil [approvato anche in Italia per sonnolenza e narcolessia] è un’opzione off-labelper i pazienti con ipersonnia, ma dovrebbe essere prescritto con cautela in alcune donne a causa della potenziale ridotta efficacia dei contraccettivi orali. Effetti collaterali di modafinil includono mal di testa, nausea, eosinofilia, diarrea, bocca secca, e anoressia.

Il metilfenidato [approvato in Italia per ADHD, depressione e narcolessia] per Benca è un’altra opzione per l’ipersonnia, disponibile nella miscela racemica, nel D-isomero puro e nelle formulazioni a rilascio prolungato. «Nei pazienti che assumono metilfenidato possono verificarsi nervosismo, insonnia, anoressia, nausea, vertigini, ipertensione, ipotensione, reazioni di ipersensibilità, tachicardia, e mal di testa come effetti collaterali» ha avvertito Benca.

«I parametri pratici rilasciati dall’American Academy of Sleep Medicine nel 2007 suggeriscono che il modafinil può avere efficacia nell’ipersonnia idiopatica, nella malattia di Parkinson, nella distrofia miotonica e nella sclerosi multipla» aggiunge. «I parametri di pratica suggeriscono anche che l’ipersonnia di origine centrale può essere trattata con modafinil e metilfenidato sulla base di prove o “lunga storia di utilizzo”» conclude Benca.

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