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Malattie rare: l’importanza dei plasmaderivati

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Malattie rare: l’importanza dei plasmaderivati spiegato in una tappa del progetto PRONTI promosso da CSL Behring

È una figura sanitaria centrale e che si rapporta in maniera multidisciplinare con tutti i professionisti in ambito medico. Parliamo del farmacista ospedaliero che è coinvolto a tutto tondo nell’acquisto, dispensazione e follow up dei farmaci al paziente e che per tale motivo deve avere competenze variegate in ambito clinico farmacologico ma anche a livello comunicativo e relazionale.

Nell’ambito del progetto PRONTI “PROgetto di partNership con i FarmacisTi” promosso da CSL Behring, azienda biotecnologica impegnata da sempre nella ricerca e nella produzione di farmaci per le malattie rare, si è tenuto oggi un evento ECM online dal titolo “Malattie rare e farmaci plasmaderivati: il ruolo del farmacista del Servizio Sanitario Nazionale (SSN)”. Questa tappa del progetto, che approda nella regione Lazio, ha come obiettivo formare ed informare i farmacisti ospedalieri e in questo caso specifico focalizzando l’attenzione sulla complessa lavorazione ed il grande valore che hanno i farmaci plasmaderivati, soprattutto le immunoglobuline, anche in ambito di malattie rare.

La condivisione di idee tra gli esperti presenti all’incontro virtuale ha evidenziato che esiste nel nostro Paese un problema di disponibilità degli emo-e plasmaderivati accentuato dalla pandemia da Covid-19. Inoltre, è necessario aumentare la consapevolezza del valore di questo processo tra le figure sanitarie come il farmacista ospedaliero che si trovano a gestire questi farmaci dopo la produzione ma che non partecipano alle delicate, costose e lunghe fasi della sua lavorazione.

“L’evento sui plasmaderivati e le malattie rare fa parte del progetto PRONTI che sta girando tutte le regioni italiane. Questa puntata è stata dedicata ai colleghi del Lazio con un programma focalizzato agli emoderivati, la lavorazione e il fabbisogno di plasmaderivati e la procedura di acquisto secondo il codice degli appalti. Non è stato trascurato l’aspetto fragilità dei pazienti con malattie rare soprattutto quelle di origine neurologica e l’uso delle immunoglobuline.

Inoltre, l’occasione è stata un momento per fare anche il punto sull’esperienza dei farmacisti ospedalieri in epoca Covid e per sottolineare l’importanza del miglioramento della qualità dell’assistenza farmaceutica grazie alla cooperazione tra farmacisti, clinici e pazienti” dichiara il dott. Claudio Pisanelli, farmacista Area del Farmaco ASL Roma 1.

Il corso ha visto, nel parterre dei relatori, la presenza di importanti figure sanitarie e di supporto: dal medico, all’esperto di politica sanitaria, al rappresentante dei pazienti fino all’esperto di comunicazione e ovviamente i farmacisti ospedalieri.

Non poteva mancare la presenza di SIFO, Società Italiana dei Farmacisti Ospedalieri, che ha da sempre sposato questo progetto.
“Nel campo della formazione e informazione SIFO è molto attiva già da diversi anni e intende proseguire lungo questo binario già tracciato dal precedente consiglio direttivo. L’attenzione alle malattie rare, e l’area scientifica sulle malattie rare di SIFO ne testimonia l’importanza, è un argomento fortemente sostenuto dalla nostra società scientifica in ogni tavolo istituzionale in collaborazione con le associazioni dei pazienti e dei cittadini. Il prossimo congresso nazionale dedicherà una sessione alle malattie rare. Si parlerà del fondamentale apporto professionale del farmacista del SSN nell’allestire quei preparati galenici magistrali per quei pazienti privi di una vasta scelta terapeutica” sottolinea il dott. Arturo Cavaliere, presidente nazionale SIFO e Direttore UOC Farmacia Aziendale ASL VT.

