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Ictus ischemico: uso anticoagulanti anche con microsanguinamenti

Dolore post-ictus: in uno studio pubblicato su Pain si è cercato di fare chiarezza sulle aree cerebrali coinvolte

Ictus ischemico: la presenza di microsanguinamenti non deve indurre a evitare l’uso di anticoagulanti secondo nuovi dati, pubblicati online su “JAMA Neurology”

Nuovi dati, pubblicati online su “JAMA Neurology”, suggeriscono che la presenza di microsanguinamenti nel cervello non dovrebbe influenzare la decisione di prescrivere anticoagulanti ai pazienti dopo un ictus ischemico.

Sottostudio prespecificato del trial NAVIGATE-ESUS
I nuovi risultati provengono da un sottostudio prespecificato del trial NAVIGATE-ESUS, che ha confrontato rivaroxaban con aspirina in pazienti con ictus embolico di origine indeterminata (ESUS). Questo sottostudio ha esaminato se i pazienti con microsanguinamenti differiscono in relazione al rischio futuro di emorragia intracerebrale (ICH) e ictus ischemico se assumono rivaroxaban o aspirina.

«Abbiamo scoperto che i microsanguinamenti aumentavano il rischio di ictus ischemico, ICH e mortalità, ma la risposta all’anticoagulazione con rivaroxaban per questi risultati non è stata modificata dallo stato di microsanguinamento» commentano I ricercatori, capeggiati dall’autore principale Ashkan Shoamanesh, della McMaster University, ad Hamilton (Canada).

«Si tratta del primo studio randomizzato in assoluto ad aver esaminato l’interazione tra microsanguinamenti e anticoagulanti rispetto all’aspirina sugli esiti clinici e, come tale, è un prezioso contributo in questo campo» aggiungono. «I nostri risultati suggeriscono che non si dovrebbero prendere in considerazione i microsanguinamenti quando si deve decidere se prescrivere un anticoagulante dopo un ictus ischemico».

Meccanismi patologici sottostanti generalizzabili
Lo studio principale NAVIGATE-ESUS è stato interrotto precocemente a causa dell’aumento del sanguinamento nel gruppo rivaroxaban e pertanto l’anticoagulazione non è indicata per i pazienti con ESUS. Tuttavia, Shoamanesh e colleghi sottolineano che i meccanismi patologici sottostanti che causano microsanguinamenti sono simili tra i sottotipi di ictus, quindi questi risultati sono probabilmente generalizzabili ad altri tipi di ictus ischemico, come gli ictus cardioembolici dovuti alla fibrillazione atriale.

«Gli anticoagulanti sono molto efficaci nei pazienti con ictus cardioembolico, ma I neurologi esitano a usarli in pazienti con microsanguinamenti» proseguono. Come detto, «questi risultati suggeriscono che non si dovrebbe tenere conto dei microsanguinamenti nella decisione di usare l’anticoagulante. Poiché i microsanguinamenti si verificano in circa il 30% di questi pazienti, questo dato influenzerà la pratica clinica in modo significativo» affermano gli autori.

«I nostri risultati supportano anche l’uso continuato di anticoagulanti in pazienti con ictus ischemico che si trovano incidentalmente ad avere queste lesioni all’imaging» aggiungono.

Preoccupazione clinica per terapia antitrombotica ingiustificata
Dei 7213 partecipanti a NAVIGATE-ESUS, 3699 (51%) erano eleggibili per l’analisi attuale sulla base del fatto che i loro rapporti clinici al basale di risonanza magnetica (RM) contenevano informazioni su microsanguinamenti. I pazienti con una precedente storia di ICH sintomatica sono stati esclusi dallo studio NAVIGATE-ESUS.

I risultati hanno mostrato che i microsanguinamenti erano presenti in 395 dei 3699 partecipanti (11%). I fattori che erano indipendentemente associati ai microsanguinamenti erano l’avanzare dell’età (odds ratio [OR] all’anno, 1,03); origine etnica dell’Asia orientale (OR, 1,57); ipertensione (OR, 2,20); infarti multiterritoriali (OR, 1,95); infarti cronici (OR, 1,78) e ICH occulto (OR, 5.23).

La presenza di microsanguinamenti è stata associata a un aumento del rischio di ictus recidivante di 1,5 volte, a un aumento di quattro volte del rischio di ICH e a un aumento di due volte del rischio di mortalità per tutte le cause. I microsanguinamenti strettamente lobari erano associati a un rischio aumentato di circa 2,5 volte di ictus ischemico.

Non sono state riscontrate interazioni tra microsanguinamenti e assegnazione al trattamento (rivaroxaban o aspirina) per ictus recidivante, ictus ischemico o mortalità per tutte le cause. I rapporti di rischio di ICH per i pazienti che assumevano rivaroxaban erano simili per i pazienti con microsanguinamenti (HR 3,1) e per quelli senza microsanguinamenti (HR, 3,0).

