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Presidenziali Usa: chi sono i grandi elettori e come funzionano le elezioni

Presidenziali Usa: chi sono i grandi elettori e come funzionano le elezioni

Chi sono i grandi elettori e come funzionano le elezioni presidenziali negli Stati Uniti: ecco perché Hillary Clinton nel 2016 perse nonostante i voti in più rispetto a Trump

La sfida tra Biden e Trump si gioca sui programmi

Oggi negli Stati Uniti è l’”Election day“, il giorno chiave per scegliere il 46esimo presidente, oltre che rinnovare un terzo dei senatori – come ogni due anni -, eleggere l’intera Camera dei rappresentanti – 435 persone – oltre a un buon numero di governatori, sindaci e rappresentanti locali. I primi seggi elettorali, spiega la Dire (www.dire.it), hanno aperto alle cinque di questa mattina in Vermont, le 11 italiane.

Seguiranno gli altri Stati, dall’Ohio alla Florida, dalla Pennsylvania (su cui si sta concentrando tanta attenzione) al Michigan. Primi risultati e proiezioni arriveranno tra la mezzanotte e l’una in Italia, ma la notte sarà lunga e i due candidati, Donald Trump e Joe Biden, avranno un solo obiettivo: conquistare 270 grandi elettori per essere rieletti. In America, infatti, il voto popolare non conta nell’elezione di un presidente.

È invece fondamentale il collegio elettorale formato da 538 grandi elettori, messi in palio dai 50 Stati dell’unione – e dal Distretto di Colombia (3), dove si trova la capitale Washington – in base alla grandezza e alla popolazione. Chi dei due candidati prenderà un voto in più dell’altro in uno Stato otterrà tutti i delegati a disposizione. Le uniche eccezioni sono Maine e Nebraska, dove anche i singoli collegi assegnano un elettore al vincitore. Questo sistema spiega perché è possibile per un candidato ottenere il maggior numero di voti a livello nazionale – come fece Hillary Clinton nel 2016 prendendo tre milioni di voti più di Trump – ma perdere comunque le elezioni.

Entrambi i candidati sembrano poter contare su alcuni Stati, e quindi delegati, già sicuri, come la California per i democratici o l’Oklahoma per i repubblicani. La battaglia da seguire sarà quella per conquistare un numero relativo di Stati, tra cui la Pennsylvania (20 grandi elettori), l’Ohio, il Wisconsin e il Michigan, andati a Trump nel 2016 per poche migliaia di voti. Inoltre sarà importante la Florida, con i suoi 29 delegati, mentre appaiono contendibili anche Stati tradizionalmente repubblicani, come il Texas (38) e l’Arizona (11). A meno di un successo netto di uno dei due candidati, difficilmente sapremo però chi ha vinto la notte del 4 novembre o la mattina seguente.

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Già 99 milioni di persone hanno votato negli Usa, perlopiù per posta a causa della pandemia. Alcuni Stati, come la Florida e l’Arizona, iniziano la conta dei voti settimane prima del 3 novembre. Altri, come il Wisconsin e la Pennsylvania, non toccheranno questi voti prima di oggi, rendendo lo spoglio più lento. Inoltre, è probabile che la maggioranza dei voti per posta siano stati espressi da elettori democratici, mentre Trump ha criticato spesso questo sistema, denunciando la possibilità di brogli. Attenzione, quindi: dai primi risultati questa notte potremmo andare incontro a un “red mirage“, la sensazione cioè che Trump sia in vantaggio in alcuni Stati chiave, prima però che siano contati anche i voti per posta.

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