Come tutti gli eventi del progetto PRONTI, anche questo incontro ha evidenziato la centralità del farmacista del servizio sanitario nazionale nel percorso di cura del paziente con malattie rare e del suo importante ruolo nell’acquisto dei farmaci emo e plasmaderivati e nelle gare qualità/prezzo, nel dare valore a un farmaco come i plasmaderivati che oltre ad essere salvavita, derivano da un lungo e articolato processo di lavorazione. Il farmacista ospedaliero ha un ruolo importante anche nella maggiore aderenza alle terapie e nell’efficacia migliore di esse grazie alla corretta comunicazione al paziente e con gli specialisti con cui interagisce.

Malattie rare in epoca Covid e ruolo del farmacista ospedaliero
“Durante l’evento formativo non si è affrontato solo l’aggiornamento tecnico ma c’è stata anche condivisione delle esperienze recenti di real world come quella della Farmacia COVID, le tecniche per gestire le risorse in un periodo storico così inconsueto e le iniziative prese a favore dei pazienti fragili, specialmente quelli con diagnosi conclamata di malattia rara e conseguente implementazione della domiciliazione della dispensazione dei farmaci, la telemedicina, le misure di protezione e la collocazione in smart working di alcune figure professionali” dichiara la dott.ssa Roberta Pavan, dirigente farmacista Area del Farmaco ASL Roma 1.

“La figura del farmacista del SSN è fondamentale per i pazienti con malattie rara per poter accedere alle terapie. Durante il periodo Covid abbiamo avuto una problematica generata dal fatto che le farmacie ospedaliere sono all’interno dei centri clinici e quindi di più difficile raggiungimento da parte dei pazienti. Abbiamo visto che in diversi casi sono stati organizzati sistemi di consegna dei farmaci e questo ci ha fatto molto piacere anche se questa modalità di consegna va implementata mantenendo inalterata l’elevata professionalità del farmacista ospedaliero. Come UNIAMO riteniamo inoltre che sia importante la ripresa delle attività ordinarie perché durante il Covid si sono interrotte tutte le visite di controllo, che quindi si sono accumulate, tenendo conto che la programmazione per i malati rari è di 1-2 anni, questo vuol dire un surplus di lavoro per i medici già provati dall’emergenza e non sappiamo bene quali saranno i tempi con cui verranno smaltite le liste di attesa” precisa Annalisa Scopinaro, presidente di UNIAMO.

Malattie rare e farmaci plasmaderivati
Sono decine di migliaia i pazienti ogni anno salvati da sangue e plasma, anche quelli affetti da malattie rare come talassemia, emofilia ed immunodeficienze.

Il plasma, componente liquida del sangue, si può ottenere nel processo di raccolta dal donatore sia tramite separazione del sangue intero sia tramite procedure di aferesi produttiva.

“Il plasma è una materia prima molto peculiare non essendo sintetica ma deriva da un processo di donazione volontaria e non retribuita da parte dei cittadini. Già questo pone una variabilità unica nella disponibilità” spiega la prof.ssa Marianna Cavazza, ricercatore CERGAS SDA Bocconi

Esso costituisce la materia prima per la produzione, attraverso processi di separazione e frazionamento industriale, di medicinali plasmaderivati, alcuni dei quali rappresentano veri e propri farmaci “salva-vita”.
Il processo di lavorazione è lungo ed ha un grande valore. “La prima fase è costituita da: donazione, raccolta e stoccaggio della materia prima. Questo primo step è estremamente complesso in quanto viene eseguito in singoli servizi trasfusionali e unità di raccolta di donatori ma sempre garantendo il massimo della qualità”, aggiunge Cavazza.

Il plasma raccolto viene inviato per la lavorazione in conto terzi ad imprese produttrici dopo una serie di passaggi e test di validazione e neutralizzazione di eventuali virus o batteri. “Tutti questi passaggi hanno la durata tra i 7 e i 12 mesi ed anche i costi, secondo la PPTA-Europe, che è l’associazione europea dei produttori di plasmaderivati, sono il 57-58% dei costi totali di tutto il processo fino al prodotto finito” precisa Cavazza.