«In contrasto con le domande sollevate dalle meta-analisi di studi osservazionali, non abbiamo trovato alcuna indicazione di interazione tra gli effetti di rivaroxaban e microsanguinamenti cerebrali, inclusi quelli multipli o strettamente lobari, per l’esito di ICH. Sebbene la nostra analisi non sia potenziata per escludere con sicurezza tale effetto, non sono state identificate tendenze numeriche suggestive» scrivono i ricercatori.

«Le malattie cerebrali sottostanti dei piccoli vasi – per le quali i microsanguinamenti cerebrali sono un marker – sono prevalenti nelle popolazioni con ictus per tutte le cause; quindi, la nostra mancanza di modificazione dell’effetto può essere generalizzabile ad altri sottotipi di ictus oltre alla popolazione ESUS qui riportata» aggiungono.

«Nel complesso, i nostri risultati e la letteratura esistente da studi randomizzati e recenti meta-analisi non supportano la preoccupazione clinica per quanto riguarda la terapia antitrombotica in pazienti con ictus ischemico e microsanguinamenti cerebrali» concludono.

Scelta tra rischio relativo e rischio assoluto
«Sappiamo che la presenza di microsanguinamenti sulla RM aumenta il rischio di ICH durante il follow-up, il che rende più attenti all’uso di anticoagulanti qualora siano presenti. Ma i microsanguinamenti aumentano anche il rischio di ictus ischemico» commentano Shoamanesh e colleghi.

«Mentre il rischio relativo di ICH nei pazienti con microsanguinamenti è superiore a quello degli ictus ischemici, poiché gli ictus ischemici sono molto più comuni, il rischio assoluto di un ictus ischemico è maggiore di quello di un ICH. Ed è il rischio assoluto che è maggiormente rilevante per la pratica clinica» sostengono.

Shoamanesh e coautori sottolineano che questi risultati non dovrebbero essere estrapolati a pazienti con una storia di ICH. «Se i microsanguinamenti possano modificare l’effetto dell’anticoagulazione nei sopravvissuti a ICH in termini di danno netto deve ancora essere valutato in studi randomizzati controllati e rimane incerto» affermano.

«Sottostudi di RM di diversi studi in corso che valutano la prevenzione ottimale dell’ictus nei sopravvissuti a ICH con fibrillazione atriale, come lo studio globale ENRICH-AF, forniranno alla fine maggiori informazioni a questo riguardo» concludono.

Editoriale in totale accordo
Shoamanesh e colleghi hanno prodotto molteplici dati che mostrano come i microsanguinamenti cerebrali sono indicatori della gravità della malattia vasale sottostante, scrivono Laurent Puy e Charlotte Cordonnier dell’Università di Lille (Francia) in un editoriale di accompagnamento.

«I pazienti con microsanguinamenti cerebrali possono essere a rischio di ICH ma, nelle coorti di ictus ischemico, sono ancora più a rischio di ictus ischemico ricorrente. Nei pazienti ad alto rischio di ictus ischemico, i medici dovrebbero smettere di preoccuparsi di un possibile sanguinamento e iniziare un solida prevenzione basata sull’evidenza di eventi ischemici futuri» aggiungono.

«Il presente studio potrebbe contribuire a cambiare la mentalità dei medici. Poiché la presenza di microsanguinamenti cerebrali non sembra modificare l’effetto di rivaroxaban sugli esiti clinici, il loro riferimento nel guidare il processo decisionale circa la terapia anticoagulante è quindi discutibile» osservano gli editorialisti. «L’evidenza attuale non giustifica l’evitamento di farmaci antitrombotici nei pazienti con ictus basato esclusivamente sulla presenza di sanguinamenti cerebrali».

Riferimenti bibliografici:
Shoamanesh A, Hart RG, Connolly SJ, Kasner SE, Smith EE, Martí-Fàbregas J, Liu YY, Uchiyama S, Mikulik R, Veltkamp R, O’Donnell MJ, Ntaios G, Muir KW, Field TS, Santo GC, Olavarria V, Mundl H, Lutsep H, Berkowitz SD, Sharma M. Microbleeds and the Effect of Anticoagulation in Patients With Embolic Stroke of Undetermined Source: An Exploratory Analysis of the NAVIGATE ESUS Randomized Clinical Trial. JAMA Neurol. 2020 Oct 19:e203836. doi: 10.1001/jamaneurol.2020.3836. Epub ahead of print.
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Puy L, Cordonnier C. Cerebral Microbleeds and Antithrombotic Treatments-Stop Worrying About Bleeding. JAMA Neurol. 2020 Oct 19. doi: 10.1001/jamaneurol.2020.3847. Epub ahead of print.
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