“Purtroppo, spesso non c’è consapevolezza, anche in ambito sanitario, di questi lunghi e complessi passaggi che portano fino al farmaco emo/plasma-derivato e anche dal punto di vista delle politiche sanitarie e del farmaco potrebbe essere utile avere una maggiore attenzione verso questo tipo di prodotto. A quanto detto finora si aggiunge anche la complessità di una produzione congiunta di vari derivati che potrebbe diventare un tema di attenzione da parte sia dei policy maker che degli operatori sanitari, come il farmacista ospedaliero, che si trovano a gestire questo farmaco e a definirne le gare” sottolinea Cavazza.

Con la pandemia da Covid 19 c’è stata una carenza consistente di donazioni e infatti dati recenti, riportati sul sito del centro nazionale sangue, riferiscono un 20% di calo delle donazioni nei primi 3 mesi di quest’anno che sarà ancora più evidente tra nove mesi/un anno considerati i tempi detti sopra della lavorazione.

“Bisogna investire molto sulla donazione di sangue intero ma anche fare un grosso lavoro culturale sulla plasmaferesi e quindi la donazione direttamente del plasma che consente una maggiore intensità di produzione di plasmaderivati rispetto al plasma estratto dal sangue intero” evidenzia Cavazza.

Tra le malattie rare che hanno come terapia le immunoglobuline rientra la CIDP.
“La CIDP, polineuropatia cronica infiammatoria demielinizzante, è una patologia rara che determina grave disabilità nei pazienti. È una patologia trattabile e per tale motivo deve essere prontamente riconosciuta. Siamo in un campo della medicina che richiede una strettissima collaborazione tra clinici e ed altre figure sanitarie ed in particolare i farmacisti perché è un settore complesso e dinamico che ha il fine di definire nel singolo paziente un protocollo di trattamento che sia il più efficace possibile.

È, quindi, necessaria una stretta collaborazione tra diverse professionalità per individuare in ogni singolo paziente qual è la migliore strategia di trattamento, per definire se le immunoglobuline sono indicate ed efficaci, per stabilire un preciso schema di trattamento individuale anche relativamente alla via di somministrazione. Bisogna essere pronti a continui aggiustamenti operando in maniera molto elastica, in modo da attuare la strategia più efficace nel singolo paziente” spiega il prof. Vincenzo Di Lazzaro, Direttore Neurologia Policlinico Universitario Campus Biomedico Roma.

“Le immunoglobuline sono un trattamento fondamentale per la gestione di questi pazienti soprattutto in epoca Covid in quanto hanno un meccanismo che avviene a più livelli, anche se non è ancora così ben definito, e quindi non vanno a ridurre le difese immunitarie come il cortisone” prosegue Di Lazzaro.

“Le immunoglobuline endovenose sono le prime ad essere stata utilizzate e consentono una risposta al 75% dei pazienti e vengono sempre usate come prima linea di trattamento nell’induzione ad alte dosi. Dopo tre settimane, la concentrazione di queste Ig tende a ridursi in maniera significativa e a questo punto nella fase di mantenimento se si ripresentano i sintomi si comincia un trattamento in cronico che può essere ancora per via endovenosa anche se più recentemente sono state introdotte le immunoglobuline sottocutanee. Queste ultime possono essere fatte a casa del paziente, dopo adeguato addestramento, con notevoli vantaggi di organizzazione familiare e lavorativa considerato anche che con la pandemia in corso recarsi in Ospedale può aumentare il rischio di contrarre il Covid.

L’efficacia delle Ig sottocutanee è assolutamente paragonabile a quella delle endovenose e vi è anche evidenza di minori effetti collaterali anche di rilievo” aggiunge Di Lazzaro.

“I farmaci plasmaderivati sono fondamentali per alcune patologie e durante il periodo Covid abbiamo attenzionato anche noi la questione delle donazioni perché non potendo andare in ospedale, non potendo avvicinarsi alle strutture ospedaliere anche i donatori sono rimasti più lontani e quindi sono diminuite un po’ le scorte che c’erano non a livelli preoccupanti ma questo potrebbe diventare un problema nel prossimo futuro con la ripresa di tutte le attività. E’ un problema cogente che ci interessa molto da vicino e sul quale bisognerà prestare attenzione visto che anche per il Covid si parla di plasmaderivati quindi bisognerà capire quale saranno le possibili soluzioni nell’immediato futuro per poter ripristinare le scorte” aggiunge Scopinaro.

Acquisto dei farmaci plasmaderivati e gare di qualità/prezzo
Nel corso del suo intervento il dott. Marcello Pani, Direttore della Farmacia del Policlinico Universitario Agostino Gemelli, ha illustrato le fasi, le competenze e gli attori coinvolti nelle gare relative ai farmaci effettuate dalle stazioni appaltanti regionali, sottolineando la necessità di formazione e aggiornamento per tutte le professionalità coinvolte.

A tale proposito ha ricordato l’importanza del progetto nazionale che SIFO ha attivato nel 2016, il progetto SIFO-FARE, un progetto di formazione e ricerca ancora attivo che in questi anni ha formato farmacisti e provveditori con specifici corsi, convegni e con un master universitario realizzati in collaborazione con le Università di Camerino e di Milano e la scuola Superiore Sant’Anna di Pisa.

In questo progetto sono attivamente coinvolti oltre a decine di farmacisti e provveditori, clinici appartenenti a diverse discipline, rappresentanti di AIFA, Farmindustria, Assogenerici, Assobiomedica, Cittadinanza attiva e altri stakeholders.
Questa collaborazione consente di affrontare a 360 gradi il tema degli appalti e delle gare dei farmaci e dispositivi medici nel difficile compito di coniugare le esigenze economiche con la scelta di prodotti di qualità per garantire a tutti i cittadini un’assistenza farmaceutica all’insegna di efficacia, sicurezza, innovazione e sostenibilità.

Tra i tanti capitolati tecnici già predisposti con tale finalità dai gruppi di lavoro del progetto, è stato presentato quello relativo ai farmaci emo derivati, che ha già ispirato relative gare da parte di alcune stazioni appaltanti e nel quale il valore della qualità del prodotto è stato definito con la necessaria coerenza, chiarezza e oggettività.

Importanza della comunicazione in ambito malattie rare
“Nella gestione della malattia cronica e della malattia rara il paziente chiede di avere dei punti di riferimento significativi. Non sono tanto le parole che trasmettono l’impegno dei sanitari per ottimizzare la cura ma è l’insieme degli atteggiamenti e la capacità complessiva di costruire partnership. Si richiede pertanto al farmacista e al medico che cura malattie croniche e malattie rare di avere competenze professionali di counseling e comunicazione.

Gestire quindi quelle soft skills relazionali che permettono di cogliere le fragilità di gestire la crisi, di gestire a comunicare in maniera empatica ed efficace una notizia si eventuale peggioramento o di complessità di gestione. Appare pertanto essenziale che questi aspetti della professionalità del medico e del farmacista diventino oggetto di momenti formativi sia durante il percorso di studi che nell’iter di aggiornamento continuo professionale” precisa il dott. Raffaele Arigliani, Direttore Scientifico di Italian Medical Research S.r.L. (IMR) (Scuola di Counselling, Benevento.

In conclusione, il plasma è un bene preziosissimo la cui lavorazione ha un valore enorme sia in termini di costi che di tecnologie e di tempi ma soprattutto di unicità di prodotto. La lavorazione per ottenere i plasmaderivati è’ un processo complesso che merita maggiore attenzione soprattutto tra da parte delle figure sanitarie. Il progetto PRONTI con questa quinta tappa è riuscita a fornire variegate conoscenze in questo ambito per dare al farmacista del SSN un aiuto nella sua formazione e crescita continua.

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